Oltre 454 atti intimidatori che ogni anno vengono rivolti nei confronti di sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali, dipendenti della Pubblica amministrazione o funzionari. È il Belpaese degli “Amministratori sotto tiro”, quello narrato tra le pagine del rapporto snocciolato da Avviso pubblico. La sesta edizione dell’analisi terziaria, basata sulle notizie emerse sugli organi di stampa, rappresenta la punta dell’iceberg di un fenomeno dalle proporzioni allarmanti. Dalla Sicilia all’Emilia Romagna, dai funzionari integerrimi ai politici che non mantengono “i patti con il diavolo” fatti in campagna elettorale. È un mondo grande e variegato quello fotografato dall’Associazione nata nel 1996 con l’intento di collegare e organizzare gli Amministratori locali che concretamente si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica nella politica, nella Pubblica Amministrazione e sui territori da essi governati. Gatti sgozzati lasciati sull’uscio delle abitazioni, cani impiccati agli alberi delle ville, auto incendiate, lettere contenenti minacce e proiettili, spari alle abitazioni ed esplosivi lasciati in bella vista. E ancora aggressioni verbali, fisiche e tentati omicidi. Da nord a Sud sono numerose le tipologie di minacce subite dagli amministratori italiani.
Le regioni più colpite
In testa alla classifica, come di consueto, c’è il Sud Italia e le immancabili Isole. Si tratta di 345 casi censiti, il 4% in più rispetto al 2015. “Il Mezzogiorno, quindi, come per gli anni scorsi, si conferma la parte d’Italia dove è più rischioso svolgere l’attività di amministratore pubblico”. Con 87 atti intimidatori è la Calabria la regione che nel 2016 ha fatto registrare il maggior numero dei casi: il 19% del totale delle minacce censite. Al secondo gradino dell’amaro podio c’è la Sicilia (86 casi), già ai vertici della classifica negli scorsi due anni. A differenza della Calabria, dove Reggio e Cosenza si impongono sulle altre città, in Sicilia la distribuzione delle minacce risulta essere maggiormente diluita tra le 9 provincie. Terzo e quarto posto: Campania (64 atti intimidatori) e Puglia (51 casi, la “Società Foggiana” fa sentire la sua voce). E ancora la Sardegna (42): “Una terra rischiosa per gli amministratori locali”. E mentre il Lazio vede affievolirsi il dato, l’Emilia Romagna passa da 9 a 19 casi, balzando alla settima posizione della classifica nazionale.
Identikit degli amministratori minacciati
“L’analisi dei dati sui 454 atti di intimidazione consente di tracciare una sorta di identikit dell’amministratore sotto tiro e del tipo di minaccia che subisce” si legge nel rapporto. Sono soprattutto i sindaci dei comuni medio-piccoli a entrare nelle mire degli aggressori. Specialmente nel sud Italia, nei paesi con meno di 50 mila abitanti. “Il sindaco intimidito governa generalmente un territorio a elevata densità criminale – spiegano da Avviso Pubblico – perlopiù in regioni in cui sono nate le mafie. Territori in cui organizzazioni malavitose, più o meno strutturate, possono contare sia sul consenso di certi strati della popolazione, soprattutto in zone dove il lavoro scarseggia e le condizioni socio – economiche sono sfavorevoli, sia su sponde politiche”. Del resto i 45 Comuni che, negli anni, sono stati sciolti a causa di infiltrazioni mafiose hanno raccontato già la storia di quanti, tra gli amministratori pubblici, hanno subito atti di intimidazione. Non esiste discriminazione di genere nel mondo delle aggressioni. I metodi utilizzati per minacciare le donne sono esattamente gli stessi con cui vengono messi “sotto tiro” gli uomini. “Circa il 10% delle intimidazioni censite da Avviso Pubblico nel 2016 è stato rivolto nei confronti di donne che rivestono il ruolo sia di amministratrici locali che di dipendenti della Pubblica amministrazione”.
L’attentato a Giuseppe Antoci: la “Mafia dei pascoli”
Il caso forse più estremo è rappresentato dall’attentato alla vita di Giuseppe Antoci, Presidente del Parco dei Nebrodi. Il 18 maggio 2016, mentre tornava da un incontro pubblico, alcune grosse pietre posizionate al centro della strafa avevano costretto l’auto blindata a fermarsi: “Il veicolo è stato preso a fucilate. Gli agenti di scorta, supportati da un’altra pattuglia di colleghi della Polizia di Stato, hanno risposto al fuoco. I killer sono fuggiti. Vicino all’auto sono state trovate tre molotov inesplose. Il Presidente del Parco dei Nebrodi è stato portato in salvo”. Una fotografia perfetta della “Mafia dei pascoli”.
Non solo mafia: le ragioni del fenomeno
Il disagio sociale e la crisi economica intervengono con prepotenza incrementando il fenomeno. “Sono 145 i casi di minaccia o aggressione rivolte ad amministratori locali, funzionari pubblici, agenti della Polizia Municipale che si possono ragionevolmente ritenere come non riconducibili alla criminalità, organizzata e non”.
In un caso su quattro, le intimidazioni e le minacce sono state messe in atto da semplici cittadini che hanno sfogato la propria rabbia per la situazione economica in cui versano. “Persone che individuano negli amministratori locali e nei dipendenti pubblici l’obiettivo da colpire, il più facilmente raggiungibile, per esprimere un disagio che è spesso rivolto alla politica nel suo insieme”. Contributi economici, un lavoro o semplicemente una casa in cui vivere: la precarietà esistenziale arma mani pronte a premere il grilletto sotto la sede di un municipio, di un comune o di altre istituzioni. “Un argomento molto delicato quello dell’abusivismo, che vede contrapporsi il concetto di legalità alla necessità di centinaia di famiglie di avere un tetto sulla testa”.
La mafia (non) minaccia solo d’estate
Tralasciando il periodo elettorale, per definizione il più “a rischio” per gli amministratori locali e per i candidati, è il mese di maggio quello in cui il fenomeno assume maggior vigore: “Nella distribuzione temporale del numero delle spicca il mese di maggio: sono state 60, praticamente due al giorno”, continua il rapporto. Proprio come nel 2015. Anche a gennaio vi è un’impennata: 51 casi. Poi febbraio e ancora ottobre. Minimo storico ad agosto: il caldo, specialmente nel sud Italia, scoraggia anche i criminali che, a quanto pare, godono di una sorta di “ferie da minacce”.
Le comunità che reagiscono
“La prima vera forma di protezione per gli “Amministratori sotto tiro” è quella della comunità di cittadini che si amministra”, si legge nel rapporto. Manifestazioni ed esposti raccontano l’altra faccia del Belpaese: persone comuni, lavoratori onesti che garantiscono l’altro lato della medaglia. Vi è un esercito di piccoli eroi che aumenta le proprie truppe permettendo al nostro paese di tenere la testa alta. Come a Polverara, in provincia di Padova, “dopo che una lettera minatoria su carta intestata dell’ASL locale è stata inviata al Sindaco, Alice Bulgarello, che aveva deciso di costituirsi parte civile nel processo a carico di due ex Sindaci del Comune”. E ancora a Norbello (Or), “dopo l’intimidazione rivolta al Vicesindaco, Giacomo Angioni, a cui è stato decapitato un cavallo”. Una minaccia che ha portato 300 persone a partecipare al consiglio comunale straordinario convocato a seguito dell’atto intimidatorio. A volte le reazioni provocano una controreazione. Il paradosso si è visto a Reggio Calabria, poche ore dopo un consiglio comunale aperto e organizzato per coinvolgere i cittadini nella discussione sui numerosi atti intimidatori che hanno perseguitato la città. Mentre i cittadini dibattevano le fiamme avvolgevano l’automobile di un agente della Polizia municipale.
Una legge per tutelare e monitorare
Mentre Avviso Pubblico stilava il rapporto, la Camera dei Deputati metteva in agenda una discussione relativa a una legge sulle intimidazioni ai danni degli amministratori locali, una legge già approvata dal Senato della Repubblica l’8 giugno 2016.
E oggi, nel giorno della presentazione del rapporto, il provvedimento è stato approvato: “Prevede di fornire maggiori strumenti investigativi agli inquirenti e sanziona in modo più pesante coloro che sono ritenuti responsabili di aver minacciato e intimidito un rappresentante delle nostre istituzioni”, affermano dall’associazione. “Il disegno di legge prevede la modica dell’articolo 338 del codice penale (Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario), estendendo l’applicazione della norma, che prevede una pena da 1 a 7 anni, agli atti di intimidazione nei confronti dell’organo – politico, amministrativo, giudiziario – o dei “suoi singoli componenti” e ai casi in cui essi sono finalizzati ad “ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l’adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo” oppure “a causa dell’avvenuto rilascio o adozione dello stesso”. Inoltre l’articolato prevede una forma di tutela anche nei confronti degli aspiranti amministratori locali: “si estendono infatti le sanzioni previste per la turbativa del diritto di voto (reclusione da 2 a 5 anni) anche a coloro che, con minacce o con atti di violenza, ostacolano la libera partecipazione di altri alle competizioni elettorali amministrative”. Dulcis in fundo: “la composizione e le modalità di funzionamento dell’Osservatorio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, già istituito con un apposito decreto nel luglio del 2015, con il compito di effettuare il monitoraggio degli atti di intimidazione anche mediante utilizzo di una banca dati, di effettuare studi e analisi su iniziative di supporto agli amministratori locali vittime di intimidazioni e di promuovere iniziative di formazione degli amministratori locali e di promozione della legalità”. Insomma, se le minacce non cessano di esistere, la parte sana del Paese reagisce. Del resto, come diceva Giovanni Falcone: “La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”.