La seconda inchiesta sulle morti sospette nello stabilimento ex Montedison è chiusa. L’azienda di Crotone, in Calabria, dopo un primo processo con l’assoluzione, nel 2015, di tutti i dirigenti accusati di disastro ambientale e omicidio colposo, è stata riportata in tribunale dalle famiglie delle vittime. Ma per il gip Michele Ciociola non c’è nessun nesso tra i tumori degli impiegati nel reparto incriminato e l’amianto. In una lunga relazione redatta dal Tribunale di Crotone il 16 marzo scorso, viene archiviata così l’inchiesta bis che doveva fare luce sulla morte di altri tre operai. Il periodo a cui si fa riferimento va dagli anni ’70 ai primi del ’90, quando lo stabilimento in Calabria dava lavoro a centinaia di famiglie. Un simbolo di rivalsa e crescita per il sud Italia. In quel periodo, infatti, Crotone veniva quasi considerata la Torino del sud. Di quella speranza, però, è rimasto solo un fantasma che negli anni avrebbe anche causato inquinamento ambientale, oltre alla presunte morti per amianto. Con l’archiviazione della seconda inchiesta, però, ai familiari delle vittime e all’intera Calabria rimangono solo dubbi e amarezze.
Chi sono gli ex dirigenti
Gli ex dirigenti coinvolti nell’inchiesta bis, nata quando nel 2015 stava per concludersi il primo processo, sono Aguggia Maurilio, Savorelli Gian Carlo, Agliata Giuseppe,Ferretti Luigi, Capozzi Dario, Verri Giulio, Pezzeniti Alfonso e Sapere Ottorini. Tra questi ci sono il dirigente dello stabilimento e quello alla sicurezza ambientale, oltre che il dirigente sanitario.
Parallelamente al primo processo, dunque, la Procura di Crotone avviò una nuova inchiesta su tre nuovi morte sospette: due operai e la moglie di uno di questi.
La relazione dei periti
In tutti e tre i decessi, i periti hanno classificato l’impiego dei lavoratori in tre classi di pericolo: certa, probabile e possibile. Nonostante i dati raccolti, però, non sarebbe emerso con certezza il nesso di causalità tra le morti e la fibretta d’amianto, una sostanza nociva per le vie respiratorie.
Circa la morte del signor Giuseppe Mano, deceduto per tumore ai polmoni, i periti scrivono che “è verosimile fosse esposto a fibre di amianto aerodisperse, in quanto addetto al reparto del forno fosforo”, classificandolo nella prima classe di pericolo (certa). Non sono tuttavia risultate sufficienti le prove e i dati a loro disposizione per incriminare in alcun modo l’azienda calabrese.
Un caso a parte, seppur collegato, sarebbe la morte della moglie di Mano, Giorgina. Questo perchè si erano suggeriti, citando diversi studi fatti in Inghilterra, eventuali rischi che un lavoratore esposto ad amianto corre nell’infestare i propri abiti da lavoro e alla seguente contaminazione dentro le mura famigliari. I periti hanno spiegato l’impossibilità di quantificare il volume di amianto respirato in casa e per questo non hanno avuto a disposizione dei dati sufficienti per decretare come vera la morte per amianto della signora.”Le concentrazioni di fibre misurate in abitazioni di lavoratori dell’aminato si trovano su valori che vanno dalle 60 alle 200ff/litro – si legge sul documento – In questo caso non consocendo nè la frequneza, nè la durata dell’operazione di lavaggio della signora Mano, risulta pressochè impossibile stimare un’esposizione in termini di dosi e quindi esposizione comulativa per un utile confronto”.
Anche per il decesso di Neclerio Lucio, collocato al primo posto nella classifica del pericolo, non ci sarebbero le prove sufficienti. Neclerio ha lavorato 28 anni nello stabilimento di Crotone. Nel 1974 per due anni si è trasferito a Ferrara e i periti, per questo, hanno dichiarato l’impossibilità di dare per certo il decesso per amianto, vista la mancanza di due anni nel loco crotonese. “Non ci sono elementi per poter stimare con dati scientifici la sua esposizione in termini quantitativi – spiegano i periti – Tuttavia, questa può essere di grado importante considerato il fatto che per un lungo periodo abbia frequentato il reparto fosforo. Complessivamente però l’esposizione subita nell’impianto di Crotone viene giudicata certa, importante ma non esclusiva”.
Per quanto riguarda la morte di Raffaele Scalera, anche lui malato di cancro ai polmoni, la situazione sembra esser stata ancor più difficile. L’operaio, un meccanico, era anche un fumatore. Accertato questo, i periti hanno dichiarato che è quasi sicuro che il signor Scalera sia stato esposto a fibre di amianto, ma non è possibile dire che il tumore polmonare è sicuramente riconducibile a un solo fattore. “L’esposizione da amianto del signor Scalera durante la sua attività lavorativa si è con ragionevole certezza verificata – scrivono – ma non essendo disponibile agli atti alcuna sua dichiarazione o di colleghi di lavoro, non è nemmeno possibile stimare la dose alla quale è stato sottoposto negli anni”. Il collegamento tra amianto e tabagismo in questo caso sembra esser stato fatale, ma non dichiarabile.
La decisione
Considerata le perplessità dei periti, e anche quelle del pm in ordine alla possibilità di sostenere l’accusa in giudizio nei confronti di ciascuno degli indagati, il giudice ha deciso di archiviare. La notizia, passata quasi in sordina tranne che per qualche articolo apparso sulla stampa locale a fine marzo, è simile a molte altre già raccontate da Ofcs.report. Sono migliaia,infatti, i lavoratori esposti alla fibra killer ma spesso nelle aule giudiziarie i reati cadono quasi sempre in prescrizione a causa delle lungaggini burocratiche. Al punto che le persone esposte muoiono senza arrivare a ottenere una sentenza che gli dia finalmente giustizia.
La fibra killer
I rischi collegati all’esposizione alle fibre di amianto rappresentano un tema scottante. Sul sito dell’Osservatorio nazionale amianto è riportata l’ultima monografia in materia di amianto dell’Iarc (International Agency For Research On Cancer – Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha riconosciuto “l’amianto come causa di diverse patologie oncologiche, come il mesotelioma della pleura, del peritoneo, al pericardio, della tunica vaginale del testicolo, il cancro polmonare, alla faringe, alle ovaie e una maggiore incidenza alla faringe, allo stomaco e al colon retto”.