da Eques
In merito l’arresto dei due aggressori del segretario palermitano di Forza Nuova, Massimo Ursino, stando a quanto si legge sul Fatto Quotidiano, il G.i.p. di Palermo, Roberto Riggio, avrebbe sciolto la riserva sulla richiesta di custodia cautelare formulata dalla Procura all’udienza di convalida del fermo disposto. Si è quindi derubricata l’accusa da quella di tentato omicidio, sostenuta in udienza dal Procuratore Aggiunto, a quella di lesioni gravissime, disponendo l’immediata scarcerazione dei due fermati per l’aggressione, imponendo loro il solo obbligo di presentazione alla P.G..
L’articolo del Fatto prosegue riportando alcune affermazioni attribuite al legale dei fermati, l’avv. Giorgio Bisagna, secondo cui l’accusa sarebbe “spropositata”, e che la Procura avrebbe fermato i suoi assistiti solo a seguito del clamore suscitato dalla vicenda. Inoltre, la scarsa visibilità delle immagini riprese dalle telecamere non consentirebbe la certa individuazione dei responsabili.
Sempre secondo il Fatto, il legale avrebbe affermato che i danni subiti da Ursino, sarebbero stati refertati con soli “5 giorni di riposo” mentre, secondo tutte le altre testate giornalistiche, la prognosi sarebbe invece di venti giorni, per “frattura del naso, sospette lesioni a una spalla ed ematomi su tutto il corpo”. I quotidiani riportano, inoltre, che i due fermati si sarebbero avvalsi della facoltà di non rispondere.
Prendendo per vero quanto si legge, alcune domande sembrano doverose
Chiarito innanzitutto che la scelta se rispondere o meno agli inquirenti, costituisce un diritto indiscutibile di chiunque si trovi nella posizione di indagato, e che tale scelta non possa, giuridicamente almeno, comportare conseguenze, la domanda che però le persone, diciamo normali, si pongono, è: per quale ragione, se l’indagato non è l’autore del reato di cui è accusato, non risponde alle domande, e non si fa parte invece attiva nel fornire notizie utili per dimostrare la sua estraneità, magari indicando un alibi, e quindi collaborando concretamente per l’identificazione del vero colpevole, così facilitando l’accertamento della propria innocenza?
E soprattutto, perché il difensore, che sostiene che i suoi patrocinati non hanno commesso il fatto, invece di offrire elementi di supporto alla difesa, magari attraverso le investigazioni difensive, ove non soddisfatto dell’andamento delle indagini, cerca di sminuire e minimizzare la portata dei danni, addirittura proponendo l’improbabile tesi secondo cui le lesioni sarebbero state talmente lievi da esser refertate con una prognosi di soli cinque giorni di “riposo”, mentre tutti gli altri giornali l’hanno indicata in venti?
Qualunque normale difensore che afferma l’innocenza del suo patrocinato, non va a contestare l’entità dei danni, quali che siano, subiti dalla vittima del reato, ma deve rimanere del tutto indifferente a quelli.
In questo caso invece sembrerebbe di no … chissà perché.
Certamente potrebbe essere una strategia difensiva … come quella di suggerire di non rispondere all’accusato innocente. Ognuno si regola come vuole del resto. Certo non potrà dolersi però se, non i giudici, che sanno bene come applicare la legge, e conoscono la procedura, ma la gente normale, qualche dubbio possa porselo.
Quali che ne siano le ragioni, rimane un dato, indiscutibile, la frattura delle ossa nasali non può guarire in cinque giorni, e, se vogliamo esser seri, neppure in venti.
Ogni valutazione a chi legge.