Kim Jong-Un, il leader della Corea del Nord, lancia il primo guanto di sfida a Joe Biden da quando il neo Presidente degli Stati Uniti d’America si è insediato alla Casa Bianca.
Sembrerebbe quasi che Pyongyang stesse attendendo il momento più propizio per ricordare alla nuova amministrazione americana – che non ne ha nemmeno riconosciuto ufficialmente l’esistenza fino alla scorsa settimana – che esiste ancora la questione coreana.
Due missili balistici a corto raggio sono stati lanciati dalla provincia di South Hamgyong alle 7:06 e alle 7:25 (ora locale) di giovedì 25 marzo, sfrecciando per 450 chilometri (279 miglia) su un apogeo di 60 chilometri (37 miglia), prima di cadere in mare lungo la costa orientale nel Mar del Giappone. A comunicarlo è lo staff dei Capi di Stato Maggiore congiunti a Seoul, che hanno immediatamente rafforzato il loro dispositivo di monitoraggio in stretto coordinamento con gli Stati Uniti.
A quanto si legge in una dichiarazione del portavoce del comando strategico USA di stanza presso il quadrante indo – pacifico, il Capitano della Marina Mike Kafka, la sortita di Pyongyang rappresenta una chiara minaccia per gli stati confinanti e per l’intera comunità internazionale.
Il ministro degli Esteri sudcoreano Chung Eui-yong e il suo omologo russo Sergey Lavrov, durante un meeting a Seoul, hanno espresso profonda preoccupazione per la situazione venutasi a creare e hanno esortato la Corea del Nord ad una rapida ripresa del dialogo mantenendo gli impegni per la pace.
Anche il primo ministro del sol levante, Yoshihide Suga, ritiene la Corea del Nord una turbativa per il Giappone ed i suoi interessi, e si unirà a Washington e Seoul per contrastare con ogni mezzo Pyongyang se dovesse perorare la sua folle ambizione.
Di fatto la Corea del Nord, con le sue azioni, sta operando in aperta violazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ed è soggetto quindi alle sanzioni previste dalla comunità internazionale.
La Corea del Nord ha lanciato due missili in silenzio la scorsa domenica nel totale disinteresse della Corea del Sud e degli Stati Uniti
Alla fine della scorsa settimana Pyongyang aveva lanciato altri due missili balistici a corto raggio dalla costa ovest verso il Mar Giallo, quasi per “sbattere in faccia” ai detrattori del regime di Kim Jong-Un (questo secondo il pensiero del leader coreano) il diritto della Corea del Nord all’autodifesa dei propri confini – ma di fatto una mera provocazione che rimarca il suo stile ormai noto ai più.
Infatti il regime Nord Coreano, che detiene un potenziale bellico nucleare di rilievo, non è nuovo ad azioni di questo tipo per il duplice scopo di compiere test missilistici ed alzare allo stesso tempo la tensione nei confronti della comunità internazionale.
Il test missilistico sarebbe stata una rappresaglia di Kim alle esercitazioni militari annuali congiunte USA-Corea del Sud nella regione ed è arrivato in concomitanza al meeting con Seul e Tokyo del Segretario di Stato americano Antony Blinken e del Segretario alla Difesa Lloyd Austin per discutere di questioni di alleanza e sicurezza. Blinken nel condannare il programma nucleare della Corea del Nord, oltre la situazione dei diritti umani del suo popolo, ha ribadito che la Cina ponesse il suo ascendente per convincere Pyongyang a porre fine alle sue continue provocazioni e attuando un programma di denuclearizzazione.
Ma secondo il viceministro degli esteri nordcoreano, Choe Son Hui, questa posizione farebbe parte della “… folle teoria Usa rappresentata dalla presunta minaccia della Corea del Nord e di una retorica infondata sulla sua completa denuclearizzazione …”.
Contestualmente agli sforzi di Washington per consolidare la sua rete di alleanze in Asia, Kim Jong-Un di contro riaffermava la sua tradizionale amicizia con la Cina, in uno scambio di messaggi con il Presidente Xi-Jinping.
Ad alimentare ulteriormente la tensione ci pensa poi la sorella del leader nord-coreano, Kim Yo Jong, che il martedì successivo ai lanci, in una dichiarazione apparsa sul Rodong Sinmun di Pyongyang, ha invitato gli Stati Uniti ad “… astenersi dal causare ‘malintesi’, se vogliono dormire sonni tranquilli per i prossimi quattro anni …”, riferendosi naturalmente alle velate minacce bellicose da parte dell’amministrazione americana.
Il funzionario nord coreano ha inoltre minacciato di abbandonare un accordo bilaterale del 2018, in tema di riduzione delle tensioni militari, abolendo di fatto la componente di governo che gestisce le relazioni tra le due Coree. Ancora, ha paventato la possibilità di sopprimere il servizio che gestisce le visite turistiche internazionali alla pittoresca Diamond Mountain del Nord, ad intendere la chiusura delle frontiere per chiunque in particolare i coreani del sud.
Ma il portavoce del Ministero della Difesa di Seoul ha puntualizzato che le esercitazioni militari a cui si allude sono di natura difensiva e per questo ha chiesto a Pyongyang di mostrare un atteggiamento più flessibile e maturo ed incline a perseguire la pace nella penisola coreana. Tali esercitazioni molto ridimensionate, anche a causa della pandemia da Covid-19, sono state più che altro simulazioni computerizzate e non comportano un impegno sul campo. Secondo Kim Yo Yong anche le esercitazioni in tono minore sono da considerarsi un atto ostile verso Pyongyang che non possono coesistere con il dialogo e la cooperazione.
Il lancio dei missili balistici nord coreani della scorsa domenica riveste però nella vicenda stessa una particolarità, veramente “sui generis”. Infatti è abbastanza singolare, ed è la prima volta che accade che un’azione militare da parte della Corea del Nord, anche se si parla di test di missili a corto raggio, non sia immediatamente notificata agli USA e alla comunità internazionale da parte del Joint Chiefs of Staff a Seoul. È stata infatti l’agenzia di stampa Reuters e il Washington Post a diramare la notizia ai media di tutto il mondo.
Biden, parlando con la stampa, ha minimizzato l’exploit di Pyongyang come una non violazione delle risoluzioni ONU, asserendo inoltre che “… Non c’era nessun problema in quello che hanno fatto… è come al solito …”.
Ma sono in molti coloro che sono convinti che il presidente Joe Biden avrebbe dovuto assumere un comportamento più duro alla notizia del lancio dei missili, anche se si trattava di missili a corto raggio, in particolare perché costituiva una minaccia per tutto il personale, militare e civile, degli USA e dei suoi alleati di stanza in questo angolo di mondo.
Ma scopriamo le ragioni di questa nuova escalation con la ripresa dei test balistici da parte della Corea del Nord.
Dall’avvento di Kim Jong-Un la Corea del Nord ha compiuto notevoli progressi in campo militare e soprattutto nelle sue capacità nucleari, arrivando a testare nel 2017 sistemi missilistici in grado di raggiungere tutti i territori degli Stati Uniti continentali.
Il primo anno della presidenza Trump è stato “ricco” di lanci e test missilistici da parte di Pyongyang, azioni provocatorie che hanno instaurato un clima di tensione degno di una vera e pericolosa guerra fredda, finché la situazione improvvisamente prese una “piega diplomatica” con i primi due vertici tra i due paesi, a Singapore e in Vietnam.
Qui Trump acconsentì a revocare alcune esercitazioni annuali congiunte con la Corea del Sud, mentre da parte sua Kim aderì a sospendere i test nucleari ed i lanci di missili balistici intercontinentali. Nel 2019 il vertice di Hanoi ed un terzo incontro nella zona smilitarizzata tra le due Coree si concluse con un nulla di fatto, stante le difficoltà da parte americana di congelare le sanzioni internazionali verso Pyongyang e senza che venissero compiuti progressi sostanziali verso la denuclearizzazione della Corea del Nord. Da allora regnò una situazione di completo stallo nelle relazioni tra i due paesi, interrotta dalla ripresa dei test missilistici ed una nuova corsa agli armamenti dei nord coreani.
Pyongyang ha condotto nel frattempo almeno 16 lanci di questi missili e altri nuovi sistemi a corto e medio raggio dal 2019 al 2020, ampliando così le sue possibilità di colpire in Corea del Sud e Giappone, comprese le basi militari statunitensi distaccate in questo quadrante geografico che ospitano circa 80.000 soldati americani. Per quanto noto, questi sono stati i primi lanci di missili da aprile 2020, complici le prime fasi della pandemia da Covid-19 e gli ultra chiaccherati e presunti problemi di salute del leader coreano Kim.
Il presidente Joe Biden si è insediato in un momento topico per Kim Jong-Un, che affronta forse il periodo più difficile dei suoi nove anni di regime, in un paese disastrato e con un economia a pezzi, dovuto oltre che dalla pandemia anche dalle sanzioni internazionali che affliggono la sua nazione, e che durante i vertici con Trump non è riuscito a far sospendere.
Secondo i funzionari dell’amministrazione Biden, gli Stati Uniti si sono avvicinati più volte alla questione coreana, cercando di raggiungere Pyongyang attraverso diversi canali, ma finora non hanno mai avuto risposta da parte del leader Kim.
Quest’ultima serie di lanci missilistici da parte di Pyongyang ha riacceso le proteste degli Stati Uniti e dei paesi alleati, ed il Presidente Biden ha fermamente ammonito la Corea del Nord ribadendo che ci sarebbero state delle conseguenze se Kim avesse proseguito nei test militari. Secondo le risoluzioni del Consiglio di sicurezza ONU lo sviluppo di missili balistici è vietato alla Corea del Nord (perché ora sì??) pena l’applicazione delle sanzioni previste.
Condanne sono arrivate anche da Germania, Francia e Gran Bretagna.
Gli alleati sono convinti che la Corea del Nord aumenterà gradualmente i suoi exploit missilistici con la chiara intenzione di ottenere maggior potere contrattuale nel momento in cui i colloqui tra i due antagonisti riprenderanno, dopo lo stallo in cui sono stati confinati per tutto questo tempo. Pyongyang riaprirà le trattative solo nel momento in cui gli Stati Uniti rinunceranno alle loro politiche ostili.
Gli analisti militari, in particolare Kim Dong-Yub, dell’Istituto per gli studi sull’estremo oriente di Seoul, in base ai dati di volo dei missili lanciati dalla Corea del Nord, è convinto che Pyongyang abbia forse testato un nuovo sistema a combustibile solido basato sui missili russi Iskander 9K720. Tali ordigni, capaci di ospitare testate nucleari e di volare a bassa quota, sarebbero in grado di eludere i sistemi di difesa missilistici degli alleati.
In una delle ultime dichiarazioni da parte di un alto ufficiale nord coreano, Ri Pyong Chol, viene sottolineata la profonda ostilità verso Pyongyang da parte degli Stati Uniti e la sua provocatoria “logica da gangster”, ribadendo il diritto all’autodifesa da parte della Corea del Nord nei confronti di una coalizione che sta testando il suo apparato militare con esercitazioni congiunte e che potrebbe essere in grado di inviare i propri contingenti nella regione coreana in qualsiasi momento. Ri Pyong Chol è una figura di vertice del partito, è segretario del Comitato centrale e vicepresidente della Commissione militare. È inoltre un ex comandante dell’aeronautica militare ed è una figura chiave nello sviluppo del programma missilistico della Corea del Nord.
Le posizioni tra i due paesi si mostrano per il momento ancora troppo distanti.
Pyongyang non rinuncerà a difendersi dalla minaccia della coalizione e proseguirà con buone probabilità i suoi test sui missili balistici e la sua corsa agli armamenti.
Altresì, non è ancora chiaro come l’amministrazione Biden risponderà a queste “provocazioni” prima di completare la revisione della politica sulla Corea del Nord nelle prossime settimane, anche in previsione di un possibile progetto di denuclearizzazione da portare avanti a cui Pyongyang non dovrà esimersi.