La disputa sui due marò rischia di compromettere le relazioni economiche tra Italia e India. In questo senso il caso di Finmeccanica è esemplare. L’ambasciatore indiano presso l’Italia, S.E. Anil Wadhwa, crede che la cancellazione di importanti commesse all’azienda italiana sia da imputare direttamente alla controversia, oppure non esiste alcun collegamento tra le due vicende?
“Sono due questioni diverse. Il caso di Finmeccanica riguarda anche la giurisdizione italiana. Ci sono stati due processi contro la sua amministrazione. Nel primo sono stati assolti, ma poi in un secondo giudizio sono risultati colpevoli. Il caso riguardava diverse responsabilità, ma il capo di imputazione per cui sono stati condannati era di corruzione. I rapporti con l’India rimangono comunque buoni. L’azienda da anni opera nel nostro paese ed è presente in alcuni dei maggiori progetti. L’opposizione parlamentare è preoccupata per questo e segue con attenzione la vicenda. Non credo comunque che i due casi, quello dei marò e di Finmeccanica, siano collegati. Finmeccanica si è riorganizzata. Credo che ora sia importante giungere ad un accordo per superare le differenze tra di noi. Bisogna superare la fase emotiva e sedersi intorno a un tavolo per poter tornare a cooperare in maniera costruttiva”.
Le relazioni italo-indiane hanno vissuto momenti difficili per la spinosa questione dei due marò. Ora il Tribunale arbitrale dell’Aja ha deciso il rimpatrio dei due. Per l’India, La Torre e Girone sono ancora colpevoli?
“In questa controversia è coinvolto direttamente il popolo indiano in quanto ci sono due pescatori uccisi. Sia Italia che India convengono che i due marò vadano processati. Il problema è dove, se in India o in Italia. È una questione di giurisdizione. Non siamo riusciti a giungere ad un accordo e per questo ci siamo rivolti al tribunale. Ora spetta agli organi internazionali decidere e credo che questa sia la migliore delle soluzioni possibili”.
Ambasciatore, nella conferenza sui Brics organizzata lo scorso 15 luglio presso la vostra ambasciata a Roma in collaborazione con la Rivista di Studi Politici Internazionali e con l’Istituto Eurispes, si è parlato molto di cooperazione. In quest’organizzazione l’India sta giocando un ruolo da protagonista, infatti ospiterà il prossimo incontro dei paesi membri a Goa. Qual è il ruolo del suo paese nei Brics?
“Credo che tutti i paesi Brics siano pari tra loro. Ci sono nuove sfide e issues importanti all’orizzonte e quello che vogliamo fare è consolidare questa organizzazione e far sì che tutto quello che abbiamo costruito non vada disperso. Stiamo sviluppando nuovi progetti per i paesi che fanno parte dei Brics per rafforzare l’organizzazione e per favorire la cooperazione con altre organizzazioni”.
Quello che è successo recentemente a Nizza dimostra che la minaccia terroristica sta crescendo ed è pronta a colpire l’Europa. L’India è un grande paese con una forte presenza musulmana al suo interno. Crede che esista una minaccia terroristica per il suo paese? E cosa può fare l’India per combattere il terrorismo?
“L’India è una delle più antiche vittime del terrorismo. Già dagli anni ’80 il nostro paese era bersaglio di continui attacchi, ma a quel tempo nessuno voleva riconoscere questa come una minaccia globale. L’India è stata tra i promotori della Convenzione sul terrorismo delle Nazioni Unite, ma questa è stata spesso osteggiata perché diverse nazioni non vogliono riconoscere una definizione comune di terrorismo. Saremo sempre dalla parte di chi lotta contro il terrorismo anche perché viviamo vicino ad uno stato come il Pakistan, sponsor del terrorismo. Quello che bisogna fare è giungere ad una definizione comune di terrorismo e cooperare affinché le condizioni che generano questa minaccia vengano meno”.