C’è attesa per l’assemblea del Parlamento europeo in sessione plenaria di martedì prossimo alle ore 15, che dovrà stabilire la linea di Bruxelles in merito al conflitto israelo-palestinese, considerato lo stato di assedio a cui lo Stato ebraico è sottoposto da anni e dai rischi derivanti dall’apertura di più fronti di minaccia che mettono a serio rischio la stessa esistenza di Israele.
Mentre Israele è sotto un bombardamento ininterrotto da giorni per mano dei terroristi filo-palestinesi, l’Europa si scuote dal torpore e indice un’assemblea del Parlamento dell’Ue per pronunciarsi in merito a una risoluzione, il cui testo non è ancora stato diffuso, alla grave crisi in atto in Medio Oriente.
Slovenia, Austria e Repubblica Ceca hanno già espresso la loro vicinanza al popolo ebraico innalzando le bandiere israeliane su edifici pubblici e numerose sono state le manifestazioni spontanee di solidarietà ricevute dal Governo a guida Netanyahu.
Grecia e Francia hanno bloccato sul nascere le manifestazioni pro-palestina convocate da gruppuscoli di estrema sinistra e dalle comunità arabe immigrate.
In Italia, invece, a Milano si sono radunati di poche centinaia di esaltati che, infrangendo tutte le regole anti-Covid e quelle dell’ordine pubblico, si sono radunati per dare fuoco a bandiere con la Stella di David e sfogare la rabbia repressa urlando slogan anti-semiti.
Questo, dunque, è il contesto con cui si andrà in aula a Bruxelles martedì prossimo. Forse l’Europa ha ancora poca consapevolezza sulla realtà dei fatti e sulle conseguenze di una politica filo-araba che tende progressivamente a fare breccia soprattutto nel campo del settore imprenditoriale europeo, in piena crisi da pandemia di Coronavirus, nella speranza che le laute elargizioni qatariote o saudite possano contribuire a riempire le tasche di pochi, abbandonando i cittadini europei a un destino di sostituzione etnica e culturale già più volte palesatasi negli ultimi anni.
Sono poche le forze politiche, tutte di centro-destra, che si schierano apertamente contro il terrorismo dei filo-palestinesi ed in favore di Israele, che al momento è l’unico baluardo di democrazia in tutto il Medio Oriente e testa di ponte dell’Occidente in una regione instabile attraversata storicamente da aspri conflitti politico-confessionale.
Ma le ragioni di una tale ritrosia a riconoscere le motivazioni di un conflitto più che decennale e a condannare il terrorismo, dapprima filo-arabo e successivamente pseudo religioso, non è cosa da tutti. Ovvia la constatazione che in un’Europa dai confini colabrodo e con un continuo flusso migratorio clandestino, si ritenga opportuno un atteggiamento assai cauto per il rischio dell’esplosione di focolai di rivolta se non apertamente terroristici. Ma questo non giustifica l’isolamento che grava su Israele, abbandonato a se stesso dall’intero Occidente e sostenuto blandamente solo dalla nuova amministrazione Usa, che “democraticamente” ha incrinato un’alleanza storica con Gerusalemme.
Alla manifestazione tenutasi nei giorni scorsi presso il Portico di Ottavia, presso il tempio ebraico di Roma, si è riscontrata un’ampia partecipazione popolare alla quale si è aggiunta quella di alcuni esponenti politici. Tra questi, i primi ad aderire alla “veglia per Israele” indetta dal presidente della Comunità ebraica romana, Ruth Dureghello, Matteo Salvini e Antonio Tajani. A questi si sono progressivamente aggiunti alcuni parlamentari della sinistra, da Enrico Letta a Maria Elena Boschi da Roberta Pinotti a Carlo Calenda. Verrebbe da dire che, mentre la partecipazione di Tajani e Salvini è parsa spontanea viste le dichiarazioni pro-Israele arrivate già dai giorni precedenti all’evento, quella dei rappresentanti della sinistra è sembrata spinta dal desiderio di esserci in prossimità delle elezioni romane. Questo anche in considerazione dei pareri di senso opposto, cioè pro-palestina, espressi in tempi non lontani e dalle posizioni politiche portate nelle aule parlamentari, tutte indistintamente “di ferma condanna” per la violenza dello Stato di Israele contro i poveri reietti palestinesi. Il solo Calenda, al Ghetto, ha inteso esprimersi a favore non solo delle intenzioni meramente difensive di Gerusalemme, ma anche di apprezzamento per le politiche praticate da Israele sino dalla sua nascita quale entità statuale.