Un altro tentato golpe colpisce l’Africa Occidentale, questa volta in Guinea-Bissau. Lo riferiscono fonti locali. Sono trascorsi appena otto giorni dall’ultimo coup in Africa, quello in Burkina Faso, che nuovamente risuona la eco di disordini nell’emisfero occidentale del Continente.
A Bissau – la capitale dello Stato africano – nel primo pomeriggio di martedì 1 febbraio, si sono vissuti momenti di panico assoluto, dopo che uomini armati sono entrati nelle pertinenze del palazzo del governo, alla periferia della città, nei pressi dell’aeroporto. In quel frangente si stava tenendo una riunione straordinaria del governo a cui partecipavano il Capo dello Stato, Umaro Sissoco Embaló, e il Primo Ministro, Nuno Gomes Nabiam, i quali sono rimasti illesi.
Al momento non è dato sapere i particolari esatti dell’evento, e chi siano i responsabili. Non è nemmeno chiaro se gli uomini che hanno preso di mira il palazzo del governo fossero in uniforme o in abiti civili. Le testimonianze sono discordanti. Gli spari hanno mandato in tilt la tranquillità pomeridiana della capitale: scuole, mercati e uffici sono stati chiusi repentinamente. Il traffico veicolare si è fermato, mentre colonne di automezzi militari attraversavano la città. Il perimetro del palazzo governativo è stato circoscritto dalle milizie regolari che hanno iniziato uno scontro a fuoco con i presunti golpisti che è durato, secondo le dichiarazioni delle autorità, almeno cinque ore. Alla fine della sparatoria, si contano almeno sei vittime e numerosi feriti.
Mentre sui social correvano le immagini e le dichiarazioni più disparate intorno agli eventi in Guinea-Bissau, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) ha espresso la sua forte preoccupazione per la situazione ed ha condannato veemente il presunto tentato golpe. Anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha chiesto la cessazione immediata dei combattimenti a Bissau e che fosse ristabilito l’ordine democratico nel Paese.
In serata è ritornata la calma e il presidente, Umaro Sissoco Embaló, ha confermato di stare bene. Il capo dello Stato africano riferisce che si è trattato di elementi isolati e che le forze di sicurezza governative hanno ora il pieno controllo della situazione.
La Guinea-Bissau è nella morsa di una corruzione endemica dilagante, e gli eventi potrebbero essere proprio una conseguenza delle ultime decisioni del capo dello Stato in merito anche all’epurazione di personaggi “scomodi” e alla lotta al traffico di droga.
I media locali riportano che, quasi una settimana prima, era stato operato un rimpasto di governo, ed era anche stato licenziato il Segretario di Stato per l’ordine pubblico, Albert Malu. Vi erano stati numerosi attriti tra loro, e in quel frangente Malu aveva accusato il presidente di essere coinvolto in un traffico di merci sospette arrivate con un volo Airbus A340 da Banjul (Gambia). Le accuse furono poi ritirate da Malu, ma non riuscì ad evitare il siluramento.
La Guinea-Bissau, che si affaccia sull’Oceano Atlantico stretto tra Senegal e Guinea Equatoriale, è un paese relativamente giovane. Ha ottenuto nel 1974 la sua indipendenza dal Portogallo dopo un’estenuante lotta per la liberazione condotta particolarmente dal Partito Africano per l’Indipendenza della Guinea-Bissau e di Capo Verde (PAIGC) di Amilcar Cabral, poi assassinato nel 1973. Le forze armate hanno qui svolto (come anche in altri paesi africani) sempre un ruolo dominante. Da allora si sono susseguiti quattro colpi di stato e almeno sedici tentativi di golpe (di cui uno recente in ottobre 2021, secondo i “rumors”), in un altalenarsi di numerosi governi, più o meno legittimi, segnati da ripetute “turbolenze”.
Sono passati appena dieci anni dall’ultimo “coup” nel 2012, ma è dal 2014 che assistiamo ad una relativa tranquillità di governo, con José Mario Vaz, che fu l’unico presidente a completare il suo mandato – dall’introduzione del multipartitismo – senza subire rovesciamenti imposti.
Ma fu il 2019 a segnare un periodo di svolta nel paese e di ritorno al vecchio antagonismo. Le elezioni presidenziali videro fronteggiarsi il candidato del PAIGC, Domingos Simoes e Umaro Sissoco Embaló, entrambi già ex Primo Ministro. La situazione di stallo che ne conseguì, senza che venisse fuori un vincitore, fu sbrogliata dall’Ecowas, che assegnò nell’aprile del 2020 la vittoria all’attuale presidente. Da allora si sta vivendo un faticoso ritorno all’ordine costituzionale, ma senza eccessive fasi di violenza sociale.
La Guinea-Bissau è caratterizzata da una grave situazione di disagio, con una crisi economico sociale prevalente, e dove la maggior parte dei suoi cittadini – costituita da una varietà di etnie, lingue e religioni – vive, secondo i dati più recenti del 2010, appena al di sotto della soglia di povertà. La condizione di instabilità politica e di corruzione endemica, oltre alla pandemia da Covid-19, ha fatto il resto.
Questi sono stati i presupposti che hanno favorito gruppi di individui senza scrupoli dediti al narcotraffico. Ad oggi la Guinea-Bissau è considerata dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) un hub logistico per il traffico di droga tra l’America Latina, il continente africano e l’Europa. Solo nel 2018, sono state rilevate l’ingresso e l’uscita dal paese di almeno 30 tonnellate di cocaina. In questo contesto di corruzione, negli ultimi decenni, molti tra funzionari militari e del governo locale sono stati coinvolti nei traffici illeciti di stupefacenti.