da Eques
“Qualche singola e limitata tensione”. Così ha commentato, persino compiaciuto, il ministro degli Interni, Marco Minniti, la giornata di manifestazioni di ieri, 24 febbraio 2018. Singolare, veramente singolare la sua opinione. E sì, perché, guardando i servizi trasmessi un po’ da tutti i telegiornali, i “pacifici manifestanti”, accomunati dal lievito di un “doveroso antifascismo”, a cui nessuno può democraticamente sottrarsi, si è visto invece l’uso di violenza e prevaricazione contro le Forze dell’Ordine, al “dichiarato fine” di impedire ad altri di esprimere il proprio libero, e ovviamente diverso pensiero.
Questa sarebbe espressione di “democrazia”?
A molti non sembra affatto. Che l’improntitudine dei politici non abbia limiti, è fatto certamente notorio, e ovvio, vien da dire, stando alle quotidiane loro esternazioni, ma che addirittura l’ormai tra pochi giorni ex Ministro di uno dei dicasteri più delicati, addirittura sminuisca in modo così mistificante le reiterate azioni violente poste in essere da facinorosi che, se c’è qualcosa che hanno dimostrato, è solo la loro assoluta sconoscenza del significato del concetto di “democrazia”, è veramente oltraggioso per i milioni di italiani che hanno dovuto assistere a tali vergognose espressioni di prevaricazione.
Per quale ragione il Ministro, a cui tutto si può addebitare meno che di non esser dotato di intelligenza, abbia definito “qualche singola e limitata tensione” quel che le immagini trasmesse hanno mostrato, e cioè la palese e violenta rivolta contro l’ordine costituito, in questo consistendo l’aggressione portata alle Forze dell’Ordine, rimane un mistero.
Si è sentito dire “per calare i toni della contesa”
Sicuri che sia questo il risultato che si può conseguire raccontando una realtà diversa da quel che le immagini hanno mostrato? Occupare le strade, violando i divieti, con il volto travisato, armati di bastoni, tirando cubetti di porfido, devastando quel che si incontra, del tutto impunemente, tirando “bombe carta”, e cioè quegli ordigni esplosivi, riempiti di chiodi e frammenti di metallo, il cui unico scopo è ferire, se non anche uccidere, poliziotti e carabinieri che cercano di garantire l’ordine pubblico, sarebbero l’espressione di questa “limitata tensione” idonea a far calare la tensione?
Davvero sicuri di questo o per caso, qualcuno, consentendo questo si auspica proprio qualche reazione violenta?
E poi, cosa ci vuole, il morto, per descrivere nella sua oggettiva realtà quel che accade quando questi “democratici” esprimono, nell’unico modo in cui sono capaci di farlo, il loro pensiero? Beh, se è questo il criterio distintivo delle tensioni, che le fa definire gravi, solo se ci sono i morti (anche se la gravità sembrerebbe esser appannaggio solo di alcuni tipi di vittime, e non di altri), allora ha ragione il Ministro.
Molti italiani però, sicuramente molti di più delle poche centinaia di facinorosi, e parliamo di milioni, la pensano assai diversamente. Certamente non tutti i manifestanti si comportano in quel modo, ma voler dipingere un’Italia che esiste solo nella fantasia, o forse nei desideri di qualcuno, non è certo raccontare la verità.
Tutto ciò poi, con la scusa, buona per tutte le stagioni, di un antifascismo, di cui però non si sentiva più parlare da decenni, per la semplicissima ragione che, ad onta di quanto dice chi ha il potere di accendere o spegnere i microfoni, non esiste più da tempo. A parte che questa pianificata reviviscenza del fascismo, che è un fenomeno che, volenti o nolenti, fa parte della storia italiana, e che meriterebbe semmai, per chi ne possa avere interesse, ormai solo sotto il profilo storico, una serena rilettura alla luce dei dati oggettivi, e non delle partigiane mistificazioni, che ancor oggi vengono spacciate come verità, quel che si palesa sotto gli occhi di tutti, è che le azioni poste in essere da questi “antifascisti”, e i loro modi di esprimersi, sono perfettamente identici a quelli definiti come fascisti.
E si, perché cercare di impedire agli altri, con prevaricazione, violenza fisica, devastando tutto quel che si trovano sul cammino, di riunirsi pacificamente, manifestare il proprio pensiero, e partecipare, alla pari di tutti i competitori, a una campagna elettorale, non rispettando gli ordini delle Autorità, e anzi ribellandosi in forma violenta, è proprio il nucleo centrale di quello che, sia la giurisprudenza, che il comune sentire degli antifascisti di oggi definisce “fascismo”.
Allora cerchiamo di capirci, se democrazia significa, nella sua essenza, libertà di pensiero, e di sua espressione, nel rispetto degli altri, come si possono qualificare i comportamenti che viste attraverso le telecamere?
Più che insigni giuristi, liberali e sicuramente, loro si, antifascisti (ma quando il fascismo c’era, non oggi che sono passati più di settanta anni ed è ormai morto e sepolto), hanno lungamente dibattuto proprio sulla legittimità del divieto di ricostituzione del partito fascista, perché, al di là di quel che era stato, il divieto avrebbe comportato una contraddizione del sistema democratico, laddove limitava proprio la libertà di pensiero, e questo sicuramente era irrispettoso proprio dei principi basilari della democrazia.
La scelta fu quindi quella di vietare la ricostituzione di quel partito, che ci sta tutta in un sistema basato sulla democrazia, non toccando però in alcun modo la libertà individuale di pensare ed esprimere il proprio pensiero, e pertanto anche di essere fascisti, con la sola limitazione di precludere, oltre alla ricostituzione di quel partito, tutte le manifestazioni e comportamenti indirizzati a imporre il proprio pensiero agli altri con violenza e prevaricazione, vietando anche l’esposizione e utilizzo dei simboli propri del fascismo, se indirizzati, in qualsiasi modo, a una sua rinascita.
Questo apparve a quegli studiosi l’equo compromesso che, garantendo il neonato sistema repubblicano, permetteva comunque a tutti, indistintamente, assoluta libertà di pensiero e di sua espressione. E allora, è doveroso domandarsi oggi, opporsi agli ordini legalmente impartiti dall’Autorità, pretendere di impedire a chi la pensi diversamente di riunirsi, esprimere il proprio pensiero, partecipare alle competizioni elettorali, usare violenza contro le persone, danneggiare il patrimonio, sia pubblico che privato, che cosa è? Questa sembra la descrizione di quello che, secondo l’opinione di molti, e però, scusate se c’è ancora chi insiste a voler esprimere il proprio diverso pensiero, non di tutti, sarebbe la descrizione del “fascismo”.
Ma allora, chi sono i fascisti?
Quelli che senza armi, senza tumulti, attraverso la parola, il confronto e l’incontro, propugnano le proprie idee, legittime e, per lo meno a parole, sostanzialmente identiche a quelle di tutti gli altri schieramenti, dai quali si differenziano solo per le modalità di approccio e soluzione dei problemi, o quelli che, autoattribuitasi la patente di democratici, pretendono di impedire agli altri, con la violenza, persino l’espressione del loro diverso, e però libero, pensiero?
Domandatevelo … e datevela da soli una risposta.