Nel pomeriggio di ieri, nel magazzino 12 del porto di Beirut, capitale libanese, si è verificata una prima deflagrazione con il relativo incendio che ha provocato una nube di fumo bianco accompagnata da un odore acre disperso nell’aria. Al primo “scoppio”, dopo pochi secondi, ha fatto seguito la detonazione principale, innescata dall’incendio, con la formazione del classico “fungo”e dalla successiva onda d’urto che ha provocato la distruzione totale di un’area di circa 500 metri dal punto in cui si è innescata, mentre danni collaterali sono stati rilevati fino a un raggio di 12 chilometri. A seguito dell’esplosione, nell’aria si sono dispersi vapori altamente tossici che hanno assunto la forma di una vera e propria nube che ha avvolto completamente la città.
Le vittime
Sono oltre un centinaio i morti sinora accertati, oltre 4.000 i feriti con lesioni di varie entità e un numero non quantificabile di dispersi. Risultano distrutti tre ospedali nella zona dell’esplosione, altri due danneggiati e i pazienti sono tuttora in fase di trasferimento ad altre strutture. Lo ha confermato ad al-Jazeera Mirna Doumit, presidente dell’Ordine degli infermieri di Beirut. Inoltre, a seguito dell’esplosione è stato dichiarato lo stato di emergenza per gli ospedali della città con la richiesta a tutto il personale medico e paramedico di affluire presso i punti di soccorso approntati.
Anche la Croce rossa libanese ha rivolto un appello urgente per la donazione di sangue considerato che centinaia di feriti gravi necessitano di trasfusioni. Il ministro della Sanità libanese, Hassan Hamad, ha dichiarato “la morte di oltre 100 persone a seguito dell’esplosione avvenuta a Beirut”.
Sono tuttora dispersi nell’aria i residui di sostanze altamente tossiche che hanno indotto le Autorità libanesi e le legazioni straniere a rivolgere un invito alla popolazione di restare nelle case e indossare mascherine protettive, anche se queste ultime non possono certo proteggere le mucose dalle irritazioni provocate dalla nube velenifera. In alternativa è stato consigliato di lasciare la città al più presto.
Tra le vittime, non solo gente comune ma anche personaggi del mondo della politica
Il segretario generale del Partito Kataeb, Falangi Libanesi, Nizar Najarian, ferito alla testa a seguito dell’inda d’urto dell’esplosione, è deceduto dopo il ricovero al pronto soccorso per le lesioni riportate. Il deputato Nadim Gemayel ha riportato un trauma cranico ed è tra le centinaia di persone ricoverate all’ospedale dell’Hotel Dieu come Tarek Merhebi, deputato del “Movimento il Futuro”, rimasto ferito e ricoverato presso l’ospedale di Clemenceau.
Sono numerosi i Paesi che hanno offerto al Libano il proprio intervento. Tra questi Israele che si è reso disponibile per l’invio a Beirut di aiuti umanitari e personale medico.
Le dichiarazioni ufficiali
La prima dichiarazioni ufficiale pervenuta da fonti governative ha riferito che “l’incidente è stato provocato dall’incendio a un magazzino di fuochi d’artificio sviluppatosi a causa della alte temperature di questi giorni”. A seguire, il capo della sicurezza generale ha affermato che “l’esplosione è stata causata da un incendio in un deposito di materiale altamente esplosivo, incluso nitrato di sodio, immagazzinato nel porto di Beirut a seguito di una confisca ad una nave approdata anni fa e diretta nello Zambia.
Sulla medesima lunghezza d’onda, il ministro dell’interno libanese, Mohammad Fahmi che all’emittente MTV Lebanon ha dichiarato: “Le esplosioni avvenute oggi al porto di Beirut potrebbero essere state causate da sostanze chimiche altamente esplosive sequestrate alla nave mercantile di proprietà russa chiamata “MV Rhosus” nel settembre 2014. Dobbiamo attendere le indagini per conoscere la causa dell’esplosione, ma una prima spiegazione porta a sostanze altamente esplosive sequestrate anni fa ed esplose nel deposito 12 del porto di Beirut”. Il presidente Aoun ha convocato il Consiglio supremo della difesa a una riunione di emergenza nel palazzo Baabda a seguito della quale è stato disposto l’immediato intervento dell’esercito per i soccorsi alla popolazione. In ultimo, la dichiarazione del Premier Hassan Diab, ritenuto vicino ad ambienti di Hezbollah, che ha dichiarato che l’esplosione nel porto di Beirut è stata causata dall’esplosione di 2.750 tonnellate di ammonio.
I sospetti
Hezbollah, per voce di Hassan Nasrallah, ha negato qualsiasi coinvolgimento nell’accaduto, ma sul gruppo terroristico gravano pesanti sospetti ricordando le minacce rivolte in un recente videomessaggio del leader dell’organizzazione divulgato sul web di fare esplodere i serbatoi di ammoniaca del porto israeliano di Haifa. https://twitter.com/yonibmen/status/1290886897443770369?s=20
Nel 2015, il servizio britannico MI5 in collaborazione con la Metropolitane Police di Londra, scongiurarono un attentato che prevedeva l’utilizzo di tre tonnellate di nitrato di ammonio da compiere ad opera di agenti di Hezbollah identificati successivamente al rinvenimento e sequestro del materiale.
Negli ambienti di Intelligence è noto che il porto di Beirut da anni è utilizzato da Hezbollah come base alternativa a Damasco per il traffico di componenti missilistici e di armi, esplosivi e munizioni provenienti dall’Iran con il coinvolgimento di Paesi, anche europei, dove hanno sede i proprietari di naviglio commerciale con il quale vengono effettuati i trasporti verso il Libano.
Inoltre, venerdì prossimo è attesa la sentenza della Corte di giustizia internazionale sull’attentato avvenuto a Beirut il 14 febbraio del 2005 e che costò la vita all’ex premier libanese, Rafik Hariri, e altre 21 persone il cui verdetto potrebbe coinvolgere proprio elementi legati al gruppo sciita filo iraniano guidato da Nasrallah.
L’assassinio di Rafik al-Hariri è stato un terremoto politico per il Libano ed è un precedente importante nello status della Corte internazionale di giustizia anche se buona parte della stampa libanese esprime forti dubbi sul giudizio della Corte contro Hezbollah e sulla reale possibilità di fare rispettare la sentenza contro i responsabili della strage.
Da quanto appreso da fonti di settore, poco prima dell’esplosione e non lontano dal porto, l’ex primo ministro Saad Hariri, figlio di Tarek, stava tenendo una serie di incontri con alti ufficiali, tra cui il Capo di stato maggiore delle Forze armate libanesi. L’uomo politico, tuttavia, non risulta essere stato coinvolto dall’esplosione. È da ritenersi una mera coincidenza anche la constatazione che una delle residenze dell’ex Premier libanese si trova a poca distanza dal Porto, nella zona di Madame Curie street.
Da un primo bilancio, i danni in città ammonterebbero ad una cifra compresa tra i tre e i cinque milioni di dollari. Il porto della Capitale è stato distrutto e questo, per un paese import oriented come il Libano, può rivelarsi un fattore cruciale anche in considerazione del periodo di crisi economica, ritenuto il peggiore dalla guerra civile, che il Paese sta attraversando.
Le ipotesi
L’esplosione si è verificata in un magazzino nel porto della città e, secondo le autorità libanesi, ha avuto origine da materiali infiammabili o vecchi esplosivi che erano stati immagazzinati da lungo tempo.
In effetti, da una visione immediata dei video provenienti dal Libano, si è propensi ad ipotizzare l’esplosione in un magazzino di munizioni, che a sua volta ha innescato la seconda più potente detonazione di materiali esplosivi, compresi agenti chimici.
L’ammissione della presenza di un notevole quantitativo di Nitrato di ammonio, un fertilizzante utilizzato anche come componente di esplosivi, in primis la polvere nera, fa propendere proprio per questa ipotesi, anche se la versione relativa a 2750 tonnellate di Nitrato non risulterebbe attendibile.
Il Nitrato, se riscaldato rapidamente, si decompone subito in azoto, ossigeno e vapore acqueo. Il rapido passaggio da solido a gas ad alta temperatura crea un’onda d’urto massiccia man mano che il volume cambia in modo quasi istantaneo. Questo è compatibile con l’esplosione principale di Beirut.
Considerato il suo bilancio di ossigeno positivo, il costo poco elevato e la facile reperibilità, il Nitrato di ammonio, sostanza ossidante ma non esplosiva, viene però utilizzato come base per molte miscele esplosive in uso nelle organizzazioni terroristiche anche in considerazione della relativa sicurezza nel maneggio e nel trasporto.
Da sottolineare che la valutazione del Capo della sicurezza generale del Libano secondo il quale “nel magazzino sarebbe stata conservata una grande quantità di Nitrato” se messa in relazione con la prima deflagrazione dovuta all’incendio di un magazzino di fuochi di artificio, in una zona ricolma di depositi di carburante, porterebbe a pensare a una totale incompetenza/negligenza dei responsabili dell’immagazzinamento di entrambe le sostanze. Questo poiché agli addetti ai lavori è noto che nella conservazione/immagazzinamento di tali sostanze va assolutamente evitata la vicinanza tra “agente innescante”ed esplosivo, per evitare di creare la serie assemblata e coordinata di componenti le quali, concatenate tra di loro, secondo il principio di causa-effetto, vengono identificate spesso in modo forse un po’ desueto col termine di “catena incendiva”. (In parole semplici, la vicinanza fuoco – benzina, dove i due elementi se isolati non rappresentano alcun pericolo o, più nello specifico, miccia – detonatore – esplosivo).
Alcuni filmati visionati, hanno evidenziato come da un magazzino adiacente il “12” siano visibili alcune piccole esplosioni, sintomatiche dello scoppio di munizioni, che hanno provocato il primo incendio (deflagrazione) con l’immediata formazione di una nube di colore giallo e, subito dopo, tramutatasi in bianco. La detonazione successiva con la formazione del “fungo”, che da subito ha assunto il colore grigio-nero, potrebbe evidenziare il coinvolgimento contemporaneo di più sostanze, tra le quali quelle chimiche (fumo bianco), combustibili ed esplosivi composti.
Se alla luce di tali considerazioni l’ipotesi di un incidente può essere accreditata alla negligenza del personale preposto all’accatastamento dei materiali, è altresì più attendibile la pista del sabotaggio, anche in considerazione delle condizioni ideali per l’innesco di una detonazione, ovvero la presenza di naviglio ancorato con il combustibile necessario alla navigazione o comunque i depositi delle riserve per l’approvvigionamento, il magazzino contenente il Nitrato di ammonio e un altro box dove presumibilmente era accatastato materiale esplosivo e munizionamenti.
Da rilevare, per dovere di cronaca, che negli ultimi due giorni ben due navi con carichi di sostanze chimiche erano arrivate dalla Turchia, un Paese esportatore di nitrato di ammonio. Uno dei due vettori era ancora ancorato ad una banchina del porto al momento delle esplosioni.
Le piste
Un’ esplosione voluta porterebbe alla pista interna, quella di Hezbollah o delle milizie sciite filo iraniane, che avrebbe come chiave di lettura la destabilizzazione del Paese in vista del verdetto contro i responsabili della morte di Rafik Kariri con la conseguente dimostrazione di potenza e di vitalità dell’organizzazione terroristica.
Anche le milizie maronite e quelle legate ai Mujaheddin e Khalq iraniani (dissidenti del regime degli ayatollah), potrebbero avere avuto un ruolo nella vicenda proprio nell’intento di colpire Hezbollah nel cuore del Libano, dove il potere di Nasrallah viene sostenuto e perorato da parte di ampi strati della popolazione
Altra versione potrebbe far propendere per un attacco israeliano contro i depositi di armi/esplosivi di Hezbollah, ma tale ipotesi non corrisponderebbe alla palese volontà degli apparati di sicurezza e di guerra non-ortodossa israeliani sempre protesi, dove possibile, alla salvaguardia delle vittime civili e ai danni collaterali.