Intelligence e armi per aiutare Kiev: la scoperta dell’America, è proprio il caso di dirlo. Negli Stati Uniti è bufera sul New York Times per aver pubblicato la notizia sulle informazioni fornite dall’intelligence Usa a Kiev e usate per uccidere i generali russi. Il mainstream italiano, ovviamente, riprende la notizia e la amplifica. Ma è davvero una notizia? Non esattamente, perché la guerra (convenzionale e non), si combatte grazie alle informazioni di intelligence senza le quali non si potrebbe neanche iniziare. E di questo sono consapevoli gli americani, i russi, gli ucraini e tutti quelli che hanno un po’ di sale in zucca. È come la storia della differenza tra armi offensive e difensive che qui in Italia sta tenendo banco. Una differenza che non esiste perché le armi sono armi. Ma a qualcuno fa comodo trattare gli elettori da imbecilli e quindi propone battaglie ideologiche campate in aria.
E la storia delle informazioni di intelligence che arrivano dai Paesi Nato (quindi non solo dagli Usa), agli ucraini è la stessa cosa. Del resto, lo stesso portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ieri ha chiarito: “Il nostro esercito è ben consapevole del fatto che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Nato nel loro insieme trasmettono costantemente informazioni operative alle forze armate ucraine. Questo è ben noto e, naturalmente, insieme al flusso di armi che questi stessi paesi e l’Alleanza inviano in Ucraina”. Quindi, secondo Peskov, si crea una dinamica che “non contribuisce al rapido completamento dell’operazione, ma allo stesso tempo tali azioni non sono in grado di ostacolare il raggiungimento degli obiettivi fissati”.
Se tutto ciò è vero e soprattutto se la Russia ne è consapevole, anche perché l’intelligence è uno degli strumenti preferiti da Putin, perché se ne discute?
Probabilmente non per una manovra di propaganda della Casa Bianca, come qualche osservatore ha segnalato, per informare il Cremlino che la Nato ha capacità operative superiori a quelle russe. Mosca di tutto questo era già consapevole. E tuttavia, Putin ha scelto egualmente di scatenare la guerra in Ucraina per ragioni che, al netto delle elucubrazioni mentali di vari pensatori da talk show, scopriremo (forse) a guerra finita.
Nel frattempo rimane il livello basso di certe discussioni sull’uso dell’intelligence e delle armi. Solo chi è in malafede può alimentare questo tipo di polemiche che servono, al massimo, per raccattare qualche strapuntino di consenso nei sondaggi. Per questo se ne discute. Anche negli Stati Uniti dove Joe Biden, è noto, non riesce a risalire nel gradimento degli americani.
Meglio sarebbe trattare gli elettori (a tutte le latitudini) da adulti, dunque, invece che indottrinarli con false informazioni. La guerra di spie, come qualche giornale titola, non è una notizia. Senza le spie (o intelligence, servizi segreti, 007, ognuno li definisca come vuole nel rispetto delle varie sensibilità che compongono il variegato mondo degli ipocriti), non si potrebbe neanche fare quell’attività diplomatica di cui molti si riempiono la bocca senza avere cognizione di cosa parlano.
Probabilmente, anche qui a tutte le latitudini, politici e capi di stato dovrebbero evitare di raccontare troppe frottole per intercettare il consenso popolare o tenere a bada qualche leader di partito. Perché prima o poi le bugie vengono a galla e possono trasformarsi in un boomerang. Come accaduto al ministro della Difesa italiano, Lorenzo Guerini, che suo malgrado si è trovato invischiato in una polemica di cui (presupponiamo) avrebbe fatto davvero a meno. Il Ministro, infatti, ha spiegato che tra le armi inviate a Kiev, tra “controcarro, difesa aerea a cortissimo raggio, mortai, munizionamento di artiglieria, sistemi di comunicazione, dispositivi di protezione individuale e kit di sopravvivenza”, ci sarebbero anche “dispositivi in grado di neutralizzare le postazioni dalle quali la Russia bombarda indiscriminatamente le città e la popolazione civile”. Apriti cielo! Giuseppe Conte è insorto, perché a lui questa storia delle “armi offensive” proprio non va giù. Pretende che gli venga spiegato quali sono difensive e quali offensive. Guerini, politico capace e poco avvezzo alla polemica da social (a differenza del suo segretario di partito che invece sui social sguazza come una rana in uno stagno), mal digerisce questa posizione di Conte che, per sua natura, è una posizione sterile. Ma tant’è. E pure Matteo Salvini, impegnato a tallonare Giorgia Meloni (Meloni, improvvisamente e curiosamente atlantista senza se e senza ma) nei sondaggi, si lascia ammaliare dalle sirene del M5S sulla differenza tra armi offensive e difensive. Il Ministro, dunque, per evitare troppi scossoni al governo Draghi, ha scelto la via diplomatica e il Dicastero corregge il tiro in una nota precisando che Guerini “si riferisce a munizionamenti a cortissimo raggio funzionali al solo scopo difensivo e per proteggere città e cittadini”. La scoperta dell’America!