C’è il ritorno di Speranza e Bersani. La dichiarazione d’amore del segretario uscente, i media compiacenti che tentano di dare un senso a tutta la storia. Poi c’è la fronda che si batte per il cambio del nome (il brand Pd funziona ancora?) e l’approvazione del ‘Manifesto per il nuovo Partito democratico’. L’assemblea del Partito Democratico è più simile ad una terapia di gruppo, o di coppia se preferite, per tentare di rimettere insieme i cocci di un matrimonio fallito. Forse si tornerà insieme, per salvare la famiglia, ma nulla sarà più come prima. E di questo sono consapevoli tutti, soprattutto la dirigenza che ha portato il Pd a questo punto.
E come in un flusso di coscienza, affidato a Twitter da parte di un noto anonimo iscritto al partito, emerge la drammaticità del momento: “All’assemblea Nazionale PD va in onda lo spettacolo di un partito morente la cui classe dirigente disastrosamente sconfitta pretende di tracciare la strada a chi tenterà – tra enormi difficoltà – di rimetterlo in piedi. Tutto in streaming, così ci possiamo vergognare dì più”. E qui il cerchio si chiude. Non prima, però, di aver raccolto le lacrime di commozione di Livia Turco dopo l’intervento di Roberto Speranza che, come il cavaliere senza macchia, rivendica la scelta di rientrare nel Pd come l’unico antidoto “di fronte a questa destra”. “L’unità non è un’opzione ma una scelta politicamente e moralmente obbligatoria e io sono qui per questo – aggiunge Speranza, sguainando idealmente la spada dall’armatura – Unità è una parola potente, ma l’unità da sola non basta, è la premessa. Insieme all’unità serve il coraggio di cambiare”.
E qui potremmo anche fermarci, per carità cristiana nei confronti degli elettori del Pd che non hanno colpe, se non quella di avere, legittimamente, creduto e sostenuto il partito. Ma la seduta di gruppo in streaming ha riservato altre sorprese. Il realismo di Paola De Micheli, candidata alla segreteria (“Chiedo unità ma non unanimismo, perché le scelte di unanimismo ci hanno lacerato. Diciamoci sempre le cose in faccia, proviamo a non essere falsamente unanimi e ad essere leali e coerenti, pur nella diversità”), si scontra con la visione di Elly Schlein, che dai tempi di ‘Occupy Pd’ è sempre stata una spina nel fianco dei democratici. Ora si propone per la poltrona di segretario del Pd andando a sfidare un politico capace come Stefano Bonaccini. Il governatore dell’Emilia Romagna si muove nel partito con la saggezza di un padre di famiglia: “Permettetemi di dire che se la fase costituente finisse oggi, sarebbe poca cosa. Saluto gli amici di Articolo Uno, grazie di essere tornati, di voler condividere il percorso, ma la costituente, per essere tale, deve riportare dentro milioni di persone che se ne sono andati”.
Le parole di Bonaccini rimbombano nelle orecchie dei partecipanti all’assemblea. Riportare dentro milioni di voti che sono andati via. Impresa non facile, soprattutto quando esiste un Movimento che da anni succhia il sangue del Pd. E i democratici hanno anche scoperto il collo per aiutare il vampiro ad affondare meglio i canini nelle carni. Per sopperire alla perdita di sangue è arrivata la trasfusione di Bersani, Speranza e Art 1. Basterà? Chi può dirlo! Attendiamo la prossima seduta di analisi in streaming.