A sei giorni dallo scellerato attacco di Hamas contro Israele, Gaza è al buio. Senza luce, acqua, cibo e soprattutto senza speranza. Quella speranza che i terroristi hanno cancellato in un solo colpo sabato 7 ottobre. Hamas ha cancellato il diritto stesso dei palestinesi di esistere.
Due milioni di persone in trappola, in una Striscia di terra senza sbocchi: da una parte il mare, dall’altra Israele. Mentre i palazzi crollano sotto le bombe e i carri armati israeliani si schierano sempre più massicci lungo il confine, i bambini muoiono e con loro un pezzo della speranza di Gaza.
Perché la rivendicazione del diritto di esistere deve valere per tutti, palestinesi e ebrei. L’azione di Hamas, però, ha messo in discussione il diritto di esistere di Israele. Ha ucciso i bambini, le donne, gli anziani e i soldati. Un altro olocausto che Israele non potrà perdonare. “O arabi, noi vi potremmo un giorno perdonare per aver ucciso i nostri figli, ma non vi perdoneremo mai per averci costretto ad uccidere i vostri”. Le parole di Golda Meir risuonano pesanti nell’aria, evocate come un monito ai palestinesi perché essi stessi hanno messo in discussione la loro stessa esistenza, lasciandosi guidare da una classe dirigente corrotta e incapace prima, terrorista oggi. Perché per rivendicare un pezzo di terra non sempre è sufficiente farsi difendere dagli altri a combattere il ‘nemico’. Bisogna anche essere in grado di coltivare quella terra, renderla fertile e ospitale e dialogare con il ‘vicino’ presunto ‘nemico’.
E oggi, proprio quel presunto nemico è più vicino che mai alla porta dei palestinesi e vendicherà la morte dei suoi figli uccidendo quelli degli altri. E la vendetta sarà terribile. Tutti i membri di Hamas verranno uccisi, ovunque si trovino. Ma non solo. Gaza non sarà più come prima o forse, più tragicamente, non sarà più. Perché i palestinesi hanno negato a se stessi il diritto di esistere, reclamando da sempre un diritto esclusivo su quella terra che adesso si è trasformata in una trappola.