In Afghanistan la situazione delle donne è così disperata che si suicidano al ritmo di una o due al giorno. A lanciare l’allarme, a luglio, il Consiglio per i diritti umani dell’Onu dove, dopo un raro dibattito sul tema, sono emerse le condizioni delle donne afghane dopo il ritorno dei Talebani. Una progressiva e inesorabile regressione dei diritti anche più elementari con l’obiettivo di renderle “invisibili, escludendole quasi completamente dalla società ”, ha spiegato il relatore speciale per i diritti umani in Afghanistan, Richard Bennett.
Secondo il Guardian, in un articolo pubblicato ieri, “la disperazione sta prendendo piede” tra le donne e “i suicidi femminili sono in aumento nell’Afghanistan talebano. Dati non ufficiali indicano una crisi di salute mentale a causa delle gravi restrizioni imposte” alla loro vita.
Da quando la coalizione internazionale a guida Usa ha lasciato il Paese, ormai due anni fa, i Talebani hanno ripreso il controllo totale. Oltre ad un ritorno pesante della presenza jihadista, si segnala la condizione proprio delle donne che sono state private della possibilità di uscire, studiare (anche all’estero), lavorare e persino entrare in un parco nazionale. Una condizione che genera disperazione al punto tale da condurre molte di esse al suicidio. I numeri non ufficiali, visto che il governo talebano nasconde il fenomeno, raccontano di una vera e propria strage nel silenzio della comunità internazionale. “Le autorità talebane – scrive il Guardian – non hanno pubblicato dati sui suicidi e hanno impedito agli operatori sanitari di condividere statistiche aggiornate in più province”. Tuttavia, proprio il personale sanitario ha deciso di condividere in modo privato i dati da agosto 2021 ad agosto 2022 per evidenziare un’urgente crisi sanitaria pubblica. “I dati suggeriscono che l’Afghanistan è diventato uno dei pochissimi paesi al mondo in cui muoiono per suicidio più donne che uomini”, si legge ancora.
La responsabile dei diritti umani delle Nazioni Unite, Michelle Bachelet, nel suo intervento di luglio al Consiglio ha condannato la massiccia disoccupazione delle donne, le restrizioni imposte al loro modo di vestirsi e il divieto di accesso ai servizi di base. “Le imprese possedute e gestite da donne sono state chiuse” ha spiegato Bachelet aggiungendo che “1,2 milioni di ragazze non hanno più accesso all’istruzione secondaria”, in base alle decisioni delle autorità talebane che hanno preso il potere nell’agosto 2021. “Le autorità che ho incontrato durante la mia visita nel marzo di quest’anno – ha aggiunto – hanno affermato che avrebbero onorato i loro obblighi in materia di diritti umani purché fossero in linea con la legge della Sharia. Eppure, nonostante queste assicurazioni, assistiamo alla progressiva esclusione delle donne e delle ragazze dalla sfera pubblica e alla loro oppressione istituzionalizzata e sistematica”.
È evidente che il rispetto dei diritti umani, soprattutto quelli delle donne, non è compatibile con la legge coranica. Ma questo era noto anche prima del ritorno dei Talebani. Aver lasciato il Paese in mano al gruppo estremista comporta anche e soprattutto questo.
Le donne, quindi, non hanno scampo e alcune scelgono il suicidio, o tentano di farlo. Nella maggior parte dei casi, per coprire un tale gesto che per l’estremismo religioso rappresenta un’onta, i familiari riferiscono di morti per malattia. Solo raramente, magari per scampare ad accuse di omicidio, viene divulgata la notizia del suicidio. Una ulteriore beffa per le vittime del regime talebano, dopo 20 anni di presenza militare occidentale e troppe promesse non mantenute.