La ‘ndrangheta si sposta al Nord. Associazione mafiosa, concorso esterno, usura, estorsione, reati ambientali e reimpiego di capitali illeciti. Sono questi i reati contestati dalla Dda di Bologna nell’inchiesta Aemilia, che a gennaio 2015 portò a 117 arresti a Reggio Emilia. Erano uomini della ‘ndrangheta trapiantati in Calabria.
Torniamo a parlare di infiltrazioni mafiose all’interno dell’autotrasporto nella grande distribuzione. Continua la battaglia per la legalità da parte della presidente Cna-Fita, Cinzia Franchini.
Sono 224 le persone indagate nella maxi inchiesta ‘ndrangheta al Nord, molte delle quali accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso. Un’inchiesta che ha portato a galla quelli che l’accusa considera dei veri e propri radicamenti da parte di clan organizzati che facevano affari in Emilia, con riferimento alla casa madre di Cutro, in provincia di Crotone.
Per la prima volta l’Emilia Romagna costringe a sedere nel banco riservato agli imputati i boss, prestanome, imprenditori, politici, esponenti delle forze dell’ordine, giornalisti coinvolti a vario titolo nell’indagine sulla ‘ndrangheta calabrese al nord. Non era mai stato costruito un piano accusatorio così ccontro la cosca calabrese.
Il maxi processo inizia nel 2014 quando viene avviata l’indagine dalla direzione distrettuale di Bologna con l’accusa di scoprire l’operato di un’associazione mafiosa ‘ndranghetista radicata nel reggiano e legata alla costa Grande Anacri di Cutro in Calabria.
Nel 2015, Cinzia Franchini depone in commissione antimafia parlando dell’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali.
“Dal 2012 la Cna Fita ha messo in campo un’azione profonda di rinnovamento della classe dirigente – afferma la presidente – Il settore degli autotrasporti e logistica è il comparto economico più colpito dalla penetrazione dei capitali malavitosi”.
La prima udienza di dibattimento nell’aula del tribunale di Reggio Emilia inizia la mattina del 23 marzo 2016. Agli imputati vengono contestati, a vario titolo, i reati di estorsione, usura, danneggiamento, minacce, truffa, reati ambientali e reimpiego di denaro di provenienza illecita. In abbreviato ci sono già state 58 condanne in primo grado, numerose delle quali per reato di associazione mafiosa. Il dibattimento, iniziato da marzo del 2016, continuerà almeno per tutto il 2017, con due udienze a settimana.
Per ora sono 117 le persone raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare, nella quale viene contesta l’associazione a delinquere di tipo mafioso.
Adesso si sta cominciando ad entrare nel vivo del maxi processo Aemilia. Le prime rivelazioni provengono dal collaboratore Giuseppe Giglio, che dipinge l’autotrasporto come luogo prediletto per evasione sistematica, corruttela e riciclaggio di denaro sporco.
Giglio, definitosi “lo specialista delle fatture gonfiate”, così descrive al pubblico ministero il sistema: “Attraverso i pullman di linea, dal Nord i soldi, costituiti al 90% dai guadagni con le false fatture, arrivavano al Sud, dove venivano puliti tramite conoscenze in banche e in uffici postali. A quel punto i quattrini tornavano al Nord sempre con i pullman e venivano usati per prestiti ad usura, acquisti di alberghi, night ed investimenti in Algeria”.
L’ultimo aggiornamento del processo risale a un paio di mesi fa. Al dibattimento sulla ‘ndrangheta in Emilia un imputato ha letto in aula un testo: chiedeva un controllo giudiziario sulle cronache e la possibilità di svolgere le prossime udienze a porte chiuse. La richiesta è stata rigettata. Così il dibattimento va avanti pubblicamente, con due udienze a settimana che porteranno alla fine, prima o poi, del maxi processo.