In Armenia, paese euro-asiatico del Caucaso meridionale, in questi giorni sta avendo luogo quella che è stata definita “la rivoluzione di velluto”, una transazione di governo ottenuta con una forte spinta dal basso.
I cittadini armeni hanno inteso rappresentare le loro richieste riversandosi nelle strade del paese con una lunga serie di manifestazioni popolari, determinate ma pacifiche, che si svolgono da diversi giorni nel piccolo Paese dell’ex Urss. Chiedono un ricambio alla guida dell’Armenia che, da dieci anni, è nelle mani di Serzh Sargsyan, un ex comunista passato nelle fila del partito repubblicano a cavallo della dichiarazione di indipendenza armena da Mosca.
A capo delle proteste popolari, Nikol Pashinyan, 42enne giornalista ed editore di area liberale, più volte scampato a tentativi di omicidio indotti dalla sua posizione anti-governativa. Pashinyan è il candidato a guidare il Paese sino all’indizione di nuove elezioni popolari che potrebbero mantenerlo comunque in carica.
Le proteste e le manifestazioni tenutesi in questi giorni non hanno sconvolto il Paese
Non si è avuta notizia di scontri, disordini o atti di violenza. In piazza hanno sfilato intere famiglie imbracciando la bandiera nazionale, mentre nelle strade si sono visti cortei di auto incorniciate dai colori della bandiera armena. Tutte le manifestazioni si sono interrotte martedì in occasione della commemorazione del genocidio del popolo armeno, riprendendo vigore il giorno successivo.
Da Yerevan, la capitale del Paese, Pashinyan ha voluto indicare le condizioni per una transizione del potere che passi per la formazione di un governo provvisorio che conduca ad elezioni anticipate, ribadendo il carattere pacifico del suo movimento che non è, comunque, in cerca di vendette o rivalse nei confronti del leader Sargsyan.
(servizio fotografico di Maurizio Vecchi)