L’Afghanistan in mano ai mercenari. Dopo 20 anni di guerra, lo scenario che si potrebbe presentare è proprio questo: utilizzare i mercenari per fare il lavoro sporco.
Sono parole sagge quelle pronunciate dal presidente russo Vladimir Putin in un’intervista rilasciata a Russia Today. Forse le uniche nel delirio di idiozie udite negli ultimi giorni riguardo la “questione afghana”.
Lo Zar del nuovo millennio dovrebbe far riflettere l’intero Occidente sulle modalità di approccio a una vicenda tragica che coinvolge milioni di vite umane a seguito della dimostrazione di irresponsabilità dei “liberatori” e alla conferma della bestialità degli “occupanti”, anche se l’utilizzo dei termini si presterebbe a duplici interpretazioni del tipo “chi è l’occupante e chi sono i liberatori?”
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Vladimir Putin
A fronte del rovescio afghano subito dai dispensatori di democrazia non richiesta, il presidente russo ha sottolineato: “Non è nel nostro interesse soffermarci sul passato e parlarne come un fallimento. Siamo sempre stati interessati a una situazione stabile in Afghanistan – È finalmente chiaro ai politici occidentali che non puoi imporre agli altri i tuoi standard o il tuo comportamento politico, perché altre persone hanno le loro specifiche tradizioni culturali, religiose e politiche”.
Un dogma, anche se abbastanza banale, rimasto inascoltato per decenni alle orecchie degli esportatori di valori che tali sono per noi dell’Occidente, ma che possono assolutamente essere esposti a critiche e opposizioni nette da parte di chi la pensa diversamente.
Sul tema del ritorno dei Talebani, ben conscio che non rappresenti il volere di un intero popolo, Putin ricalca un pensiero anch’esso banalmente logico: “Che tu voglia o meno la democratizzazione, devi dargli il diritto; è necessario rispettare i diritti reciproci nell’arena internazionale”.
Ma noi rimaniamo fermi, impassibili, fieri del nostro pensiero democratico fatto di diritti (troppi?) e doveri (pochi?) a fronte di una catastrofe che ha ben poco a che fare con le chiacchiere dottrinali e gli inutili ( e costosi) vertici a senso unico.
L’Afghanistan è un territorio vasto e aspro, fatto di rilievi, grotte e sentieri montani, non accessibili ai mezzi pesanti di un esercito moderno. Addirittura inaccessibili a truppe numerose ma non preparate a una guerra fatta di imboscate, mimetizzazioni, improvvisate, raid estemporanei. E meno che mai a una guerra dall’alto poiché i bombardamenti mirati raramente si sono rivelati decisivi e oculati. Lo racconta la storia. Dagli inglesi ai sovietici, tutti indirizzati alla conquista delle preziose risorse minerarie del Paese il cui utilizzo da parte dei locali appare quasi inutile in confronto all’attività di esportazione dell’oppio, coltivato a basso costo e la cui vendita frutta introiti da capogiro.
Ma sono lezioni che ci ostiniamo a non imparare.
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La caduta dei democratici, Joe Biden
Alla ricerca di terroristi, ignorando la scuola israeliana del target “mirato”, gli Usa hanno preferito fare tabula rasa di intere porzioni di territorio, dall’Iraq all’Afghanistan, con il risultato di provocare situazioni ingestibili e frammentazioni ideologiche tra le popolazioni che hanno fornito l’esito della “cura peggiore della malattia”.
E non si parli di poteri forti, agevolazioni nella crescita di questo o quel gruppo terroristico, di una volontà espansionistica. Qui si tratta unicamente di dabbenaggine, di presunzione, di cialtroneria.
Quando l’esercito più potente al mondo è costretto a una ritirata ignominiosa dal teatro di guerra, come quella cui stiamo assistendo in Afghanistan, provocata da un numero relativamente basso di nemici, male armati, peggio equipaggiati, ma fieri del loro essere, si palesa la sconfitta più umiliante per l’intero Occidente.
E si impone a noi una riflessione. Se nell’arco temporale di un mese, un esercito di pezzenti ha vinto contro una coalizione internazionale di migliaia di uomini con mezzi d’avanguardia, cosa succederebbe nelle nostre strade se gli stessi “esportatori” di islamismo decidessero di rivoltarsi contro gli “accoglioni”?
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Nella foto di Analisi Difesa si possono notare i “profughi” da guerre inesistenti
Chi manderemmo in prima linea? I bimbi minchia nostrani? I militari da operetta che danzano al ritmo di ritmi africani? I giovani ebeti dei rave party abusivi? O i leoni da tastiera?
Rendiamo merito ai nostri veri soldati, quelli che oggi, nel mezzo del caos e degli innumerevoli rischi di rimanere isolati, operano in territorio ostile al fine di salvare più vite umane possibile e di trasferirle al sicuro. Grazie anche all’Aeronautica che con migliaia ore di volo sta agevolando l’esfiltrazione di collaboratori e parenti afgani. Ma questo non basta a nascondere un disastro che non ha eguali e si aggiunga che all’orizzonte si palesa l’ennesima figuraccia, quella dei Contractors, gli appaltatori.
Chiamiamoli così, anche se il termine esatto è “mercenari”, assolutamente utilizzato senza alcun disprezzo, anzi.
La campagna di reclutamento dei mercenari
E’ molto attiva sul dark web una campagna di reclutamento, della quale ci guardiamo bene dal fornire ulteriori lumi, di volontari da inviare in Afghanistan al servizio di varie realtà governative allo scopo di trarre in salvo cittadini occidentali e civili afghani. Tale realtà, comparsa anche su portali “dedicati”, delinea perfettamente la strategia di uscita di Usa e Alleati. Non tratteremo con i Talebani, non rischieremo la vita dei nostri soldati, ma ci affideremo a quelli che il lavoro “sporco” lo sanno e lo vogliono fare senza ulteriori dichiarazioni di guerra.
Conseguenza ne sarà che nessuno potrà interferire nè commentare su eventuali incidenti di percorso, così come nessuno potrà giovarsi della riuscita delle operazioni.
Saranno infatti i mercenari a tentare di salvare il salvabile sul terreno. Quello che i governi e le forze armate di tutto il mondo non hanno saputo o voluto fare, verrà delegato a chi della guerra ne ha fatto consapevolmente una ragione di vita.
Ed anche qui non si comprende il motivo per il quale questi professionisti vengano messi all’indice, indagati, processati chissà per quale ragione. Sicuramente per il vizio congenito della magistratura di volersi fare pubblicità gratuita, ovviamente a spese nostre.
Eppure, come la prostituzione, anche quella della guerra è un’arte che risale all’alba dell’umanità. Che poi qualcuno, ma non noi, non lo si voglia ammettere è un’altra cosa. Ma se fossimo costretti a ricorrere alle armi, quali preziose indicazioni ci fornirebbero i sacri Poteri dello Stato? “L’Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali”, recita la Costituzione. E allora?
Se attaccati non ci difenderemmo? Sveglia.
Che noi si paghi un budget per la difesa che difesa non è, risulta incomprensibile. Così come è assolutamente deleterio continuare nella politica dell’accoglienza idiota di chi la guerra l’ha forse vista in televisione ma che fa largo uso delle nostre leggi, del sacro diritto, per continuare un’esistenza parassitaria alle nostre spalle.
Accoglieremmo volentieri decine di migliaia di afghani in fuga dai Talebani, ben identificati e controllati, sostituendo qualche decina di migliaia di parassiti da rimpatriare.
Disse un eminente leader dei Fratelli Musulmani durante una conferenza tenutasi a Istanbu:l “Con le vostre leggi vi conquisteremo, con le nostre leggi vi domineremo”. Citazione abusata ma che ben rappresenta una situazione ormai al limite.