a cura di Eques
Quante volte si legge sui giornali e si sente dire dai commentatori, riferendosi a procedimenti giudiziari che investono persone note divenute indagate, “è un atto dovuto” o “l’azione penale è obbligatoria”? Qualcuno ha però compreso il significato di quelle espressioni? Ci credo poco.
Obbligatorietà dell’azione penale significa semplicemente che il pubblico ministero, quando viene a conoscenza di un fatto di reato, deve perseguirlo. Tutto qui. Il problema è un altro, e cioè come si stabilisce se un’azione costituisca reato? Semplice … lo decide il pm.
E allora? Vogliamo starne ancora a discutere?! Riflettiamoci un attimo, e lasciamo da parte i reati palesi, l’omicidio, la rapina, il furto, e pensiamo ad altri, quelli che possono individuarsi in aree di confine tra civile e penale. È lì che il discorso inizia a complicarsi, perché esistono una miriade di comportamenti che, a seconda di come vengano letti, possono ricadere nell’uno o nell’altro campo. Chi lo decide? Sempre il pm.
E veniamo all’altro cavallo di battaglia, il cosiddetto ”atto dovuto”, proposto quasi per far intendere che è obbligatorio compierlo, e non se ne può fare a meno, ma non significa nulla rispetto alla responsabilità. Ah si? Arrestare uno che sta compiendo una rapina, allora cos’è? Non è forse un atto dovuto?
C’è un solo termine per descrivere il modo di proporre le notizie di questi tempi … ipocrisia.
E sì, perché se la “persona sottoposta a indagini” è benvoluta, allora si sente dire che l’iscrizione nel registro degli indagati, non solo non equivale a colpevolezza, il che è ovviamente vero, ma anche che l’iscrizione è un’automatica conseguenza di un “atto dovuto”, quasi a far intendere che forse neanche il magistrato l’avrebbe ordinata, se la legge non glielo imponesse. E certo, poverino, lui deve farlo, qualche volta addirittura controvoglia, ma che può fare?
Ovviamente la musica cambia, se la persona in questione non è benvoluta da una determinata parte politica.
Gli strilloni del “le sentenze non si discutono, si rispettano”, quando sono i loro beniamini a finire indagati, hai voglia se le discutono, travalicando ogni limite, decenza compresa.
Così però non basta ancora e le tecniche di manipolazione della pubblica opinione si affinano.
Si riferiscono fatti veri, però, in modo insinuante e subdolo, in modo da destare dubbi almeno sulla correttezza, se non addirittura sulla giustizia, di chi li abbia compiuti. Non si può contestare quali norme siano state violate? E allora si invoca una propria personalissima giustizia che, per un non definito alto valore delle motivazioni, addirittura riesce a render legale, solo per i loro protetti, ovviamente, ciò che legale non è.
E così, se il ministro dell’Interno deve mettersi in testa di non essere al di sopra della legge come tutti gli altri, per taluni invece, il dovere di insorgere se qualcuno, scientemente violando leggi e regole, lo abbia fatto a fin di bene, o per ragioni umanitarie, o come più può piacere descriverlo.
Vediamo l’ultimo caso salito alla ribalta: quello del sindaco di Riace
Secondo l’accusa, frutto di indagini e non di persecuzione, costui ha violato, più volte, del tutto consapevole, diverse norme. E però, dicono gli autonominatisi difensori, lo ha fatto a fin di bene! A parte che rimane incomprensibile capire secondo quali criteri si stabilisca quale sia il “fin di bene”, come si dovrebbe concludere, se si condividesse questo, chiamiamolo principio, che se uno ruba per dar da mangiare ai figli … allora non può esser perseguito?
E comunque, che c’entra il fin di bene con l’affidamento diretto, in violazione di norme, della raccolta dei rifiuti? Che è per fini umanitari e di accoglienza pure questo? E già ma, dicono che, non ha tratto profitto. E allora? Qualcuno ha una minima idea di quanti reati senza profitto si commettono, e sono perseguiti, ogni giorno? E che, perché non c’è profitto non c’è reato? O è cambiato il codice, o qualcuno, a voler forzosamente pensar bene, ha le idee un po’ confuse.
Chiunque senta prepotente il desiderio di accogliere, di aiutare o di salvare, lo faccia, e però se ne assuma anche gli oneri, senza la pretesa di addossarli agli altri. E magari, se ne occupino anche dopo lo sbarco salvifico, che sarebbe meglio.
Tornando alla questione del sindaco “buono”, stamattina, quello che commentava il suo caso in una rassegna stampa di una radio, che neppure so chi sia e che competenze abbia, unendosi al coro dei buonisti a tutti i costi, e degli autoproclamatisi depositari dei buoni sentimenti, come quel che ha fatto quel poveretto, è qualcosa non solo di encomiabile, ma che si deve auspicare si moltiplichi. Come lo hanno descritto? Ah si … “reato di umanità”!
Ma è sulle ragioni dell’indagine che ha toccato l’apice. Secondo lui il motivo è che il Procuratore di Locri, essendo il capo di una piccola Procura, che non ha neppure una Direzione Distrettuale Antimafia, è ovvio cerchi di avere notorietà. Difficile anche qui commentare.
È comunque fantastico vedere come sempre di più, troppe volte persino violentando la lingua italiana, oltre che il semplice buon senso, e ovviamente le leggi (che vanno rispettate solo se, secondo loro ovviamente, sono buone e giuste), riescano ad aver il coraggio di propinare le loro bislacche, quanto personalissime visioni, alla stregua di verità assolute.