Ha destato molto scalpore locale il disegno di legge, approvato di recente dal Knesset (Parlamento israeliano), concernente le limitazioni sui confini marittimi di Israele con il Libano. Il disegno di legge non è per niente piaciuto ai libanesi, tanto che un quotidiano locale l’avrebbe definita una vera è propria dichiarazione di guerra e dunque un attacco alla sovranità dello stesso Libano.
Il levantino (area così denominata da taluni geologi all’indomani della scoperta nel 2010) sarebbe una regione di 860 chilometri quadrati tra Libano e Israele e che, quest’ultimo, cercherebbe di annettere. Si tratta di una zona ricca di riserve di gas naturale. Israele ha di recente sollecitato le Nazioni Unite e gli Stati Uniti a fare pressione sul Libano, sostenendo che le esplorazioni gestite da Beirut per il gas naturale sarebbero contro le leggi internazionali. Queste ultime, infatti, sarebbero iniziate già all’indomani dell’insediamento del nuovo governo libanese, a fine 2016. Il giacimento fu scoperto a fine 2010, e fu proprio Israele a trovarlo nella sua zona economica esclusiva denominata Zee, a 84 miglia ad ovest del porto di Haifa e a tre miglia di profondità .
Nel solo 2010, secondo alcuni dati, il Paese avrebbe importato circa 120.000 barili al giorno di prodotti petroliferi raffinati, che rappresenterebbero il quasi 100 per cento della domanda totale di energia primaria. La regione contesa può contenere potenzialmente significative risorse di idrocarburi data la sua posizione.
Sono tre le società energetiche israeliane, in collaborazione con la già nota Noble Energy ( Stati Uniti ), che avrebbero stimato i 15 miliardi di metri cubi di gas che la zona conterebbe. Se così fosse nell’area contesa ci sarebbero riserve sufficienti a soddisfare le necessità dello Stato di Israele per quasi un secolo e pertanto garantirebbe la tanto auspicata autosufficienza energetica.