Torturato e decapitato in sette minuti. Sarebbe morto così Jamal Khashoggi, il giornalista saudita scomparso a Istanbul il 2 ottobre scorso. La notizia è stata fatta trapelare dalla Turchia che attraverso il portale Middle East Eye e poi sul quotidiano turco Yeni Shafak, vicino al governo, ha diffuso il contenuto di un audio e alcune informazioni sulla dinamica di quello che, a questo punto, si configurerebbe come un omicidio.
L’omicidio dentro il consolato saudita a Istanbul
Stando a quanto emerso, Khashoggi sarebbe entrato il 2 ottobre, giorno della sua sparizione, nella sede del consolato saudita a Istanbul. Ad attenderlo ben 15 persone, arrivate poco prima dall’Arabia Saudita e ripartite quasi tutte nel pomeriggio dopo i fatti, che avrebbero torturato e ucciso il giornalista del Washington Post. Nell’audio che le autorità turche dicono di possedere, si sentirebbe la voce del console, Mohammed al-Otaibi, che ha lasciato la Turchia martedì, poco prima che gli inquirenti iniziassero un’ispezione della sua residenza, chiedere a qualcuno di “sbrigare la faccenda fuori dal consolato” per evitargli problemi. Khashoggi sarebbe stato ucciso e sezionato sulla scrivania stessa del diplomatico, fatto a pezzi da mani sapienti e nello specifico da quelle di Muhammed al Tubaigy, un esperto anatomopatologo arrivato a Istanbul con i 15 uomini ritornati a Riad dopo qualche ora dall’accaduto. La dinamica dell’omicidio del giornalista si sarebbe sviluppata in 7 minuti e la fonte del Middle East Eye ha riferito che alcuni testimoni, presenti al piano inferiore dell’edificio, avrebbe sentito urla terribili provenire dalle stanze superiori. Riad ovviamente nega l’omicidio, si dice pronta a collaborare con le indagini dopo aver comunicato l’avvenuta rimozione del suo console a Istanbul, Mohammed al-Otaibi, nei cui confronti è stata aperta un’inchiesta.
Una vicenda che interessa da vicino l’America
Dopo giorni di mistero, dunque, emergono novità su una vicenda che interessa da vicino l’America. Il presidente, Donald Trump, è sceso in campo per difendere il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman sostenendo che ha ricevuto lo stesso trattamento del giudice della Corte Suprema Brett Kavanaugh, sottoposto a un lungo linciaggio mediatico non avvalorato da prove certe. “Ci siamo di nuovo. Sei colpevole finché non viene provato che sei innocente”, ha detto il Tycoon in una intervista alla Associated Press.
Intanto, Mike Pompeo, il segretario di Stato americano, è volato prima a Riad e da lì ad Ankara per affrontare la vicenda, sia con il principe Saudita che con Erdogan. L’imbarazzo di Riad, per una vicenda che mette in discussioni le riforme che bin Salman sta cercando di attuare nel paese, è notevole. Ma gli Usa puntano a non perdere la collaborazione con il Paese in vista delle sanzioni all’Iran che dovrebbero partire il 4 novembre prossimo.
Jamal Khashoggi, descritto dal mainstream come un dissidente, pare non amasse questa definizione. Alcuni colleghi, parlando all’emittente curda ‘Rudaw, hanno spiegato che Khashoggi era critico nei confronti di alcune scelte governative, ma si riteneva un patriota e quindi la sua posizione a volte era favorevole e altre contraria alle politiche di Riad.