Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Bahrein hanno interrotto i rapporti diplomatici con il Qatar. Secondo l’agenzia di stampa saudita, Saudi Press-Agency, la decisione è stata presa dal governo di Riyadh in seguito a presunte dichiarazioni dell’emiro qatariota, Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani, in cui esprimeva apprezzamento per Iran, Hamas, Hezbollah e Israele, oltre a commenti particolarmente critici verso il presidente americano, Donald Trump. Non solo, tra le accuse rivolte dall’Arabia Saudita al suo vicino anche quella di sostenere il terrorismo e fomentare la rivolta anti saudita nello Yemen. Accuse che il Qatar ha respinto, dichiarandosi pronto a mediare con i Paesi arabi per ricucire lo strappo. Un vero e proprio caos diplomatico che ha evidenziato una spaccatura, finora latente, nel mondo sunnita. Il piccolo emirato del Qatar da tempo ha intrapreso una politica autonoma rispetto ai sauditi: rapporti più stretti con l’Iran sciita, con cui il Qatar condivide un importante impianto per l’estrazione del gas e appoggio ai gruppi salafiti e ai Fratelli Musulmani, nemici giurati di Casa Saud.
Un’escalation prevedibile che va avanti da diverso tempo e che vede coinvolti i principali alleati regionali dell’Arabia Saudita, vero leader del mondo islamico sunnita. Una rivalità, quella tra Riyadh e Doha, che va dalle fonti energetiche fino alla politica, passando per la religione. Tra i principali sostenitori della decisione saudita c’è l’Egitto del generale al-Sisi, dove le divergenze con il Qatar avevano già portato alla chiusura di Al Jazeera e all’arresto di alcuni giornalisti dell’emittente con sede a Doha. L’accusa rivolta al governo del Qatar da parte dei generali egiziani è quella di fomentare le rivolte anti governative e di fornire supporto economico e mediatico ai Fratelli Musulmani dell’ex presidente Mohammed Morsi, dichiarati fuori legge dopo i fatti del luglio 2013. La decisione saudita e dei paesi Arabi, a cui nelle ultime ore si sono unite anche Maldive e milizie libiche di Tobruk, è un chiaro effetto della visita del presidente americano Trump a Riyadh delle scorse settimane. Il Qatar, dove gli Stati Uniti hanno un’importante base militare composta da quasi 10mila soldati, è progressivamente diventato una spina nel fianco per i sauditi, complice la sua politica indipendente e i suoi rapporti con l’Iran. Trump in Arabia Saudita ha rinsaldato l’alleanza e indirettamente con Israele, dopo che durante l’amministrazione Obama i rapporti tra Washington, Riyadh e Tel Aviv si erano praticamente congelati. In cambio della lotta all’Iran e al terrorismo i sauditi hanno chiesto, e ottenuto, l’isolamento dell’emiro al Thani. Uno strappo, quello in seno al mondo arabo sciita, che avrà delle conseguenze non solo sulla politica regionale, ma anche internazionale.
I paesi europei schierati con i sauditi rischiano di perdere importanti commesse in Qatar, mettendo in forse anche lo svolgimento dei mondiali di calcio 2022 che si terranno proprio nell’emirato. Colpire Doha significa colpire indirettamente Teheran, nemico numero uno di sauditi e americani, ma anche la Turchia di Erdogan, altra base importante del cosiddetto Islam politico. Riyadh cerca di presentarsi come potenza regionale impegnata contro il terrorismo, sperando di attrarre dalla sua i paesi occidentali nella infinita guerra fredda con l’Iran sciita. Una mossa che può trasformarsi in un gigantesco boomerang. La “santa alleanza” contro Iran e Qatar rischia di essere l’ennesimo calcolo errato e di trasformare uno scontro per ora diplomatico nell’ennesimo conflitto militare. L’obiettivo dei sauditi è chiudere la partita con Teheran. Il Qatar è solo il primo tassello di un potenziale scontro epocale che metterebbe a serio rischio la sicurezza non solo della regione, ma anche del mondo occidentale.