Dopo la disfatta in Afghanistan e l’umiliazione che ne è conseguita per tutto l’Occidente, gli Usa provano a porre rimedio. Ieri sera, 23 agosto, il capo della Cia, William Burns, avrebbe incontrato a Kabul il capo dei Talebani, il mullah Abdul Ghani Baradar. Secondo il Washington Post, sarebbe il primo dialogo a questo livello tra un alto funzionario dell’amministrazione Usa e il leader talebano, già arrestato dalla CIA in Pakistan 11 anni fa e presente, dopo il rilascio, ai colloqui con gli Stati Uniti tenutisi in Qatar.
L’amministrazione di Joe Biden, infatti, sta cercando di limitare i danni del ritiro dall’Afghanistan che ha consentito ai Talebani di riprendersi il Paese. Sul tavolo di discussione dell’incontro, alla vigilia del G7 che chiede agli Usa di restare oltre il 31 agosto per provare a evacuare quante più persone possibile, Burns avrebbe incontrato Baradar nel tentativo di stabilire una linea di dialogo per superare l’ultimatum degli islamisti fissato per la fine del mese.
Ma le preoccupazioni americane vanno oltre.
Mentre l’aeroporto di Kabul rimane sotto l’assedio di miliziani armati ai quali fanno fronte qualche centinaio di militari dell’Alleanza, la resistenza afghana a guida di Ahmad Massoud, prova ad opporsi alle forze islamiste, ma ha chiesto l’assistenza occidentale quantomeno per la fornitura di armamenti pesanti, quelli che gli Usa hanno lasciato nelle mani dei Talebani in avanzata.
Un approvvigionamento non facile considerata l’asprezza del territorio e le difficoltà di sorvolo del Paese.
Iran e Cina come spade di Damocle per l’Occidente
Ma oltre i confini afghani, ben altre preoccupazioni riempiono le agende del Dipartimento di stato. L’Iran, ha infatti ripreso, da alcuni giorni, l’export verso l’Afghanistan di benzina e gasolio anche grazie al taglio di circa il 70% dei dazi voluto dai Talebani sulle importazioni di prodotti petrolchimici.
Teheran prova a giocare sporco anche su questo terreno, oltre che nei teatri di conflitto mediorientali.
Già soggiogato dalle sanzioni internazionali, infatti, il regime degli Ayatollah ha trovato un’utile fonte di approvvigionamento economico proprio dal mercato di Kabul. E poco conta che tra i sunniti afghani e gli sciiti di Tehran non corra certo buon sangue.
Secondo fonti di Ofcs.report, è sul tavolo degli analisti proprio l’oscuro legame stretto tra Stato islamico del Khorasan, formalmente avverso ai Talebani, al Qaeda e i Pasdaran iraniani: un intreccio composto da ideologie differenti ma, in sostanza, legate da un fattor comune, il nemico occidentale.
E tra i tanti incubi che turbano le notti a Washington e non solo, un posto di rilievo lo occupa quello delle “ombre cinesi” che si palesano sempre meno all’orizzonte.
Le forniture di armamento cinesi a Kabul proseguirebbero sottobanco, così come i tentativi di accordo tra Pechino e il neonato Emirato islamico afghano a tutela della minoranza uiugura nel Paese.
Una situazione in costante evoluzione che, al momento, non presenta scenari positivi per l’occidentale.