“Credo che durante la campagna elettorale Trump avesse dimostrato delle aperture che ritenevo essere molto interessanti. Poi c’è stata tutta la querelle concernente l’influenza Russa durante la sua campagna elettorale, con le dimissioni di Michael Flynn, per cui c’è ancora un’ indagine in atto da parte della Fbi e del Congresso, atta a verificare quale sia stata l’influenza della Russia nelle elezioni Americane”. A sostenerlo Lamberto Dini, ex presidente del Consiglio, ministro del Tesoro, di Grazia e Giustizia e degli Affari Esteri, parlando con Ofcs.report.
Presidente, quali sono stati fino a ora i lati positivi e quelli negativi dei provvedimenti presi dal presidente Trump nell’ambito della sua politica estera?
“Ma guardi a mio parere le iniziative prese, al di là di quelle annunciate, sono frutto di improvvisazione da parte di una Presidenza che non ha esperienza di governo, né evidentemente di relazioni internazionali. Pertanto, non possono essere considerate molto positive. Mi domando, ad esempio, se si pensa al nuovo atteggiamento sulla Siria, mutando posizione e sostenendo, attualmente, che Bashar al Assad sia un “ostacolo alla pace” e dunque dovrebbe essere rimosso. O ancora la messa in guardia contro la Corea del Nord, visto che la Casa Bianca sostiene che ‘tutte le opzioni sono sul tavolo’. Non credo che tutte le opzioni siano sul tavolo, perché bombardare per esempio il Nord Corea sarebbe un disastro anche per la Corea del Sud. Non è pensabile che con un bombardamento si possano annientare tutti gli ordigni militari in possesso di Kim Jong-un. Se questo fosse, dunque, un segnale da parte della Casa Bianca che serva a convincere il presidente Nord Coreano a smetterla con gli esperimenti nucleari, sarebbe sicuramente accettabile, ma non significa, nel contempo, che tutte le opzioni siano valide. Del resto gli Stati Uniti non possono attaccare un paese sovrano solo perché questo venga considerato come minaccia o non minaccia alla propria sicurezza. Dov’ è la legittimità di tale azione?”.
Al principio del suo mandato, il Presidente Trump ha fatto pensare davvero a un importante evoluzione delle nuove relazioni tra Mosca e Washington. Ma nelle ultime settimane c’è stato un passo indietro, in seguito all’intervento americano in Siria. Secondo Lei Trump riuscirà a ricucire questi rapporti?
“Credo che durante la campagna elettorale Trump avesse dimostrato delle aperture che ritenevo essere molto interessanti. Poi c’è stata tutta la querelle concernente l’influenza Russa durante la sua campagna elettorale, con le dimissioni di Michael Flynn, per cui c’è ancora un’indagine in atto da parte della Fbi e del Congresso, atta a verificare quale sia stata l’influenza della Russia nelle elezioni Americane. Tutto ciò ha naturalmente raffreddato il Presidente Trump, modificando probabilmente l’intento di instaurare nuovi rapporti con Mosca. Di seguito è arrivata la questione della Siria che rappresenta un ulteriore passo indietro e mi domando tuttavia, questi cambiamenti a cosa siano dovuti? Sono dovuti ai Repubblicani più conservatoti nel Congresso come il Senatore McCain? Oppure a cercare di guadagnare un pò di consensi all’interno? Questo è difficile a dirsi, ma è più probabile che queste iniziative estere, sia in Corea del Nord che in Siria, potrebbero far rimontare consensi al Presidente”.
La precedente amministrazione Obama fu a suo tempo criticata per aver considerato la Russia una potenza regionale piuttosto che mondiale. Non crede che il Presidente Trump, nelle ultime settimane, abbia sottovalutato il ruolo miliare che la stessa acquisisce sempre più nella politica estera?
“Guardi, io credo che il Presidente Obama fece un grande errore a fare quella dichiarazione, sostenendo che la Russia fosse solo una potenza regionale, con un’economia demodé. Questo creò grande agitazione a Mosca, in particolar modo, rafforzando i sentimenti nazionalistici nel paese. Poi è arrivato Trump in campagna elettorale, sostenendo l’importanza di stabilire nuovi rapporti con la Russia. E inoltre, si pensi all’Ucraina, Trump sostenne che poteva anche eliminare le sanzioni contro la Russia e considerare la Crimea come parte della Russia, come è sempre stata fino al 1956, quando l’allora leader sovietico Krusciov la cedette all’Ucraina, per celebrare i 300 anni dell’unione fra i due paesi. C’erano queste intenzioni sicuramente, gli eventi recenti hanno creato tensione, credo ci vorrà diverso tempo affinché il Presidente possa riportare i rapporti nella direzione che aveva annunciato nella campagna elettorale”.
A proposito di Ucraina, lo scorso febbraio Trump avrebbe mostrato le sue aspettative su una de-escalation della violenza in Ucraina e la restituzione della Crimea. Cosa pensa a riguardo?
“Qui ci sono gli accordi di Minsk, entrambe le parti sostengono che è l’altra parte che li disattende. Il punto cruciale è che non ci può essere una soluzione alla crisi ucraina senza una partecipazione forte e attiva della Russia. Questo è il punto. Sarà cosi, non solo per le popolazioni nelle province di lingua russa o russe, prevalentemente, ma anche per le importanti relazioni commerciali che la Russia ha con l’ Ucraina. L’Ucraina ha sempre orientato le sue miliari relazioni commerciali verso la Russia. La Russia vorrebbe una federazione di Stati in Ucraina nel sud- ovest, con una forte autonomia rispetto al potere centrale. Questa è, tuttavia, l’opinione di Putin. Queste cose devono essere comunque negoziate, è da sottolineare che il governo Ucraino continua a guardare a Occidente piuttosto che a Oriente. Questo perché continua ad essere sovvenzionato dagli Usa e forse anche dall’Europa”.
La scorsa settimana Trump ha comunicato alla stampa di aver chiesto al presidente cinese di risolvere la crisi americana con il Nord Corea. Ove questo fosse coronato da successo, gli accordi commerciali tra il suo paese e la Cina verrebbero di gran lunga raddoppiati. Secondo lei la Cina sarà un intermediario di successo?
“Ma guardi, io non credo che possano essere le concessioni commerciali a fare cambiare la politica di Pechino nei riguardi della Corea del Nord, considerato un paese comunista e quindi con un’economia di Stato, come in parte quella della Cina. La Corea del Nord è un vicino molto scomodo, il timore è sempre stato quello dei cinesi di tenere a bada un governo verso cui le importazioni di petrolio fanno funzionare la propria economia. Inoltre, la Cina teme sempre che una caduta di quel regime, dovuta ad una rivolta all’interno, potrebbe causare un forte flusso di nord coreani all’interno del territorio cinese. Questa è sempre stata una delle forti preoccupazioni, però non significa che la politica di appoggio della Cina alla Corea del nord sia immutabile. Ci sono personalità ad esempio, oggi ne parlavano anche i giornali stranieri, come storici cinesi che pensano che la Corea del Nord sia una palla al piede e che in futuro il vero Paese con cui stabilire buone relazioni sia la Corea del Sud. Ci sono opinioni diverse anche all’interno della Cina, pertanto dico che la politica di sostegno incondizionato alla Corea del Nord non è immutabile. Tuttavia, non saranno le ulteriori concessioni commerciali offerte dal Presidente Trump a determinare l’atteggiamento della Cina”.
Crede che Trump potrebbe, durante il suo mandato, finire per dissociarsi completamente dalla Nato?
“Assolutamente no. I paesi europei e gli alleati della Nato dovrebbero così aumentare le proprie spese di difesa ovvero contribuire maggiormente ed eventualmente, alle operazioni militari in cui la Nato potrebbe essere chiamata a svolgere. Quando lei mi parla di dissociare dalla Nato significherebbe anche dall’ Europa. Penso proprio di no. Pensi che recentemente il generale Mattis, Segretario della difesa, ha definito la Nato “ l’alleanza militare di maggior successo nella storia del mondo moderno “. “ The most successful military alliance in modern world history”. Se questa è la posizione del ministro della Difesa, non vedo come la presidenza dovrebbe dissociarsi, naturalmente sarebbe un grande errore. Come sarebbe un grande errore se gli Stati Uniti assumessero un atteggiamento diverso nei confronti dell’ Unione Europea”.
Ecco, e per quanto concerne invece le relazioni tra gli Stati Uniti e Europa, secondo lei la politica nei confronti dell’Europa sarà un proseguimento di quella politica prevista dalla dottrina Monroe?
“Ma niente affatto. Anche la Casa bianca che è nuova in un certo senso, piano piano si renderà conto che l’Unione Europea è un’unione di nazioni democratiche che condividono gli stessi valori degli Stati Uniti e che sono il principale “alleato” di essi. Un’unione di 450 milioni di persone, legati anche attraverso l’alleanza Nato di cui parlavamo un momento fa”.