Marco Ezechia Lombroso, psichiatra e antropologo, nasce il 6 novembre 1835 a Verona da una famiglia ebraica della media borghesia. É riconosciuto, non senza polemiche, come il padre della criminologia moderna ed esponente del positivismo evoluzionistico di estrazione darwinista, venendo spesso ricordato per le sue misurazioni “fisiognomiche” finalizzate ad individuare i cosiddetti “tipi umani”, considerate dal Lombroso come una vera e propria ossessione. Le ricerche dello studioso miravano a catalogare determinati comportamenti umani, per lo più in campo criminale, in base a specifiche caratteristiche individuate in base ai suoi studi nel campo dell’antropologia e della biologia, oltre che, ovviamente la sociologia.
Il nome dI Lombroso è legato in modo indissolubile all‘antropologia criminale, branca della quale è ritenuto il fondatore in parallelo alla Scuola positiva del diritto penale dove ebbe modo di sviluppare alcune teorie successivamente ampliate dagli studi di Enrico Ferri. La formazione culturale di Lombroso risentì fortemente dall’influenza del cugino, David Levi, illuminista e patriota ricordato anche per la sua attiva partecipazione al Risorgimento italiano. Proprio gli insegnamenti ricevuti dal Levi, tendenti a un netto distacco dall’ortodossia religiosa, portarono il Lombroso a variare il suo nome in Cesare, con il quale è a tutt’oggi conosciuto.
Laureatosi all’Ateneo di Pavia nel 1858, continuò i suoi studi dapprima a Padova e successivamente a Vienna. Dopo l’unificazione del Regno d’Italia venne impiegato come medico militare in azioni contro il brigantaggio quindi, di ritorno a Pavia, presso la clinica psichiatrica e di antropologia, iniziò a svolgere ricerche mirate sul cretinismo e la pellagra, questi ultimi che costituirono una delle fonti principali della legislazione sanitaria dell’epoca. Gli studi di Cesare Lombroso erano estesi a innumerevoli materie, dall’antropologia alle razze umane, dallo studio delle malattie mentali a quelle sociali.
Da giovane svolse una lunga serie di indagini epidemiologiche con metodo statistico, incrociando i dati sanitari con quelli geografici e climatici, dimostrando lo stretto rapporto tra l’uomo, la sua salute e l’ambiente. Questi studi accrebbero il bagaglio culturale dello studioso sino a condurlo a sviluppare le prime ipotesi.
Una di queste sosteneva che le condotte atipiche del criminale o del genio, sono fortemente condizionate da fattori indipendenti dalla volontà. Pur tenendo in debito conto le condizioni ambientali, sociali ed economiche, i comportamenti derivano da alcuni fattori indipendenti dal volere, ad esempio le malattie nervose, la configurazione del cranio e, soprattutto, l’ereditarietà.
Tali fattori, in sede di studio e di giudizio, vedrebbero quindi diminuire la reale responsabilità criminale del soggetto poiché egli dovrebbe essere considerato in primis un malato. Lombroso si spingerà a sostenere che i comportamenti dei criminali hanno una precisa predisposizione di natura fisiologica, spesso rivelata anche dalla configurazione cranica. La teoria sviluppata dallo studioso condurrebbe a sviluppare la tesi secondo la quale la costituzione fisica dell’individuo sia una concausa del comportamento criminale.
Determinate caratteristiche fisiche dei soggetti, individuate da Lombroso nella cresta occipitale del cranio, la testa piccola, gli zigomi pronunciati, il naso torto ed altre, rappresenterebbero indizi non trascurabili di personalità dedite al crimine. In base a queste conclusioni, Lombroso classificò i criminali in quattro categorie: criminali nati, alienati, occasionali o professionali.
Dopo aver diretto il manicomio di Pavia dal 1864, dedicandosi all’insegnamento nella facoltà di psichiatria, nel 1875 si trasferisce a Torino dove viene impiegato al dipartimento di Medicina legale e igiene pubblica quale docente. Nella città sabauda diviene membro della Società freniatrica italiana dai recente fondazione e fonda il Laboratorio di medicina legale e psichiatria sperimentale. Fonda, quindi, la disciplina di antropologia criminale, a sostegno della tesi secondo la quale determinati tratti somatici sono distintivi delle personalità criminali. In quel periodo rivolge la sua attenzione al rapporto tra genio, follia, alienazione e crimine, giungendo a descrivere, catalogandoli, i due tipi di follia: quella morale, legata ad un grave disturbo di origine sociale, e quella naturale, da imputarsi alla natura del criminale e, in prima istanza, alla sua fisionomia.
Nel 1907 il Lombroso si trasferisce a Roma dove insegna antropologia criminale, materia che gli conferisce stima e riconoscimenti da tutto il mondo scientifico. Ritornato a Torino, muore il 19 ottobre 1909.
Gli insegnamenti dello studioso veronese, sebbene oggetto di aspre critiche spinte, a volte, sino alla censura, (ad oggi la maggior parte delle sue teorie sono destituite di fondamento) influenzano comunque, ancora oggi, gli studi e gli approfondimenti analitici nel campo della criminologia e della medicina legale dove trovano ampi spazi di applicazione, approfondimento e positiva evoluzione.