Silenzio, verde, tranquillità e modernità. Quattro parole che evocano immediatamente quello che è Neuilly-sur-Seine per chi la conosce. Normalità, per chi ci vive. Un’irreale bolla di isolamento dorata, per chi la vede dall’esterno. Un lato della banlieue parigina che nessuno racconta.
Raggiunta dalla linea 1 della rete metropolitana della capitale, Neuilly è un piccolo comune di circa 60.000 abitanti che sorge nella parte ovest della banlieue parigina. Questo luogo dove l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy è stato sindaco dal 1983 al 2002, incarna un’idea completamente diversa dallo stereotipo allarmista sinonimo di criminalità e integralismo religioso: qui la parola d’ordine è pace. Lasciandosi alle spalle il clamore (sempre molto relativo e ovattato: le sirene dei mezzi di soccorso, quando ci sono, vengono generalmente accese solo se necessario e solo per attraversare gli incroci) di Avenue de Gaulle, la principale arteria che spacca la città da est a ovest, la quiete arriva in pochi metri.
Il tempo di infilarsi in uno dei numerosi parchi, disseminati un pò in tutto il centro, e sedersi a godere della visuale de La Défense, il complesso di grattacieli ultramoderni sorto a partire dagli anni ‘60 ad ovest di Parigi, cullati dal vociare dei bambini intorno che giocano a rotolarsi sull’erba, molti dei quali indossanti la tradizionale kippah ebraica. Nulla sembra poter disturbare l’idilliaca verde realtà di quello che sembra un piccolo pezzo di paradiso trapiantato sulla Terra.
“Bah… Neuilly è un po’ come Parigi, non ci sono grandi differenze. Stessa gente, stessi servizi. Solo molto più ricca!”, spiega una coppia di amici sulla sessantina mentre passeggia in una via adiacente al parco del Bois de Boulogne, al confine cittadino con la capitale, concludendo la frase con una grassa risata.
Non è difficile capire la composizione della popolazione cittadina, formata dai quadri dirigenti che lavorano nella capitale francese, come allo stesso modo è abbastanza semplice intendere in che direzione soffi il vento politico di questa banlieue, a tre settimane dal voto. Il rassicurante volto sorridente del candidato di destra François Fillon è praticamente onnipresente, anche se in maniera discreta: nonostante sia ovunque, bisogna fare molta attenzione per notare i manifesti elettorali, o per non ignorare distrattamente le sorridenti vecchine che distribuiscono volantini per la sua campagna elettorale all’uscita della stazione della metro Les Sablons, mentre si viene superati da eleganti professionisti con borsa ventiquattrore al seguito e ricchi adolescenti annoiati che cercano il luogo migliore per far correre le ruote della propria tavola da skateboard nuova di zecca.
“Io non mi fido dei giornalisti, non sono oggettivi. Sono faziosi, hanno paura di perdere i loro privile – afferma una signora sulla sessantina con indosso una vistosa pelliccia chiara, incontrata in un parco – Sono tutti di sinistra, guarda cosa hanno fatto con Fillon…”.
Camminando per i viali e per le stradine del centro abitato sembra di attraversare un luogo irreale nella sua perfezione. Tutto sembra essere immacolato, intonso e funzionante: dalla pulizia delle strade al distributore automatico di sacchetti per i bisogni degli animali domestici durante la passeggiata quotidiana, tutto sembra suggerire di essere nell’utopia disegnata dalla mente di un geniale urbanista. Parlando con la gente per strada sembra non esserci alcun problema: Neuilly è perfetta com’è. “Forse – azzarda un direttore di banca di ritorno dal lavoro, dopo vari rimuginamenti – lo smog. C’è troppo smog su Avenue de Gaulle”.
Ma è il verbo sembrare e non l’essere a dominare questa descrizione, e un motivo c’è. I problemi di Neuilly nascono, infatti, proprio nell’inconsapevolezza della loro esistenza da parte di chi ci vive, sguazzando nell’ignoranza di chi indirettamente ritiene che i problemi nascano solo dalla loro presa di coscienza. In altre parole, il problema esiste solo se e quando si decide di vederlo.
È così che si inizia a comprendere meglio la realtà di Neuilly: una realtà in cui tutto quello che conta è all’interno, e tutto quello che non lo è semplicemente non esiste. Una realtà in cui, ad esempio, a non esistere praticamente per nulla è il marcato multiculturalismo che caratterizza da sempre la società francese moderna. Il concetto di Francia “Black-Blanc-Beur”, in grado di riassumere l’anima multietnica dello Stato, è completamente assente, sia nella composizione fisica della popolazione cittadina che nella concezione mentale che i suoi abitanti hanno di essa.
A parlare con la gente per strada, inoltre, si ha il metro di quella che è la percezione del mondo all’esterno. Quasi nessuno, a parte alcuni giovani, è in grado di dire cosa stia accadendo a Parigi nelle ultime settimane: pochissimi sono a conoscenza dell’Affaire Théo, e ancora meno conoscono nei dettagli lo scandalo che ha travolto il candidato preferito dalla maggior parte dei cittadini, Fillon. “Tutte dicerie della stampa, asservita al regime”, afferma un uomo di mezza età dall’aria annoiata, mentre passeggia con un piccolo cane per le vie del centro. “Ne abbiamo abbastanza di questi politici di sinistra, incapaci di fare qualsiasi cosa se non mettere tasse. Ho guadagnato il mio denaro, voglio godermelo. E chiunque viva qui la pensa più o meno in questo modo. Tutti dicono ‘la calma, i servizi’… La verità è che simile cerca simile”. Poi continua, sorridendo sornione: “D’altronde, qui a Neuilly viene a vivere tutta la gente per bene, prima o poi. Ci sarà un motivo, no?”.
Da Parigi
Stefano Fasano @stefasano
Veronica Di Benedetto Montaccini @Veronicadibm