Con i dittatori bisogna parlare e se serve fare affari. Ma rimangono sempre dittatori e bisogna ricordarlo. Ha fatto bene Mario Draghi, nel suo discorso al Parlamento dopo l’intervento del Presidente ucraino Zelensky, a mettere in chiaro alcuni punti. In primis il fatto che l’Italia e l’Europa non possono accettare la guerra. Andando oltre le ragioni del conflitto, è fondamentale non legittimare chi ha iniziato a sganciare bombe. E che piaccia o no ai fan di Putin, questa iniziativa è partita dalla Russia. E nelle parole di Draghi tale concetto è emerso con chiarezza nel passaggio in cui ha parlato dell'”arroganza del governo russo” che “si è scontrata con la dignità del popolo ucraino che frena le mire espansionistiche di Mosca. La resistenza dei luoghi su cui si abbatte la ferocia del presidente Putin è eroica”. La “ferocia di Putin” è l’altra frase chiave del discorso dove ha anche sottolineato che “l’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione Europea”.
Noi di Ofcs.report, che siamo liberi e senza padroni, possiamo dire anche questo. Perché applaudire alle parole di Draghi non vuol dire essere ‘draghiani’ o filo ucraini. Significa dare il giusto riconoscimento a chi ha avuto il coraggio di pronunciare certe parole davanti ad un Parlamento che, al suo interno, contiene anime che si riconoscono nella linea politica di un’autarchia come la Russia o di una dittatura come la Cina. Allora è bene che il Presidente del Consiglio prenda posizione a nome dell’Italia, che non deve essere rappresentata da persone che guardano con favore, per qualsiasi motivo siano mossi a farlo, forme di governo come quella russa o cinese. Del resto, Draghi non è nuovo questo tipo di attacchi. All’inizio del suo mandato non ebbe problemi a definire il Presidente turco, Erdogan, “un dittatorello” con cui però bisogna parlare. Anche in quel caso attirò le critiche di un pensiero distorto che attraversa la politica italiana ormai da anni. Al netto degli “affari” che si fanno con russi o cinesi, è sempre bene tenere presente chi è l’interlocutore. E se certe “affinità” con personaggi dal profilo dittatoriale possono albergare nell’animo di un comune cittadino, lo stesso non può accadere per chi rappresenta, a vario titolo, le istituzioni di un Paese come l’Italia dove ancora aleggia lo spettro del fascismo, tirato in ballo spesso anche senza motivo. E allora, proprio per questo è necessario prendere le distanza da chi fa la guerra e uccide civili innocenti proponendo una narrazione, spesso accolta anche da una parte del popolo social, che nega le atrocità commesse.
Forse, la politica filo-russa degli ultimi anni ha anche prodotto un fenomeno che in molti stanno scoprendo solo adesso: l‘infiltrazione di Mosca nel nostro Paese. Eppure l’argomento era noto da tempo. Però è stato ignorato, colpevolmente, da molti media. Nel nostro piccolo abbiamo provato a sollevare il problema già molti anni fa. Riproponiamo a seguire un articolo del 2016 proprio sulle spie di Putin in Europa e in Italia. Oggi in molti si riempiono la bocca parlando e scrivendo di questo tema. Ma prima dello scoppio della guerra in Ucraina, gli stessi erano completamente disinteressati all’argomento definendo i nostri articoli “fantasiosi”.