La “green light” per l’invio delle truppe turche in Libia al fianco di Al Sarraj, nell’imbarazzante silenzio del governo italiano, rischia di far definitivamente degenerare un equilibrio, invero precario, con il pericolo di perdere un presidio geo-politico sul Mediterraneo appannaggio delle mire espansionistiche Turche.
Ad avvelenare ulteriormente lo scenario anche il mal di pancia della Grecia
Lo scorso novembre, infatti, Erdogan annunciava l’entrata in vigore della “insidiosa intesa” tra il legittimato seppur evanescente Governo libico e la Turchia, in ordine alla spartizione del presidio sulle acque del Mediterraneo, sulla scorta di una faziosa cooperazione internazionale, nonché sui relativi confini marittimi, capziosamente non disvelati che, in concreto, salvaguardano piuttosto i reciproci interessi economico-strategici “autolegittimati” nelle zone economiche esclusive che ritengono rientranti nelle loro rispettive sfere di competenza e dominio.
Sono infatti note le controversie internazionali in ordine alle contestate attività di trivellazione eseguite offshore della Turchia al largo di Cipro, autocelebrata come sua zona economica esclusiva soggetta a legittimo sfruttamento, anche per prossimità all’autolegittimato Stato turco-cipriota del nord di Cipro, riconosciuto ed appoggiato solo dal Governo turco.
La questione geo-politica dell’intera area rischia ulteriormente di degenerare, mentre Israele condanna l’intesa Turco-Libica, sebbene per motivazioni ben diverse da quelle opposte dal governo egiziano, che si conferma saldo alleato dell’uomo forte della Cirenaica in Libia.
Dura, d’altro canto, anche la condanna della Grecia che considera l’intesa come una chiara limitazione della sovranità cipriota, oltre ad una grave violazione del diritto internazionale e, per queste ragioni, con un gesto plateale quanto eloquente, aveva motivato l’abbandono della cerimonia di inaugurazione del gasdotto Trans-Anatoliano, in occasione della quale Erdogan aveva provocatoriamente dichiarato “live” l’entrata in vigore dell’intesa.
E l’Italia?
Anche su questo dossier silente, seppur formalmente appoggi il Governo di al Sarraj. Nemmeno le sanzioni e le continue esortazioni dell’Ue hanno fatto desistere la Turchia che persevera nella sue attività preordinate a mantenere l’egida sullo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale al largo di Cipro. L’asse tripartito Grecia-Cipro-Egitto propende per una soluzione di buon senso che salvaguardi la politica energetica dell’intera regione e, soprattutto, la cooperazione per lo sfruttamento ed il trasporto di gas naturale. Intanto, anche la Grecia sembra avvicinarsi ad Haftar, mostrando alla Turchia i propri muscoli sul piano militare ed aprendo, tuttavia, agli Usa per tentare la diplomazia sulla crisi libica.
Gli interessi economici dell’area sono molteplici e il gasdotto Trans-Anatoliano TANAP è una questione delicata.
Proprio ieri è stato firmato l’accordo tra Israele-Grecia-Cipro per la pipeline EastMed che fornirà il gas naturale dai giacimenti israeliano e cipriota verso l’Europa continentale e che vedrà anche la prossima firma della parte italiana, al momento (e come al solito) impedita.
Si configurano così le due principali arterie del gas naturale dell’Azerbaigian e dell’EastMed che si andranno ad aggiungere al Turkish Stream, la cui inaugurazione è prevista per il prossimo 8 gennaio.
Sul piano geo-politico il presidente Trump sul dossier cipriota sembra non seguire l’Europa e piuttosto sostiene l’intesa turco-libica sulle attività offshore. Probabilmente perché avrà intuito una strategia russa preordinata a destabilizzare l’area del MENA attraverso un sostegno “sotto traccia” all’esercito del Generale Haftar. Fonti dell’intelligence riportano infatti una presenza russa in Libia attraverso combattenti mercenari per salvaguardare interessi geo-economici e strategici legati sia alla fornitura di armamenti sia alla tutela della propria politica energetica nel continente africano.