“Back to Schengen”. Pare sia questa la parola d’ordine che da qualche tempo gira nelle segrete stanze della Commissione Europea. La preoccupazione sta tutta nella decisione di alcuni Stati membri di mantenere i controlli alle frontiere mandando a farsi benedire, di fatto, la libera circolazione delle persone. Uno dei cardini dell’Unione europea, dunque, rischia di saltare e la scusa utilizzata da alcuni Paesi (ad esempio la Francia) è quella dei migranti. Intanto dalla Libia i barconi in partenza verso l’Italia sono diminuiti, ma il flusso non è interrotto. Tra i migranti ci sarebbero anche molti libici sbarcati sulle nostre coste con molto denaro contante.
Back to Schengen
La questione delle frontiere è molto delicata e fonti di Ofcs.report, interne alla Ue, parlano di un incontro che dovrebbe tenersi a breve tra la Commissione e i rappresentanti di alcuni Stati, tra cui quelli Visegrad: Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. Al tavolo dovrebbero partecipare, tra gli altri, anche Francia e Austria che hanno di fatto sospeso Schengen per controllare il flusso di immigrati che quotidianamente attraversa i confini con l’Italia. Proprio Parigi, nonostante le ultime tensioni con l’Italia sul caso Bardonecchia, ha deciso di prorogare i controlli fino a fine ottobre per ragioni di sicurezza legate alla minaccia terroristica.
La sospensione di Schengen, però, è una bomba a orologeria, considerando la posizione di molti paesi nei confronti dell’accoglienza degli immigrati. L’Ungheria, ad esempio, sta portando avanti un progetto di legge che prevede un giro di vite nei confronti delle Ong e del miliardario Geroge Soros, considerato una minaccia dal governo di Viktor Orban. Il pacchetto di leggi presentato è stato chiamato “Stop Soros”. Non va meglio in Polonia e Austria che non ne vogliono proprio sapere di accogliere immigrati. Ma non solo.
La relocation, ossia la ricollocazione presso altri Stati membri dei migranti arrivati in Italia, è di fatto un fallimento. Sul sito del Viminale è possibile consultare le tabelle con i dati reali dei trasferimenti che mostrano una situazione di totale abbandono al suo destino del nostro Paese. Secondo i dati aggiornati al 3 aprile, la Francia ha accolto 555 persone, la Slovenia appena 81 e l’Austria ancora meno, 41. Non compaiono nell’elenco Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia.
La situazione in Libia
Intanto la situazione in Libia diventa ogni giorno più complicata. Secondo fonti di Ofcs.report, negli ultimi periodi sui barconi che sbarcano sulle nostre coste sarebbero stato intercettato un numero crescente di libici. Si tratta di quella classe media che non riesce più a vivere nel Paese nordafricano a causa dell’instabilità politica, dei conflitti, della presenza di terroristi in alcune zone e per lo stato di dilagante povertà. Alcuni avrebbero deciso, quindi, di tentare la sorte affidandosi ai trafficanti di esseri umani per riuscire ad entrare in Europa. E chi lo ha fatto si è prima premurato di vendere i propri beni per racimolare qualche soldo. Parte di questo denaro, in effetti, sarebbe stato trovato in possesso dei migranti. Si tratta di cifre relativamente importanti, anche 70-80 mila euro in contanti. Altri, invece, sarebbero riusciti trasferire il denaro su conti bancari esteri di Paesi nei quali sperano di arrivare.
Il confine tra Libia e Niger e le nuove rotte
Nonostante il calo nelle partenze di barconi carichi di immigrati diretti verso le coste italiane, la situazione nel sud del Paese è al momento il punto più critico. Nuove rotte per accedere in Libia sono percorse ancora da centinaia di persone e il confine con il Niger è ancora al centro dell’interesse europeo. Secondo un reportage di Open Migration il passo di Tummo, principale punto di confine tra Niger e Libia, è un nome che circola sempre di più nelle cancellerie europee come luogo chiave per il controllo delle migrazioni.
“Era la fine di marzo 2017 – scrive Open Migration – e Marco Minniti, il ministro dell’Interno italiano, aveva radunato a Roma decine di leader locali del Fezzan, il sud libico, per negoziare un accordo di pace. Obiettivo: mettere fine alle ostilità fra milizie tebu, tuareg e awlad suleiman, e tornare a controllare il confine con il Niger, principale punto d’ingresso dei migranti in Libia. Un anno più tardi, la linea invisibile che separa i due paesi è ancora al centro dell’interesse europeo, ma l’accordo sembra non reggere e il Niger ha smesso di evacuare rifugiati dalla Libia”.
Nonostante il transito di migranti dalla frontiera di Fummo sia diminuita, gli ingressi in Libia non hanno subito la stessa sorte. Ancora una volta Open Migration offre uno spaccato della situazione: “Una diminuzione che deriva, molto probabilmente – si legge ancora nel reportage – dall’aumento del personale nigerino della base di Madama, ultima postazione prima della frontiera, 100 chilometri a sud di Tummo. Da 200 soldati ai 450 attuali, affiancati da circa 200 militari francesi. Ultimo tassello di una progressiva crescita dei controlli anti-immigrazione da parte delle forze di sicurezza del Niger, avviati a settembre 2016 attorno ad Agadez e fra Dirkou, Sèguédine e Dao Timmi, verso la frontiera con la Libia.
Gli ingressi in Libia sono calati?
“Eppure, in Libia si è continuato a entrare – spiega ancora Open Migration – I dati citati da Angelino Alfano, ministro degli Esteri uscente italiano, che all’inizio del febbraio 2018 ha parlato di un “calo degli ingressi in Libia, da 290 mila a 35 mila” grazie “all’impegno politico italiano”, raccontano infatti solo una parte della storia. La stessa Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), alle cui statistiche si riferisce Alfano, descrive infatti una situazione completamente diversa: se i passaggi verso nord registrati al posto di blocco di Séguédine, oasi lungo la pista principale fra Agadez e Tummo, sono scesi da 290 mila nel 2016 a 33 mila nel 2017, è anche vero che nell’arco di un mese, da fine dicembre 2017 a fine gennaio 2018, il numero di migranti entrati in Libia e contati attraverso il database Displacement Tracking Matrix, è passato da 621 mila a 704 mila, confermando un picco all’inizio dell’anno, e una crescita continua dalla primavera 2017 a oggi. Sempre nel gennaio del 2018, secondo i rilievi dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nella città-oasi di Murzuk, 300 chilometri a nord di Tummo, sulla strada verso Sebha e il nord, si sono registrati picchi di 536 ingressi al giorno, il numero dei passeggeri di 20 pickup Toyota – cosa che conferma l’uso di percorsi alternativi o vecchie piste non monitorate”.