Il lavoro uccide. Come è accaduto agli oltre cento operai della Fibronit di Broni e ai 24 operai della Pirelli di Milano. La causa? Ancora una volta l’amianto. Ma il dramma nel dramma per le famiglie di questi lavoratori è il responso, a suo tempo, dei due processi che hanno dato assoluzione completa ai dirigenti delle due aziende, nonostante la condanna in primo grado.
E nonostante siano in continuo aumento i lavoratori che si ammalano in fabbrica, in miniera o nei cantieri, (per via dello stretto contatto con sostanze genotissiche e cancerogene), nelle aule giudiziarie i reati cadono quasi sempre in prescrizione, questo a causa delle lungaggini burocratiche. Al punto che le persone esposte muoiono senza arrivare a ottenere una sentenza che gli dia finalmente giustizia.
Non a caso, recentemente a Roma, nella sede di Palazzo Madama, si è presentato e illustrato il disegno di legge che prevede l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e del reato di lesioni personali sul lavoro: gravi o gravissime.
Il disegno di legge è stato presentato da Felice Casson della Commissione Giustizia del Senato, insieme a Maura Crudeli, presidente nazionale di Aiea (Associazione italiana esposti amianto) che da sempre si occupa di questo annoso argomento, esposto e documentato anche dall’avvocato Edoardo Bortolotto
Presenti anche Giorgio Airaudo della Commissione lavoro Camera dei Deputati, Sebastiano Calleri, responsabile Salute Sicurezza CGIL Nazionale, Sara Palazzoli, responsabile salute e sicurezza FL e Carlo Soricelli, dell’ Osservatorio morti sul lavoro di Bologna.
A presentare gli atti del convegno, tenutosi lo scorso 23 settembre, presso il Senato su “I procedimenti penali per i tumori professionali: giustizia o ingiustizia?” oltre Aiea (Associazione Italiana Esposti Amianto, anche altre importanti associazioni da sempre attive sul territorio, come Legambiente, Cittadini reattivi, Medici per l’Ambiente e Medicina Democratica.
Una proposta di legge importante quella presentata, che va a farsi strada fra mille ostacoli. Come affermato negli atti del convegno dall’avvocato Silvia Manderino: “Discutere e trattare di malattia professionale, significa coinvolgere un vasto mondo di conoscenze scientifiche e giuridiche, che sempre più spesso e purtroppo trovano un confronto esclusivamente nelle sedi giudiziarie, per lo più penali”.
Questo accade perché il tema della prevenzione sul lavoro continua a essere il meno privilegiato e soprattutto, il più sottovalutato.
Ma qual è il nodo del contendere in queste sedi giudiziarie? Quasi sempre la complessa dimostrazione del nesso causale tra esposizione e patologia.
Molte volte infatti, far riconoscere la causa di malattia di questi lavoratori è pura utopia. E su questo molte aziende colpevoli giocano le carte a loro favore, presentando studi scientifici, prodotti appositamente per ribaltare una verità ineluttabile. Proprio per questo si è presentato un nuovo e decisivo disegno di legge, (che si spera venga approvato dal Parlamento) e prevede che la prescrizione venga sospesa dopo la sentenza di primo grado.
Oggi in Italia, come viene riportato sempre negli atti del convegno, dopo il processo Eternit, sono rimasti davvero in pochi quelli che si sentono di poter affermare che l’amianto è “innocuo” per la salute dei lavoratori e dei cittadini. Anche gli stessi processi, sono un modo per far conoscere alle persone, alle istituzioni, associazioni, avvocati e giudici come stiano veramente le cose. Perché lavorare in sicurezza deve essere un diritto di tutti e un valore riconosciuto a tutti gli effetti, visto che attualmente, in Italia, nonostante le battaglie delle associazioni come AIEA e Legambiente, su oltre 650.000 esposti all’amianto solo una piccola parte, circa 27.000 lavoratori sono stati avviati a sorveglianza sanitaria.