Il Belgio, nazione che ospita le sedi del governo dell’Unione Europea, presenta numerose caratteristiche peculiari che rendono il Paese fiammingo una sorta di roccaforte dell’Islam salafita nel Continente.
A Bruxelles, nel 1999, per iniziativa di Redouane Ahrouch, musulmano sciita immigrato nel Paese all’inizio degli anni ’90, nasce il partito islamista Noor, che tenta la scalata alle consultazioni elettorali delle municipalità. Il tentativo fallisce miseramente ma, dopo vari tentativi di ottenere una rappresentanza presso le amministrazioni comunali del Paese fiammingo, nel 2012 la formazione cambia nome e in buona parte programma, diventando il Partito Islam, anche acronimo per “Integrity, Solidarity, Liberty, Authenticity, Morality”. Sempre sotto la guida di Ahrouch, gli islamisti in poco tempo ottengono l’elezione di due rappresentanti nelle amministrazioni comunali, pur non riscuotendo il successo auspicato dai vertici della formazione politica.
L’ideologia propagandata dal partito islamico ricalca quella di altre formazioni islamiste, basate sull’indivisibilità del credo religioso dal fattore politico e perseguendo l’ideale dell’imposizione della Sha’aria anche ai non credenti. Per molteplici aspetti si avvicina ai classici partiti iraniani e, proprio dal regime di Teheran, riceve finanziamenti tramite le Legazioni presenti in Belgio.
Il presidente del Partito, Abdelhay Bakkali Tahiri, in diverse occasioni ha rilasciato interviste nelle quali ha candidamente manifestato i suoi obiettivi: instaurazione della Sha’aria, “segregazione delle donne” nei mezzi di trasporto pubblico (per proteggerle…), reintroduzione della pena di morte.
Secondo le recenti dichiarazione, Tahiri ha affermato: “Abbiamo tutto il diritto di imporre la Sha’aria qui in Belgio, nel modo che vogliamo”. Un modo come un altro per imporre un processo di islamizzazione dal basso già adottato nel corso degli ultimi 30 anni dal Maghreb alla Cecenia divenuti precursori di ideologie fortemente caratterizzate dal credo salafita.
Di pari passo vanno le dichiarazioni rese da Fouad Belkacem, già leader del gruppo “Sha’aria4Belgium”, di stampo palesemente salafita, propalazione dell’omonimo gruppo Sharia4UK sorto per iniziativa del noto imam islamista Omar Bakri Mohammad, che in diverse occasioni ha rincarando la dose parlando di un’applicazione letterale della Sha’aria con l’introduzione di pene corporali quali le amputazioni per i ladri, la lapidazione delle donne per adulterio e la condanna a morte per gli omosessuali.
Il gruppo, diffusosi in breve tempo in tutta Europa, si è reso protagonista di proclami inneggianti al Califfato che, nel caso di Sharia4Italy, hanno condotto all’arresto di Anas el-Abboubi, marocchino residente a Brescia, arrestato nel 2013 e, diciamolo pure, “ovviamente” scarcerato per insufficienza di gravi indizi di reità, quindi, da “innocente”, partito per la Siria per unirsi alle milizie dello Stato islamico, facendo così perdere le sue tracce.
Ma torniamo al presente. Il leader del partito islamico ha spesso illustrato alcune proposte del movimento. In effetti, al progetto non manca l’intenzione di segregare le donne nel trasporto pubblico, di propagandare gli alimenti “halal” e stimolare la predicazione finalizzata a nuove conversioni anche dei nativi. “Ci sono molte lamentele soprattutto riguardo alle molestie, quindi dovremmo mettere le donne in speciali autobus riservati”, conclude.
Il reclutamento nelle carceri nel rapporto dell’intelligence belga
Tutto questo mentre il Belgio affronta una “persistente minaccia terroristica” e una “ondata di jihadismo” anche in forza del persistente fenomeno della radicalizzazione in carcere, così come ribadito dalla più importante agenzia di intelligence del paese. Secondo il rapporto, il Paese al centro dell’Europa ha ora “una popolazione di detenuti in carcere mai vista prima per terrorismo” che rappresenta una minaccia mai più grande di “contagio”.
In più di un’occasione, peraltro, è stato volte colpito da attacchi rivendicati dallo Stato islamico, e, tra questi, gli attentati a Bruxelles nel marzo 2016 costati la vita a 32 civili e quello di Liegi con tre vittime. Inoltre, le cellule belghe, operavano in perfetta sinergia con quelle francesi, coinvolte a pieno titolo negli attentati di Parigi. Secondo i dati statistici forniti dal Ministero degli interni, la popolazione di fede islamica è in forte crescita e i principali agglomerati urbani, rischiano di divenire in un futuro prossimo, delle “palestre” di estremisti pronti ad imporre il loro credo.
Anche in questo caso, l’intelligence belga ha tenuto a sottolineare che coloro che lasceranno la prigione nei prossimi anni potrebbero innescare “una nuova ondata di estremismo jihadista nel nostro Paese”. Nel rapporto relativo al biennio 2017-2018, il servizio segreto civile belga ha osservato che il fenomeno della recidiva terroristica, è una costante tra la popolazione carceraria di credo islamico che ha innescato una pericolosa spirale di indottrinamento e reclutamento all’interno delle mura carcerarie.
Lo jihadista Benjamin Herman, autore dell’uccisione di due poliziotti ed una donna il 29 maggio 2018 a Liegi stava scontando una pena per reati comuni ed aveva usufruito di un permesso speciale. All’interno del penitenziario, era entrato in contatto con alcune leader del movimento jihadista belga, i tunisini Amor Sliti e Nizar Trabelsi, militanti di vecchia data del network di al Qaeda. In particolare Sliti, una volta riottenuta la libertà si era unito alle milizie dello Stato Islamico e Trabelsi venne, invece, estradato verso gli Usa per essere processato con l’accusa di aver pianificato azioni contro interessi americani in Europa.
A seguito dell’indottrinamento fornito dai due estremisti, Herman si era convertito all’Islam radicale e, proprio a seguito della sua adesione all’ideologia jihadista, appena avuta l’occasione aveva tentato di dimostrare la sua fedeltà al giuramento prestato entrando in azione a Liegi.
Il Belgio e i foreign fighter
In proporzione alla sua popolazione, il Belgio è stato una delle maggiori basi di partenza di combattenti in Siria, con oltre 400 unità nel solo anno 2012, mentre, altre statistiche evidenziano che i cittadini belgi che hanno aderito all’ISIS recandosi in Siria per la Jihad, sarebbero stimati in 800 unità e tra questi oltre la metà pare sia partita proprio dalla Molenbeek-Saint-Jean, una cittadina dell’hinterland di Bruxelles, anche rinominata “belgistan” con una popolazione costituita per il 35% da immigrati di origine araba. Proprio Molembeek era stato luogo di residenza di Salah Abdeslam, il co-autore degli attentati di Parigi, arrestato nella cittadina belga il 18 marzo 2016 dopo una lunga caccia da parte della polizia, quindi, estradato in Francia per essere processato per le stragi del novembre 2015.
A Molembeek vi sono una ventina di moschee censite e, tra queste, spicca quella “al Khalil”, nota per essere stata gestita da Bassam Ayachi, un predicatore-reclutatore siriano arrestato a Bari con Raphael Gendron con l’accusa di detenzione di materiale di propaganda jihadista. Una volta scarcerati si erano recati in Siria e arruolati il primo nelle fila di Jabhat al Nusra mentre Gendron tra i miliziani del Califfato. Quest’ultimo risulta deceduto in combattimento nel 2015 mentre l’ultima foto di Ayachi lo ritrasse con un Kalashnikov tra le braccia nel 2016.
Tra i soggetti unitisi allo Stato islamico, si ritiene che circa un terzo siano morti o rientrati mentre altri 150 sarebbero ancora attivi nei vari teatri siro-irakeni. Secondo i redattori del rapporto, l’implosione del Califfato non ha comunque comportato un massiccio ritorno dei combattenti europei, ma ha provocato una capillarizzazione delle cellule accorse in altri “territori della jihad”, dal Sinai alla Libia, così come dalla Somalia al Ciad.
La brigata Amniyat al-Kharji, la legione straniera dell’Isis
Ma tra i Foreign fighter “europei” rimasti fedeli al Califfo e sopravvissuti agli attacchi della coalizione occidentale, molti sarebbero stati concentrati in un’ennesima iniziativa dello Stato Islamico finalizzata al reclutamento ed alla perpetuazione della jihad.
Infatti, secondo fonti accreditate dell’antiterrorismo israeliano, in Siria ed Iraq opererebbero campi di addestramento creati ad hoc per la formazione di terroristi da impiegare in Europa. La brigata “Amniyat al-Kharji”, nata nel 2017 ma ricondizionata dopo la caduta del Califfato, è una struttura gerarchica altamente organizzata all’interno dell’Isis incaricata di selezionare ed addestrare agenti operativi per condurre operazioni terroristiche all’estero, con particolare riferimento al continente europeo.
Il modello organizzativo è liberamente ispirato dalle idee propagandate dal predicatore jihadista Abu Musab al Suri che incitava i miliziani a colpire il nemico con “qualsiasi mezzo ed a costo della propria vita” per provocare il maggior numero di vittime tra i miscredenti.
In questo modo è stato creato un ponte tra i militanti e l’organizzazione. I pianificatori virtuali consentono agli attori solitari di raggiungere gli obiettivi designati dall’Isis, richiedendo al contempo risorse minime dall’organizzazione e trasformando gli esecutori delle azioni in ambasciatori del marchio Isis provocando, nel contempo un effetto di terrore tra le fila “nemiche” e ampliando la risonanza mediatica dell’attacco.
L’addestramento delle reclute è finalizzato a due diversi propositi: selezionare la maggior parte degli adepti per creare delle vere e proprie macchine da guerra, con caratteristiche peculiari, indirizzate al compimento di attentati in Europa anche a costo della vita (cellule di inghimasi) mentre altri, ritenuti particolarmente ferrati in materia di “islamizzazione” e formati dalla propaganda, verrebbero impegnati nell’ampliamento del progetto jihadista tramite la radicalizzazione il reclutamento e l’addestramento di nuovi soggetti nel Continente europeo.
Un panorama che riconduce al Belgio in quanto Paese dove il fermento dell’Islam radicale è più marcato ed evidente, ma che induce a riflettere sul futuro di un allargamento a macchia d’olio del fenomeno in tutto il Continente. Italia compresa.