Trentanove persone hanno perso la vita nella notte di Capodanno a Istanbul, nel locale notturno Reina, per mano di un uomo armato. L’Isis ha rivendicato l’attacco ma l’attentatore non è ancora stato identificato. E’ stato rilasciato al termine dell’interrogatorio Iakhe Mashrapov, il 28enne kirghiso additato in un primo momento come autore. Non è il primo attentato in Turchia per mano dello Stato islamico. Perchè fino a qualche mese fa si parlava di una Turchia che non combatteva il gruppo terroristico e ora si è arrivati ad un “Bataclan turco“?
Nell’ultimo anno i rapporti tra Turchia e Stato islamico sono cambiati radicalmente. Da opportunità a ostilità. La Turchia per un certo periodo ha favorito i movimenti jihadisti nel mondo arabo, in particolare in Siria dal 2011. La Turchia aveva due obiettivi: prima cosa scofiggere il regime siriano di Assad ad ogni costo, anche finanziando da una parte l’Esercito libero siriano, dall’altra gruppi di ribelli estremisti e armando anche gruppi violenti vicini ad Al Qaida. Secondo obiettivo: combattere i curdi siriani senza dare troppo nell’occhio, e per questo non è stato dato peso alle intenzioni dell’Isis, che se sostenuto poteva essere utile per raggiungere entrambi gli obiettivi.
Armi, rifornimenti, foreign fighters che Ankara passava ai ribelli siriani. La Turchia però non aveva calcolato né l’intervento degli Stati Uniti in Siria, che nel 2014/2015 hanno cominciato a sostenere i curdi siriani contro lo Stato islamico, né il sostegno della Russia nei confronti di Assad. Il presidente Erdoğan ha così ribaltato la situazione, in una Turchia che aveva subito un tentativo di colpo di Stato e cominciava a vedere con i suoi occhi gli attentati terroristici per mano dell’Isis.
Non tutti gli episodi terroristici dell’ultimo periodo in Turchia sono stati rivendicati dagli jihadisti. Rukmini Callimachi e Tim Arango, giornalisti del New York Times, hanno scritto in questi giorni che lo Stato islamico non si comporta allo stesso modo in tutti i paesi nei quali compie gli attentati: in quelli dove la maggioranza della popolazione è musulmana sunnita, come i membri del gruppo terroristico, è solitamente più cauto, per evitare di inimicarsi possibili sostenitori.
Lentamente, sono stati rotti tutti i legami tra Turchia e Isis e nell’ultimo accordo con russi e iraniani Erdoğan ha invertito la sua posizione ed è addirittura disposto ad accettare Assad in Siria. Questa decisione ha spinto altre minoranze a diventare più radicali perché adesso vedono gli jihadisti come gli ultimi rivali rimasti di Assad. La Turchia è così diventata un obiettivo ancora più forte per i terroristi.