L’ambasciatore italiano in Congo e il carabiniere di scorta sarebbero stati uccisi in un conflitto a fuoco durante un tentativo di sequestro. È quanto emerge dall’autopsia sui due corpi effettuata a Roma al policlinico Gemelli. Il diplomatico Luca Attanasio e il militare, Vittorio Iacovacci, sarebbero stati raggiunti da due colpi ciascuno che hanno trapassato i corpi da sinistra a destra.
La vicenda dei connazionali uccisi nei pressi di Kibumba, a pochi chilometri da Goma, il capoluogo del Nord Kivu, sulla strada per Rutshuru, è ancora poco chiara. Ma lentamente si delineano i contorni dell’accaduto. Secondo una prima ricostruzione, l’ambasciatore e il carabiniere sono stati estratti dall’auto dopo che il gruppo di assalitori ha eliminato l’autista. Poi li avrebbero trasferiti nella foresta, all’interno del Virunga National Park, pare per un tentativo di sequestro. Da questo momento in poi, la dinamica è confusa. Secondo una prima ricostruzione i due sarebbero stati uccisi e abbandonati dal commando. Ma dopo l’assalto, sul posto sono intervenuti sia i ranger che si occupano del parco sia l’esercito congolese per fermare i rapitori. Ne sarebbe nato un conflitto a fuoco in cui sono rimasti vittime i due italiani.
La polizia locale ha riferito di un commando composto da 6 persone che hanno assalto il convoglio del World Food Programme. Il primo mezzo era proprio quello con a bordo Attanasio e Iacovacci. Il gruppo, secondo quanto emerso, viaggiava senza scorta e con mezzi non blindati. Nella sua informativa alla Camera, proprio su questo punto il ministro degli Esteri, Luigi di Maio, ha chiarito che il viaggio a Goma di Attanasio era in carico all’Onu “su invito del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, per visitare i campi di intervento umanitario, in particolare un programma alimentare per le scuole, nel Nord e Sud Kivu e per svolgere una missione consolare nelle città di Goma e Bukavu, dove si contano circa un centinaio di connazionali”.
“Quanto è successo – ha aggiunto – ha evidenziato ancora una volta il tema della sicurezza di alcuni Paesi in cui operano i nostri diplomatici e militari. La Farnesina, a livello interno, nell’ambito delle costanti attività di prevenzione e mitigazione del rischio per il personale diplomatico-consolare all’estero, classifica la Repubblica Democratica del Congo in terza fascia di rischio (su 4). Ciò denota un livello di minaccia alto. La sicurezza dell’ambasciata a Kinshasa è assicurata da due carabinieri in missione quadriennale, ai quali si aggiungono due carabinieri in missione di tutela che si alternano regolarmente per periodi di 180 giorni. Il carabiniere Vittorio Iacovacci rientrava in questa seconda tipologia e per questo aveva accompagnato l’ambasciatore nella missione Onu a Goma e aveva con se’ la pistola di ordinanza”.
E proprio sulla scorta, il titolare della Farnesina ha sottolineato: “Vorrei anche chiarire che Kinshasa e Goma sono distanti circa 2.500 km. L’ambasciatore e il carabiniere si sono quindi affidati al protocollo delle Nazioni Unite, che li ha presi in carico, fin da Kinshasa, su un aereo della missione Onu Monusco, per il viaggio fino a Goma”.
Ma individuare i responsabili potrebbe non essere facile. Non è escluso, a priori un coinvolgimento degli integralisti di Boko Haram, alleati con lo Stato Islamico, che, proprio nel Paese africano, mantengono cellule attive. Si stima, infatti, che siano attive oltre 100 milizie nella regione del Congo nord orientale, un’area definita a rischio sicurezza, dove dal 2019 è operativo anche un gruppo affiliato al sedicente Stato islamico (Isis). Le milizie delle Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda (Fdlr-Foca), principale gruppo residuo di ribelli ruandesi di etnia Hutu, conosciuti per il genocidio in Ruanda, hanno negato ogni responsabilità nell’attacco. Il gruppo, nell’immediato, era stato indicato dal governo congolese come autore dell’assalto e del duplice omicidio. Ma in una nota video, Fdlr ha respinto le accuse chiedendo che vengano individuati i responsabili.
L’intenzione del commando era quella di rapire l’alto diplomatico italiano in Congo?
L’obiettivo del commando che ha agito, forse, era proprio l’ambasciatore sembra. Sequestrare un mezzo, all’interno di un convoglio che viaggiava senza scorta, composto da tre persone di cui una alla guida, magari dopo averlo abbattuto con un colpo solo, non dovrebbe creare molti problemi a 6 uomini armati e avvezzi a combattere, armi alla mano, quotidianamente. Eppure, ironia della sorte, proprio nel momento in cui venivano raggiunti dai Rangers e dalle forze locali in soccorso, avrebbero sparato al Carabiniere, circostanza nella quale anche l’ambasciatore è rimasto ucciso. Cui prodest? Che politica stava sostenendo il nostro ambasciatore all’interno della missione Onu denominata “Monusco”, per la stabilizzazione della Repubblica del Congo e all’interno del Programma alimentare mondiale?
Sono troppi gli interessi che gravitano sul Congo intero, ma soprattutto sulla zona teatro dell’evento, ritenuta ricca di petrolio e con giacimenti interni al Parco Virunga, patrimonio dell’umanità e quindi non sfruttabili a meno di una riperimetrazione dello stesso.
Tutto questo potrebbe anche innescare futuri possibili “attentati” in diversi luoghi del mondo, sempre utili a riattualizzare e rimettere in moto movimenti e dinamiche, di pensiero e di denaro, rimasti sopiti nell’ormai lungo periodo della pandemia.