La situazione in Francia sembra fuori controllo delle autorità. La capitale torna a confrontarsi con la vita quotidiana militarizzata e le banlieues che rimangono inaccessibili per la polizia. La lista degli islamisti schedati dai servizi segreti si allunga, ma diventa difficile fermarli. E’ questa l’atmosfera in cui la Francia si ritrova a votare.
I candidati alla presidenza della quinta Repubblica
I seggi saranno aperti dalle 8 alle 20 per il primo turno delle elezioni presidenziali. Sono undici i candidati in lizza per l’undicesima elezione del presidente nella storia della Quinta Repubblica.
I cinque favoriti per accedere al secondo turno in programma il 7 maggio – che si terrà qualora al primo turno nessuno dei concorrenti riuscisse a superare la soglia del 50% – sono nell’ordine: Emmanuel Macron (En Marche, 9 nella foto), Marine Le Pen (Front National, 8), Francois Fillon (Les Républicains, 5), Jean-Luc Mélenchon (France insoumise, 10), Benoît Hamon (Partie Socialiste, 6).
Gli altri candidati sono Nathalie Arthaud (Lutte ouvrière, 1), François Asselineau (Union populaire républicaine, 2), Jacques Cheminade (Solidarité et progrès, 3), Nicolas Dupont-Aignan (Debout la France, 4), Jean Lassalle (R!, 7), Philippe Poutou (Nouveau Parti anticapitaliste, 11). Per la prima volta nella storia della Quinta Repubblica il presidente uscente, il socialista Francois Hollande, non si candida per un secondo mandato.
Sono chiamati alle urne 47 milioni di aventi diritto e i sondaggi indicano una possibile astensione da record, al 30%. Andranno al secondo turno, il 7 maggio, solo due candidati e il il nuovo presidente che uscirà vincitore dal ballottaggio sarà a capo del governo che verrà eletto alle prossime elezioni politiche in programma per l’11 e il 18 giugno per il rinnovo dell’Assemblée Nationale e del Senato. Il nuovo leader dell’Eliseo dovrà governare per un mandato di cinque anni.
Elezioni sotto la minaccia terroristica
Le elezioni si tengono in un clima di alta tensione, in cui la sicurezza rimane un’incognita dopo l’attentato della sera del 20 aprile a Parigi. Alle 21, lungo gli Champs Elysées un uomo armato di kalashnikov ha aperto il fuoco uccidendo un poliziotto e ferendone altri due gravemente prima di essere a sua volta colpito a morte. Si è trattato di Karim Cheurfi, 39 anni, già conosciuto e schedato dai servizi di sicurezza per diversi precedenti. L’ennesimo fallimento di uno Stato che ha provato a mettere in campo numerosi programmi di de-radicalizzazione e di “rieducazione” dei jihadisti nelle carceri. Secondo la Costituzione francese le elezioni non possono essere rinviate in caso di attentato. Nell’articolo 7, quello che regola lo svolgimento delle presidenziali, si legge che il voto può essere rimandato solo se “uno dei candidati muore o si trova impedito tra il primo e il secondo turno”. Nel frattempo, la sicurezza è rinforzata ai massimi livelli. Mai un’elezione si è svolta sotto questo stato d’urgenza: 50mila poliziotti e gendarmi, 12mila solo nella regione di Parigi, 7mila militari dell’operazione Sentinelle che controlleranno i 66. 546 seggi elettorali.