Un governo sempre più ombra non poteva che partorire fantasmi. L’ultimo “spirito” manifestatosi di recente in merito alla vicenda della tecnologia del 5G cinese si chiama Stefano Patuanelli, singolare ministro dello Sviluppo economico partorito dalle geniali menti del Movimento 5 Stelle in concorso con gli alleati del Pd, rivali nella singolar tenzone dei fenomeni alla conquista del Paese.
A fronte dell’inquietante relazione del Copasir illustrata lo scorso 19 dicembre al Parlamento, concernente il perimetro di sicurezza cibernetica nazionale contenente, tra l’altro, la norma sulle reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G, il nostro “Spirito” si è palesato in un’intervista al quotidiano nazionale La Stampa nella quale si è impegnato in una difesa a spada tratta del prepotente ingresso dei cinesi nel mercato nazionale del 5G.
L’arringa del “Fantasma dal libretto rosso”, votata a una liberalizzazione del mercato a senso unico, si è fondata sugli standard economici ed innovativi proposti dal mercato cinese, contrapposti a un protezionismo ingiustificato e, comunque, introdotti sulla base di una normativa avanzata per la difesa della sicurezza nazionale che preserverebbe le infrastrutture Tlc del nostro Paese da eventuali (certe, diciamo noi) violazioni.
È opportuno ricordare che nella relazione del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, cui abbiamo accennato, si legge che l’Organo “non può che ritenere in gran parte fondate le preoccupazioni circa l’ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G. Conseguentemente, oltre a ritenere necessario un innalzamento degli standard di sicurezza idonei per accedere alla implementazione di tali infrastrutture, rileva che si dovrebbe valutare anche l’ipotesi, ove necessario per tutelare la sicurezza nazionale, di escludere le predette aziende dalla attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G”.
Tutto ciò a sottolineare l’elevato rischio di esporre candidamente le nostre attività economiche, di difesa e di intelligence al controllo pressoché totale da parte dei gestori orientali.
Inoltre, l’allarmante messaggio inviato all’Esecutivo da parte dei Servizi di sicurezza nazionali ha incluso, oltre all’assoluta necessità dell’innalzamento dello standard di sicurezza delle infrastrutture Tlc, la paventata possibilità di escludere le aziende cinesi (nello specifico i colossi cinesi Huawei e Zte) dall’inserimento nel mercato e nella fornitura della nuove tecnologie.
Appare ovvio che la consapevolezza dei rischi derivanti dall’ingresso delle tecnologie 5G di marca cinese potrebbe indurre i Governi europei a provvedimenti di autorità che potrebbero mettere a rischio lo sviluppo di nuove tecnologie e, comunque, limitativi nell’ambito delle leggi del mercato e della libera concorrenza.
Ma la necessità prevalente del mantenimento di un accettabile standard di sicurezza consiglia prudenza nell’agevolazione di un’avanzata esponenziale degli interessi della Cina nella realtà occidentale con conseguenze disastrose nell’ambito della sovranità nazionale e nella tutela del patrimonio degli interessi economici del Paese.