Trump muove scacco all’Iran, e lo fa senza sparare un solo colpo che non sia quello di genio. Gli accordi di Abramo stipulati tra Israele, Emirati Arabi e Bahrein, siglati ufficialmente ieri a Washington, rappresentano una vittoria diplomatica senza eguali anche se i detrattori ad ogni costo del presidente Usa non vorranno mai ammetterlo. Eppure, il tycoon è riuscito a spingersi laddove nessun altro era arrivato, beninteso, con l’ausilio determinante di Gerusalemme e del suo invidiabile apparato di intelligence, che ha intrapreso i passi fondamentali di avvicinamento agli arabi, sempre e comunque sotto l’ombrello rassicurante degli americani.
Il successo del duo Trump-Netanhyau ha creato le condizioni per cui Manama e Abu Dhabi diverranno le due principali spine nel fianco per Teheran e Doha, il cui ruolo è da sempre stato per lo meno oscuro, turbando ancor di più i sogni di gloria dei bellicosi ayatollah e dei loro alleati.
La storia potrebbe comunque non fermarsi qui. Anche l’Arabia Saudita e l’Oman stanno intraprendendo una seria politica di avvicinamento ad Israele, sia per allinearsi agli stati già firmatari degli accordi (Egitto e Giordania in primis), sia per rinforzare accordi economici di import/export che aprirebbero la strada di un ulteriore sviluppo economico e tecnologico per la Penisola araba.
Lo scenario strategico
Dopo le ripetute violazioni al Joint Comprehensive Plan of Action- JCPOA e la conseguente richiesta di ripristino delle sanzioni, la strategia Usa “di massima pressione” contro l’Iran marcia di pari passo con quella esercitata da Israele contro obiettivi militari della Quds Force schierata al sud di Damasco e nel Golan, più volte obiettivo di raid aerei da parte di Gerusalemme. Teheran non rimane alla finestra e, da parte sua, da maggio 2019 ha ripetutamente colpito gli interessi di Paesi del golfo Persico con attacchi di missili e droni che hanno interessato anche le raffinerie saudite Aramco, nonché il naviglio in transito nell’area. In questo, l’Iran ha goduto dell’appoggio delle milizie Houthi dello Yemen, schierate e sostenute dal regime degli Ayatollah. Nell’area siro-irachena, il rafforzamento della presenza sciita da Baghdad a Damasco sino a Beirut, si è ulteriormente consolidata sia con l’invio di milizie della forza Quds in appoggio a quelle di Hezbollah, sia anche di ingenti quantitativi di componenti per la missilistica e sistemi di intercettazione terra-aria.
Il rischio di isolamento per Teheran
L’eventuale adesione di Mascate e Riad agli accordi arabo-israeliani siglati ieri da Emirati e Bahrein, rappresenterebbero di fatto un sigillo decisivo per la fine del decennale conflitto in corso in Medio Oriente e formerebbero una formidabile barriera di confine tra l’espansionismo sciita e l’Islam sunnita che guarda ad Occidente.
L’area del golfo Persico passerebbe di fatto sotto il controllo dei Paesi della penisola arabica schierati con gli Usa e l’Occidente e lo Yemen, con il Qatar, rappresenterebbero delle teste di ponte ormai inutilizzabili per i traffici con Teheran.
Rimane l’incognita del Qatar, paese ripetutamente segnalato per i finanziamenti oscuri al terrorismo islamico, i legami con quello filo-palestinese e per l’appoggio incondizionato fornito alla decadente establishment libica di al Serraj in concorso con quello turco disposto dal novello “sultano” Erdogan.
Stante il quadro della situazione, in continua e positiva evoluzione, un’altra pesante incognita riguarda il nostro Paese, l’unico che continua imperterrito a schierarsi con i perdenti libici, con i finanziatori del terrore qatarioti, ad ospitare con atteggiamento servile gli inviti di Teheran e a colloquiare amabilmente con Ankara, in un momento dove gli scenari descritti consiglierebbero una maggior prudenza e, sicuramente, una miglior conoscenza del fattore geopolitico nell’area mediterranea.
Intanto il tribunale di Roma sentenzia…
In questo avrebbe voluto fare scalpore, ottenendo invece risposte ironiche, la sentenza del 27 luglio scorso del Tribunale Civile di Roma che, arrogandosi il diritto di recare danno anche oltre i confini nazionali, dietro l’input di due avvocati legati ad associazioni filopalestinesi in Italia, ha stabilito che “sostenere che Gerusalemme è la capitale d’Israele costituisce una falsa informazione”. Una sentenza inutile che rimarrà da noi inascoltata ed inapplicata. Una ulteriore dimostrazione della linea di condotta completamente fuori da ogni logica e da ogni conoscenza della geopolitica mediorientale portata avanti dalle Istituzioni della Penisola, in barba alle alleanze stabilite e in favore di un consolidamento della presenza di estremisti filo-islamisti sul nostro territorio. Un farraginoso arrampicarsi sugli specchi dei giudici del tribunale civile per tutelare non si sa bene quale diritto e occupando tempo prezioso da dedicare a udienze ben più utili ai cittadini. Una notizia, non-notizia, che se non destabilizzerà la politica internazionale, aiuterà almeno i nostri lettori a sorridere sull’inadeguatezza e sull’impreparazione di chi dovrebbe tutelare il Paese.