Alla manifestazione pro Palestina i compagni strappano la bandiera di Israele. Se qualcuno aveva ancora dubbi, ieri a Roma è andata in scena l’ennesima sfilata ideologica contro Israele. Gli slogan e i cori che hanno accompagnato la marcia da Porta San Paolo a San Giovanni in Laterano, accusavano lo Stato ebraico di “genocidio” e “apartheid”. “Sionisti assassini” è stato scandito più volte, come un mantra. Ma non solo. Il Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, è stato accostato a Adolf Hitler e quella che è stata definita una “sfilata pacifica”, si è trasformato in un attacco a Israele. Non una parola contro Hamas o di solidarietà nei confronti degli ostaggi. Nessuna richiesta di pace. Solo odio e fake news. Come quella che dal 7 ottobre scorso, giorno dell’attacco terroristico compiuto da Hamas contro Israele, continua circolare e che sovrappone l’azione terroristica alla resistenza palestinese. A questo punto, coloro che hanno sfilato ieri nella Capitale dovrebbero spiegare, se sono in grado di farlo, cosa intendono per resistenza e cosa per attacco terroristico. Fino ad ora le due cose, nella loro narrazione, si sovrappongono autorizzando a pensare che siano la stessa cosa.
Alla manifestazione pro Palestina sempre i soliti noti
Ma il punto più basso della sfilata è stato toccato quando, davanti alla sede della Fao, uno dei manifestanti si è arrampicato sul muro di cinta e ha strappato la bandiera israeliana. Un gesto che da solo basterebbe a qualificare lo spirito della manifestazione e dei partecipanti. Sempre i soliti noti: centri sociali, auto proclamati antifascisti, antagonisti vari, anarchici, collettivi universitari e studenti medi. Quelli che da sempre scendono in piazza con il piglio eversivo, sbandierando il fantasma del fascismo e della repressione da parte dello Stato che, in questo caso, è stato talmente repressivo da consentirgli di andare per le strade di Roma e inveire contro Israele. A fare da cornice a questo quadro, alla marcia hanno partecipato anche Cobas, Pci, Rifondazione Comunista e Potere al Popolo. Le uniche bandiere ammesse sono state quelle palestinesi. Anche il Tricolore italiano è stato bandito perché, secondo qualche abile pensatore, bisognava tener fuori nazionalismi e fascisti.
E così, in un sabato qualunque di fine ottobre, mentre tra Israele e Gaza fioccano lanci di razzi, bombe e morti, l’intellighenzia e la meglio gioventù italiana fanno finta di non capire chi ha iniziato questa guerra, concentrandosi solo sugli effetti nefasti arrivati sulla Striscia di Gaza dopo il 7 ottobre. Come se i morti israeliani e gli ostaggi in mano ai terroristi non esistessero. Come se il dolore e la paura fossero da una sola parte: la loro. Come se Israele non avesse il diritto di difendersi.
Meglio farebbero gli studenti e gli attivisti palestinesi che hanno organizzato la manifestazione, e in generale tutti palestinesi, a ribellarsi ad Hamas, nel tentativo di portare avanti quel percorso di pace per la nascita e la convivenza di due Stati. Sarebbe più saggio manifestare per questo che contro lo Stato ebraico, che come sempre si trova assediato da più fronti, difendendosi con le sue sole forze.