Secondo numerose fonti convergenti, il leader di Al Qaida, Ayman al Zawahiri, sarebbe morto la scorsa settimana a Ghazni in Afghanistan per cause naturali. Le complicazioni legate all’asma di cui soffriva da tempo e per la quale patologia non aveva alcun accesso a cure specifiche, avrebbero condotto il 69enne medico egiziano ad un lento e inesorabile destino.
Al Zawahiri era noto come capo di al Qaeda dopo la morte di Oussama bin Laden e del figlio Hamza, entrambi neutralizzati da raid mirati delle forze speciali americane. Dal 2001 era il numero due – dietro solo a Bin Laden – nella lista dei 22 “terroristi più ricercati” dal governo degli Stati Uniti e sulla sua testa pende ancora una taglia di 25 milioni di dollari.
Secondo alcune fonti, al Zawahiri sarebbe stato visto l’ultima volta nella città afghana orientale di Khost nell’ottobre 2001, e dall’allora sarebbe rimasto nascosto sfuggendo sempre alla cattura. È possibile che abbia trovato rifugio nelle regioni montuose lungo il confine tra Afghanistan e Pakistan con l’aiuto di tribù locali sodali ad al Qaeda. Proprio in quella zona, nel gennaio 2006, un attacco missilistico statunitense aveva ucciso quattro membri di al Qaeda, ma il medico egiziano era scampato al raid immune.
Nel corso degli anni al Zawahiri ha diffuso alcuni messaggi audio, l’ultimo l’11 settembre scorso per incitare i seguaci alla continuazione della guerra contro l’odiato Occidente, ma già dalla proclamazione dello Stato Islamico di Abu Bakr al Baghdadi l’autorevolezza di al Qaeda era andata scemando.
La sua morte, se confermata, apre un profondo vuoto di potere all’interno di Al-Qaeda dopo la neutralizzazione di Hamza bin Laden e del candidato naturale alla successione Abu Muhammad al Masri, eliminato a Teheran il 7 agosto scorso da un team del Mossad israeliano.
E pare non essersi trattato di un caso che l’eliminazione di Abu Muhammad al Masri sia avvenuta nella ricorrenza dei sanguinosi attentati contro le ambasciate americane di Nairobi e Dar el Salaam, che nel 1998 causarono 224 morti, e di quello contro un resort di Mombasa nel novembre 2020 provocò la morte di 13 persone, tra le quali alcuni israeliani. Un chiaro messaggio, quindi, all’organizzazione terroristica di al Qaeda.
La successione
In chiave prospettica si palesa una possibile nomina a capo di al Qaeda del 58enne Saif al Adel, ex colonnello dell’esercito egiziano, esperto di esplosivi e già membro del Majlis al shura (il consiglio direttivo) di al-Qaeda e del suo comitato militare. Molto vicino ad al Zawahiri, con il quale aveva vissuto l’epoca della costituzione della Jihad islamica egiziana e del transito in al Qaeda nel 1998 con la creazione, voluta da bin Laden e al Zawahiri, del Fronte islamico per la jihad contro gli ebrei ed i crociati, Al Adel è ricercato dagli Usa per l’attacco contro l’ambasciata americana in Kenya e, secondo un rapporto dell’Onu, vivrebbe in Iran sotto la protezione dei Pasdaran. Si ritiene che egli abbia avuto un ruolo di rilievo anche nell’addestramento di alcuni dei dirottatori dell’11 settembre. È certo che nel 1993 creò, in Somalia, un campo di addestramento utilizzato per sferrare attacchi contro le forze di peacekeeping nella regione, compresi quelli contro i Rangers americani a Mogadiscio e quelle degli italiani al checkpoint Pasta. Attacchi che provocarono il precipitoso ritiro delle forze di pace dalla Somalia e l’avvento prima delle Corti islamiche, e successivamente degli al Shaaabab. Nell’aprile 2003 viene arrestato in Iran dietro pressioni di Stati Uniti ed Arabia Saudita ma, il mese successivo, Al Qaeda uccide oltre trenta persone in due attentati dinamitardi a Riad, in Arabia saudita, organizzati da Al Qaeda in Iran e probabilmente dallo stesso Adel seppur detenuto. Nel settembre 2015, al Adel ed altri 4 miliziani di Al Qaeda vengono rilasciati dalle autorità iraniane nel quadro di uno scambio di prigionieri con Al Qaeda nella penisola arabica, che aveva catturato un diplomatico iraniano in Yemen nel luglio 2013. Secondo un rapporto Onu del 2018 in Iran Adel svolge un ruolo chiave per il consolidamento della rete globale di Al Qaeda in qualità di vice di Al Zawahiri.
Possibili scenari
È improbabile che un’organizzazione islamista articolata come al Qaeda venga intaccata dalla morte del suo leader. Questo anche perchè al Zawahiri non era visto come un capo militare ma piuttosto come un ispiratore delle azioni da un punto di vista delle ragioni filosofiche, frutto di esegesi coraniche diffuse ad hoc ad uso e consumo dei militanti.
Sebbene dalla morte di Oussama al Qaeda non sia più riuscita a portare e termine azioni eclatanti, questo in parallelo con il Daesh dopo la morte di Al Baghdadi, la capillarità della presenza delle cellule dall’Afghanistan allo Yemen, dalla Somalia al Ciad, dal nord Africa all’Europa, non può indurre a pensare ad un ridimensionamento dei piani dell’organizzazione ma, semmai, ad un reinquadramento nei posti chiave ed un riassetto delle alleanze e delle fonti di finanziamento.
***Foto in evidenza: a sinistra due immagini di Saif Al Adel. A destra Ayman al Zawahiri