La scorsa settimana l’emittente televisiva saudita al-Arabiya ha riferito che i Fratelli Musulmani starebbero trasferendo alcuni dei propri leader dalla Turchia all’Afghanistan. Una voce che, almeno per il momento, non ha ancora trovato conferme ufficiali.
Amjad Taha, direttore regionale del British Middle East Center for Studies and Research, ha riferito che seppur plausibilissimo, allo stato attuale si tratterebbe di casi limitati.
La notizia non va però sottovalutata in quanto potrebbe rientrare in una più ampia e scaltra strategia messa in atto dalla Turchia in concomitanza con il riavvicinamento, ancora limitato, nei confronti dell’Egitto, come evidenziato da Michael Barak del Moshe Dayan Center di Tel Aviv, secondo cui Erdogan ha mostrato alcuni segnali di distensione con il Cairo prevalentemente per non entrare in collisione con l’amministrazione Biden.
In realtà, le probabilità che Erdogan sia disposto a far smantellare la vasta rete creata dalla Fratellanza in territorio turco a partire dal luglio 2013 (quando molti leader dell’organizzazione islamista radicale fuggirono dall’Egitto e trovarono rifugio in Turchia) sono veramente poche.
Le tre emittenti in lingua araba legate alla Fratellanza che diffondono propaganda contro il presidente egiziano Abdelfattah al-Sisi dal territorio turco hanno continuato ad operare nonostante la notizia, nel marzo scorso, di un presunto divieto da parte di Erdogan di attaccare il Cairo; divieto apparso però come limitato e di brevissima durata. Ibrahim Mounir, leader della Fratellanza, attualmente rifugiato in Gran Bretagna, ha reso noto che non vi è stato alcun divieto imposto da Ankara, ma soltanto la richiesta di un adeguamento alle leggi dello Stato per quanto riguarda la comunicazione.
E’ bene tener presente che il partito islamista turco AKP, attualmente al potere, è di fatto espressione ideologica della Fratellanza e intrattiene rapporti con i massimi dirigenti dell’organizzazione islamista. Non a caso la Turchia è diventata rifugio sicuro per i leader della Fratellanza in fuga dall’Egitto e per alcuni esponenti di Hamas, diversi dei quali hanno anche ottenuto la cittadinanza turca (che permette tra l’altro di evitare eventuali estradizioni).
Il rapporto tra AKP e Fratellanza è profondamente radicato ed è dunque difficile credere che Erdogan sia improvvisamente disposto a liberarsi di eventuali ospiti scomodi per compiacere al-Sisi e Biden, tanto più che il leader turco ha ancora bisogno di presentarsi come il paladino dei musulmani a livello globale, sia sul piano internazionale, ma soprattutto su quello interno dove il dissenso nei suoi confronti sarebbe in rapido aumento a causa di tutta una serie di fattori tra cui la pesante crisi economica post-Covid, le spese militari folli per sostenere gruppi armati in Siria e Libia, la repressione nei confronti del movimento femminista, di quello LGBT e dei media. Erdogan non può dunque fare a meno della Fratellanza per rafforzare o quanto meno mantenere la sua influenza regionale e il suo sostegno interno.
Tornando alla questione Afghanistan, al momento è prematuro anche solo effettuare ipotesi su eventuali trasferimenti dei leader della Fratellanza, ma è bene tener presente che il ritiro delle truppe statunitensi causerà una riconquista del Paese da parte dei Talebani, cosa che di fatto sta già avvenendo e il Paese centro-asiatico potrebbe tornare ad essere un porto sicuro per l’estremismo islamista e il jihadismo.
Difficile immaginare un esodo dei leader della Fratellanza verso Kabul. Piuttosto, in caso di un repentino e per ora utopico cambio di linea di Erdogan, sarebbe più logico pensare all’Iran come eventuale possibile meta, ma allo stato attuale si tratta soltanto di speculazioni.
La Fratellanza in Europa
In Europa invece la situazione relativa ai Fratelli Musulmani comincia a mostrare segnali interessanti; dopo le già note e ripetute prese di posizione del presidente francese Macron contro l’Islam politico della Fratellanza, da egli definito come “Islam separatista”, ad inizio luglio è stato il governo austriaco il primo in Europa a prendere drastiche misure contro la Fratellanza, mettendola di fatto al bando. In seguito all’attentato di Vienna dello scorso 2 novembre, le autorità locali avevano già lanciato una serie di operazioni di polizia contro obiettivi di Hamas e della Fratellanza attivi in territorio austriaco.
In Belgio è invece finita al centro dei riflettori la 36enne belga di origini marocchine Ihsane Haouache, nominata a inizio giugno 2021 commissario di governo per l’Istituto dell’uguaglianza di genere e costretta a dimettersi un mese dopo in seguito all’emergere di un rapporto dell’intelligence che la indica come legata ai Fratelli Musulmani.
E’ bene inoltre ricordare il rapporto del senato francese emerso a fine 2020 che descrive i Fratelli Musulmani come il più problematico gruppo islamista attivo in Francia e mette in evidenza come il Ministero degli Affari Religiosi turco (il Diyanet) si occupi dell’indottrinamento della metà degli imam stranieri attivi in Francia nonostante i turchi rappresentino a malapena il 5% della popolazione.
Sembra quindi che la situazione della Fratellanza in Europa inizi, seppur lentamente, a complicarsi, così come il progetto di sdoganamento in ambito politico europeo da parte di quell’estremismo islamista che per tanto tempo ha cercato di spacciarsi come “moderato”. Un problema che ovviamente investe anche il vasto apparato propagandistico-religioso turco in Europa, tramite l’organizzazione Mili Gorus e il Diyanet.
E’ indubbio che la via verso l’eventuale messa al bando della Fratellanza in Europa sia ancora lunga, anche perché vi sono Paesi come Italia, Germania e Gran Bretagna che sono ben lontani da tali posizioni.
L’Italia, oltre ad aver fornito supporto d’intelligence al governo filo-turco di Tripoli, aveva anche sospeso i rifornimenti di armi agli Emirati, tra i primi Paesi ad inserire la Fratellanza nella black list delle organizzazioni terroriste, giustificando la mossa con l’utilizzo di tali armamenti nel conflitto in Yemen. Una presa di posizione che ha messo seriamente in crisi i rapporti tra Roma ed Abu Dhabi costringendo il governo Draghi ad intervenire repentinamente per sbloccare le forniture.
La Germania dal canto suo mantiene da decenni rapporti privilegiati con Ankara e con i turchi che rappresentano la più grande comunità straniera del Paese; la situazione non è dunque di facile gestione per Berlino, nonostante che la Mili Gorus sia già finita in un rapporto dell’intelligence.
Per quanto riguarda la Gran Bretagna, è da decenni rifugio europeo della Fratellanza e non è certo un caso che la sua “Guida Suprema”, Ibrahim Mounir, si trovi a Londra. Non solo, perché la Gran Bretagna ha negli anni concesso ospitalità ed ampio spazio di predica a personaggi come Abu Hamza al-Masri, Abu Qatada ed Anjem Choudary, quest’ultimo, dopo una pena detentiva di cinque anni e mezzo per propaganda filo-Isis, vedrà rimosso il divieto di tenere sermoni proprio a partire dalla mezzanotte di oggi, 18 luglio. Una decisione che non può non destare serie preoccupazioni.