Aumenta il rischio del nucleare in Iran. E i pericoli di un confronto militare tra Israele e Teheran continuano ad aumentare con il contributo degli “affaristi” senza scrupoli europei. In un rapporto pubblicato sabato, il vicedirettore dell’Organizzazione per l’energia atomica iraniana Ali Asghar Zarean, ha affermato che l’Iran avrebbe di fatto già superato i 1.200 chili di uranio arricchito a basso livello.
Teheran aveva già annunciato all’inizio di questo mese di voler eliminare le limitazioni imposte dagli accordi sul nucleare sull’arricchimento dell’uranio, compiendo un ulteriore passo indietro rispetto agli impegni presi a livello internazionale. L’Aiea e numerosi osservatori internazionali ritengono, da tempo, che 1.000 chili di uranio a basso arricchimento siano sufficienti per l’assemblamento di un ordigno nucleare.
In barba ai rischi, e soprattutto alle sanzioni, sono comunque numerose le aziende italiane e tedesche che continuano portare avanti accordi commerciali con il regime di Teheran con il rischio evidente che gli scambi non siano finalizzati unicamente alla mera fornitura di componenti industriali “semplici”. Fatti salvi, quindi, gli accordi prestabiliti in fase di contrattazione “legale”, il regime degli ayatollah può comunque avvalersi di un mercato assai florido con l’Occidente che sfrutta ampiamente le carenze del mercato iraniano per portare a termine contrattazioni vantaggiose per i bisogni elementari o dell’industria primaria, a dispetto dei rischi di un incremento delle potenzialità militari persiane condotte a discapito dei bisogni primari della popolazione, in continua rivolta.
Nello specifico, le aziende italiane specializzate nel settore ingegneristico, edile, tecnologico, energetico, con competenze specifiche nell’impiantistica e nelle infrastrutture sono quelle che, in concorrenza con quelle germaniche, contribuiscono alla sopravvivenza ed allo sviluppo di Teheran. Nulla di male, se non fosse che gli iraniani perseguono da anni la strada del decremento degli approvvigionamenti primari in favore di una pseudopolitica di rafforzamento militare palesemente mirato a un inevitabile scontro con Israele.Il tutto condotto con l’appoggio dell’intelligence iraniana, presente e operante in Europa e in particolare proprio in Italia e Germania, grazie a una rete che comprende insospettabili faccendieri perfettamente integrati nel tessuto sociale occidentale.
La stessa “rete” che, sviluppatasi nel corso dei decenni proprio a Roma e Milano, i due nodi globali del mercato italiano, ha di fatto eliminato o costretto alla fuga gli oppositori anche “occulti” del regime iraniano con operazioni di intelligence a vari livelli.
È comunque parere del capo di stato maggiore dell’Israel Defence Forces, il tenente generale Aviv Kochavi, che l’arricchimento dell’uranio al 90% da parte dell’Iran potrebbe richiedere almeno un altro anno. La tonnellata di uranio necessaria alla composizione di un ordigno, se prodotta, potrebbe condurre a un inevitabile intervento militare da parte americana e dei vertici di Gerusalemme idoneo a scongiurare l’incubo atomico, già latente, nel martoriato Medio Oriente.