Libero di gironzolare in Europa da 12 anni nonostante fosse un soggetto identificato come radicalizzato. L’attentatore di Bruxelles era sbarcato a Lampedusa nel 2011. Richiede asilo a Torino, ma poi fa perdere le sue tracce. Poi nel 2016 fa tappa a Bologna e nel 2021 a Genova. Proprio a Bologna era stato individuato dalla Digos e segnalato come “radicalizzato”. Ma nel suo curriculum avrebbe anche una condanna per terrorismo in Tunisia, l’espulsione dalla Svezia e la domanda di asilo respinta in Belgio.
Insomma, nonostante fosse un personaggio quantomeno ambiguo, Lassoued Abdeslam, il 45enne tunisino che lunedì sera ha ucciso due persone a Bruxelles in nome di Allah, gironzolava indisturbato da anni in Europa. Eppure, stando a quanto emerge, era noto all’intelligence e all’Antiterrorismo non solo in Italia. Però questo non ha impedito la sua permanenza sul territorio europeo e la possibilità di spostarsi indisturbato da un Paese all’altro. E lunedì sera ha colpito. Ma la storia di Abdeslam, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere la storia di decine di altri soggetti “a rischio”, radicalizzati e pronti a colpire, presenti in Europa. Quasi tutti arrivati con il flusso di clandestini che partono dalle coste nordafricane e arrivano in Italia. Un flusso che negli anni, tra gli altri, ha portato prima in Italia e poi in Europa anche Anis Amri, l’attentatore del mercato di Berlino nel 2016.
E oggi, a seguito di quello che sta accadendo in Israele, l’allarme terrorismo torna ad alzarsi a livelli preoccupanti proprio in relazione al flusso di clandestini. Lo stesso ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in un’informativa alla Camera dopo i fatti di Bruxelles, ha dichiarato: ”Uno dei principali fattori scatenanti dei flussi è costituito dai conflitti armati. E in questo momento, come noto, alle porte dell’Europa ce ne sono due, la guerra in Ucraina e il conflitto israelo-palestinese, entrambi incerti e suscettibili di provocare un impatto sulle dinamiche dei flussi, senza dimenticare che il conflitto in Medio Oriente reca con sé anche il rischio di innescare radicalizzazioni islamiste come solo pochi giorni fa è avvenuto in Francia con l’assassinio di un insegnante da parte di un fanatico islamista e ieri sera a Bruxelles con l’uccisione di due cittadini svedesi”.
Ma la radicalizzazione non è un fattore nuovo, così come non lo è il rischio che tra i clandestini si possano nascondere terroristi o aspiranti tali. Durante la guerra in Siria contro lo Stato islamico, la problematica era la stessa e le azioni di commando e lupi solitari non sono mancate, spargendo sangue in Europa e non solo.
In questi anni, però, nulla è cambiato nella politica europea che non è stata in grado di gestire le partenze dal nordafrica e tanto meno di identificare e rimpatriare coloro che presentano profili di rischio. Sarebbe servito a ridurre il rischio e provare ad avere un maggiore controllo su chi entra e vive in Europa. E adesso siamo pieni di fantasmi potenzialmente pericolosi. Fare la stima di quanti radicalizzati siano attualmente presenti nel Vecchio Continente, infatti, è difficile e questo espone ad attentati non solo in grande stile come quello, ad esempio, del Bataclan. Il vero pericolo è rappresentato dai lupi solitari, peraltro anche questi sempre esistiti, che agiscono come l’attentatore di Bruxelles. E non basta, spinti dall’emergenza, arrestare il primo radicalizzato che capita.
La circostanza che da anni, per fortuna, non si siano verificate stragi, ha spostato l’attenzione dei governi su altro, anche per convenienza. Nel frattempo, non è stato affrontato il problema dell’Africa e tanto meno si sono chiariti i rapporti con i Paesi arabi che hanno sempre finanziato il terrorismo. Anzi, si continua a fare affari con chi arma i nostri assassini: in nome di Allah, il compassionevole, il misericordioso.