Mario Draghi spedisce Luigi Di Maio negli Stati Uniti. Il ministro degli Esteri italiano sarà il primo ministro di un Paese estero, dall’insediamento di Joe Biden, ad atterrare ufficialmente a Washington. Incontrerà il segretario di Stato, Anthony Blinken, e anche il famoso immunologo Anthony Fauci. E tutto questo, immaginiamo, non certo per le doti diplomatiche e politiche del titolare della Farnesina e neppure per il lascito di Giuseppe Conte.
A Di Maio, invece, tocca proprio fare una inversione di marcia rispetto alla linea portata avanti quando era ministro degli Esteri alla corte dell’avvocato. Bisogna rientrare nell’Alleanza atlantica e smetterla di amoreggiare con Cina, Russia, Turchia et similia.
Del resto, che piaccia o no, gli Usa sono l’alleato naturale dell’Italia e il premier Draghi lo sa. Il trattamento riservato a Erdogan, definito senza mezzi termini dittatore, lo dimostra ampiamente. E pure la consapevolezza che con certi personaggi bisogna in qualche modo trattare, senza farsi mettere i piedi in testa, è sintomo della caratura dello statista. Negli anni scorsi invece, complice forse anche il pesto alla genovese tanto gradito dall’ambasciata cinese a Roma, abbiamo ampliato la corrispondenza di amorosi sensi con Pechino ad esempio. Brutta storia, che anche agli Usa di Trump non andava a genio. Ma tant’è.
In tutto questo naturalmente, il Vaticano non ha aiutato. Mentre l’America strepitava contro la Cina, la Santa Sede ha rinnovato l’accordo per la nomina dei vescovi. Tutto secretato ovviamente. I termini dell’accordo sono tenuti sotto chiave nei cassetti della scrivania di Bergoglio. Ma forse, adesso, qualcosa cambierà. Non c’è da aspettarsi uno stravolgimento repentino, di quelli da far girare la testa. Piuttosto un riequilibrio di certi assetti. La storia dello spionaggio russo in Italia che ha coinvolto un ufficiale della nostra Marina militare, molti osservatori lo hanno letto come un messaggio chiaro a Putin. E anche le parole di Draghi contro Erdogan sarebbero sulla stessa linea. Tradotto: i rapporti continueranno ad esserci ma non tollereremo altre interferenze. E poi c’è anche l’uso del golden power da parte di Draghi, che in questo modo ha bloccato l’acquisizione di una società italiana da parte di una cinese.
E Luigi Di Maio, riprogrammato velocemente sulla linea atlantista, lunedì e martedì sarà al cospetto di Blinken. E in questo caso, la sinistra di casa nostra, gli esponenti del M5S modello Che Guevara e i “donatori” di pesto alla genovese, non potranno certo opporsi alla linea di Joe Biden su Cina e Russia ad esempio, perché il presidente degli Stati Uniti è della stessa loro parrocchia. Acclamato come il salvatore del mondo nel giorno della sua elezione, Joe adesso li vuole alla sua corte, tutti quanti! Stavolta alla Cina, il pesto potrebbe andargli di traverso.