Nella Striscia di Gaza la tensione è palpabile dopo la visita del presidente degli Stati Uniti in Israele ed il suo incontro con il leader dell’Anp, Abu Mazen. Il dato palese che emerge dai colloqui intercorsi tra Biden e Yair Lapid, nella capitale Gerusalemme, è una sostanziale conferma dell’appoggio politico-militare degli Usa allo Stato ebraico, sia nel sostegno tra gli scranni dell’assemblea dell’Onu, sempre pronta a condannare le politiche di sicurezza attiva israeliane contro il terrorismo palestinese, sia soprattutto in chiave anti-iraniana.
A seguito della “Dichiarazione di Gerusalemme” stilata al termine dell’incontro al vertice tra i due capi di Stato, Hamas ha espresso l’intenzione di rafforzare i suoi legami con Russia, Cina e Iran per impedire il tentativo del presidente Biden di riportare gli Stati Uniti in Medio Oriente. Inoltre, il leader Ismail Hanyeh ha manifestato la volontà di rinsaldare i rapporti anche con il presidente siriano Bashar al Assad, allo scopo di ottenere aiuti economici e militari per le cellule di Hamas presenti ed operanti in Cisgiordania e per poter operare dalle zone di confine siriane verso Israele.
L’Anp è in crisi di consensi ma è ancora politicamente attiva dal Libano alla Cisgiordania, seppur in contrasto proprio con le organizzazioni terroristiche di Hamas e della Jihad islamica che hanno il predominio su Gaza e gli insediamenti di Jenin, Nablus e Ramallah.Una crisi alimentata anche dal sostanziale fallimento dell’incontro con Biden che ha visto negare ad Abu Mazen tutte le richieste, peraltro inaccettabili, che il presidente dell’Anp aveva presentato al presidente Usa, rimaste lettera morta.
Tuttavia, un’altra mossa di Hamas, quasi inedita, è rappresentata dalla volontà di stringere un’alleanza politica con l’Anp, in vista delle elezioni che si terranno nel novembre prossimo nel tentativo di allargare un fronte comune contro Israele insieme alla Jihad islamica e ai gruppi minoritari che operano a fianco di Hamas.
In parallelo alle attività strettamente politiche, l’altro leader di Hamas, Yahia Sinwar, continua nella sua attività di propaganda di reclutamento e favoreggiamento di minorenni, soprattutto provenienti da Jenin, indottrinandoli nel compiere attacchi delocalizzati con armi da taglio in danno di israeliani a Gerusalemme. Le famiglie dei ragazzi utilizzati per le azioni, nel caso di fallimento con conseguente decesso dei minori, riceverebbero laute somme a compensazione della perdita dei loro cari.
In effetti, proprio nell’ultima settimana si è assistito ad una recrudescenza degli attacchi compiuti a Gerusalemme da lupi solitari. Azioni limitate che, peraltro, hanno portato al ferimento e al successivo arresto degli autori, anche in considerazione del livello di guardia che le autorità israeliane hanno innalzato proprio a seguito dell’acquisizione dei segnali d’allarme provenienti dagli ambienti palestinesi.
Ma i piani di Hamas non si fermano alla sola Gerusalemme
L’organizzazione terroristica, infatti, avrebbe stabilito una grossa base a Gaza per compiere attacchi dal mare verso le piattaforme estrattive israeliane offshore, in collaborazione con elementi della Guardia repubblicana iraniana e di Hezbollah. Questo anche successivamente alla richiesta russa di intensificare le azioni contro gli impianti di Israele per rallentare la produzione da esportare in Europa per scongiurare forniture alternative che possano sostituire quelle interrotte dalla Russia verso i Paesi occidentali.
È, quindi, possibile che l’opzione degli attacchi via mare sia stata selezionata dopo gli ultimi recenti fallimenti delle azioni con i droni contro la piattaforma di Karish compiute dagli Hezbollah libanesi nel mese di giugno.
Da parte israeliana, l’Ids prepara i piani per un attacco preventivo contro Hezbollah in Libano. Alcuni alti ufficiali vorrebbero lanciare un assalto contro l’arsenale di Hezbollah di razzi e droni se il gruppo dovesse reiterare le azioni provocatorie per la disputa in corso sul giacimento di gas.
Tra i target selezionati ci sono siti di Hezbollah in Siria e avamposti al confine con il Libano, anche se fonti dell’esercito di Gerusalemme, sottolineano che le possibili azioni avranno carattere limitato, non traducendosi in uno scontro aperto protratto nel tempo.
Un’azione chirurgica, infatti, rappresenterebbe un’opportunità per l’IDF di colpire duramente Hezbollah prima che rinforzi le sue difese aeree con l’aiuto dell’Iran e quello auspicato della Siria.