Il rischio terrorismo durante le festività di Natale preoccupa l’Europa. Ieri, a sorpresa, la commissaria Ue agli Affari interni, Ylva Johansson, ha ammesso: “Con la guerra tra Israele e Hamas e la polarizzazione nella nostra società, con le prossime festività natalizie, c’è un enorme rischio di attacchi terroristici nell’Unione Europea. L’abbiamo vista di recente a Parigi, purtroppo l’abbiamo vista anche prima”. E per fronteggiare tale rischio, Johansson ha spiegato che saranno messi “a disposizione ulteriori 30 milioni di euro per la protezione, ad esempio, dei luoghi di culto in questa situazione”.
Ma la protezione dei luoghi di culto non basta
Attualmente in Europa, e lo dimostrano le azioni messe in campo dal 7 ottobre in poi, si trovano decine (qualcuno dice centinaia) di soggetti in odor di terrorismo, un gran numero di lupi solitari e cellule più o meno attive, in grado di spargere sangue e terrore non solo nei luoghi di culto, ma anche in tutti gli altri luoghi di aggregazione legati alle festività. O anche semplicemente per strada, come ha fatto Armand Rajabpour-Miyandoab, che nei giorni scorsi a Parigi ha accoltellato un giovane turista tedesco-filippino davanti alla Tour Eiffel. L’uomo, nato in Francia da genitori iraniani, era schedato con la fiche S, che indica un soggetto altamente pericoloso per la sicurezza nazionale. E Armand Rajabpour-Miyandoab un pericolo lo era sul serio, vista la sua radicalizzazione, la detenzione in carcere per aver pianificato un attacco a La Défense nel 2016 e l’uccisione di un turista nei giorni corsi. Tuttavia, era libero di circolare. A dimostrazione che il solo monitoraggio dei soggetti a rischio non è sufficiente, a meno che esista da qualche parte in Europa e nel mondo, qualcuno in grado di leggere nella mente dei terroristi e quindi prevederne le intenzioni.
In tal senso, va meglio ai sistemi di sicurezza quando i malintenzionati condividono sul web contenuti pericolosi che possono essere letti più o meno liberamente da tutti. A quel punto, come accaduto nei giorni scorsi in Italia, si interviene. A Brescia, infatti, la polizia ha arrestato due pakistani di 20 e 22 anni per “apologia aggravata dalla finalità di terrorismo e per aver diffuso idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale, incitando alla discriminazione etnica o razziale”. I due baldanzosi giovani, sfidando la sorte, hanno diffuso sui social e su “alcuni network giovanili particolarmente interessati a tematiche jihadiste”, contenuti e post altamente a rischio. Nello specifico, hanno spiegato gli investigatori, “contenuti su Al-qaeda, l’Isis, la Jihad islamica palestinese e la pratica del martirio, tanto da esaltare i tragici fatti del 7 ottobre scorso e la formazione terroristica Al-qassam, braccio armato di Hamas. I contenuti postati – aggiunge la polizia – coniugavano la matrice religiosa con un profondo sentimento antisemita ed omofobo, tanto da pubblicare messaggi d’odio contro il mondo occidentale, gli ebrei e le comunità Lgbt e immagini caricaturali che esaltavano la figura di Hitler e delle Ss”. E quindi sono stati beccati.
Rischio terrorismo a Natale in Europa: dove si nascondono i lupi solitari?
Quelli che però risultano più difficile da scovare, sono coloro che non usano il web, che non lasciano traccia, che covano odio e azioni contro l’Occidente nel segreto delle loro menti. Lupi solitari o anche cellule più o meno organizzate che hanno compreso quanto sia pericoloso, per il raggiungimento dei propri scopi, esporsi anche solo su piattaforme protette. Personaggi oscuri e ambigui che rischiano di sfuggire al tracciamento digitale ma che potrebbero essere notati per comportamenti strani da vicini, parenti, amici o nei quartieri in cui vivono. Ma che solo con il contatto umano possono essere identificati. Un sommerso che esiste e che, forse, le intelligence europee hanno qualche difficoltà a individuare proprio perché non si manifestano in rete. Da anni, le attività di humint, e quindi la raccolta di informazioni attraverso contatti personali, hanno forse lasciato il posto a quelle di un Sigint molto spinto. Quasi tutto è delegato alle attività cyber ad ampio spettro, arruolando un esercito di “smanettoni” del web che, per carità, servono. Ma forse non bastano per scovare e fermare i pensieri perversi di un terrorista.