Seguire le tracce di chi si radicalizza su internet: un compito sempre più arduo, per la polizia francese. La procura di Parigi ha aperto un’inchiesta preliminare per violazione di segreto professionale in seguito alla pubblicazione sui social network dei dati sensibili della polizia. Si tratta di informazioni riguardanti numerose persone segnalate perché in contatto con ambienti radicalizzati. Inoltre, il ministro dell’Interno, Gérard Collomb, ha deciso di effettuare una segnalazione alla Procura, sulla base dell’articolo 40 del codice penale. L’accusa ricade sul reporter Jean-Paul Ney che, a partire dal suo profilo twitter, ha fatto diventare virale i documenti segreti.
Un’abitudine che diventa virale
Non è la prima volta che l’uomo manda a monte le ricerche relative al terrorismo. Nell’ottobre 2016 infatti era già stato condannato. Secondo l’accusa, la sera degli attentati contro Charlie Hebdo, avrebbe pubblicato tutti gli avvisi di ricerca dei fratelli Kouachi e anche tutti i dati sensibili di Hamyd M., che non apparirà mai nel dossier, il tutto accompagnato dalla frase “vi teniamo d’occhio figli di pu..na”. Sette mesi dopo la sua condanna, Jean-Paul Ney, avrebbe mostrato una certa recidività: secondo gli inquirenti avrebbe divulgato le identità che erano sotto osservazione “per terrorismo”. Informando dunque milioni di persone, via internet, di indagini e sospettati che dovevano restare nell’ombra.
?Trois djihadistes belges recherchés en France pour “menace d’attentat”.https://t.co/D5dTNqwKtK pic.twitter.com/bounMiGMKG
— Jean-Paul Louis Ney (@jpney) 9 maggio 2017
L’attentato degli Champs-Elysées
Giovedì 20 aprile, appena trenta minuti dopo l’uccisione del poliziotto sugli Champs-Elysées a Parigi, rivendicata dall’Isis, lo stesso giornalista aveva pubblicato sul suo profilo twitter la foto di un ricercato belga scrivendo: “Ricercato Youssou El Osri”. Questo personaggio sarebbe uno spacciatore di droga in Belgio, ma non corrisponde all’identità dell’attentatore. In quell’occasione la fuga di documenti è continuata perché, qualche ora più tardi, le generalità del vero attentatore sono state messe online dalla pagina dell’account fittizio sotto il nome di Aldo Sterone, un simpatizzante del Front National di origine algerina. L’inchiesta passerà al setaccio anche questa pubblicazione.
Operazioni sotto attacco
Le foto erano state diffuse insieme alla scritta “potrebbe raggiungere la Francia per un attentato in nome dello Stato Islamico”. L’uomo veniva presentato così come il nuovo Abaaoud, riferendosi alla persona che aveva coordinato gli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi.
“La diffusione di questo tipo di documenti estremamente sensibili è molto pericolosa – ha spiegato il capo della polizia a Parigi, Patrice Latron – non c’è alcuna intenzione di renderli pubblici, questo crea panico e non permette di continuare le ricerche antiterroristiche in modo discreto e efficace. Queste fughe di notizie mettono in pericolo le indagini in modo molto serio”.
Gare du Nord evacuata: “Ho visto i terroristi apparsi sui social”
L’esempio pratico di un inutile dispiegamento di forze armate intervenute a causa del “panico da social network”, è arrivato con l’operazione antiterroristica a Gare du Nord, lunedì scorso. Dalla sua bacheca Facebook, una cassiera della stazione dei treni aveva notato la foto di tre individui che circolava sui social network, un’immagine che additava i tre come pericolosi terroristi. La donna ricordava di aver venduto durante la giornata, verso le 18, alcuni biglietti del treno proprio a quegli uomini “sospetti”. La cassiera ha dato un’allerta ben precisa alla polizia: il TGV partiva da Valenciennes alle 21.15 per arrivare nella capitale francese alle 23.11. La stazione è stata evacuata, le fermate della metro vicine sono state chiuse e un’ingente squadra antiterroristica è stata occupata per tutta la sera, fino alle 3 di mattina. Il tutto senza alcun risultato.
In un momento molto delicato per la lotta al terrorismo in Francia, i social network possono trasformarsi in un ricettacolo di false informazioni e piste farlocche che mettono a repentaglio intere operazioni volte a ricercare, questa volta realmente, persone radicalizzate.