L’abbandono progressivo e integrale del nucleare, come lo descrivono Mélenchon e Hamon, rispettivamente leader della sinistra radicale e dei socialisti in Francia, costerebbe 217 miliardi di euro da qui al 2035. A fare i calcoli è l’Istituto liberale Montaigne, che infiamma nuovamente l’argomento del nucleare proprio a poche settimane dell’ultimo incidente atomico a Flamanville.
I costi per uscire dal nucleare secondo il report
Il solo rimpiazzamento dell’atomo con le fonti di energia rinnovabile mobilizzerebbe 179 miliardi. Come stoccare tutte le scorie nucleari francesi? Il costo per l’indennizzo dell’Edf (Electricité de France) sarebbe più di 25 miliardi per pareggiare la bilancia commerciale francese. “Il costo di investimento in nuove fonti – precisa l’Isitituto Montaigne – ma anche di riutilizzo di fonti di produzione di base, come le centrali a gas per esempio, a livello economico è un problema per la Francia. Perché sugli altri tipi di energia non può competere”.
La Francia se ne frega dei rischi ambientali
Lo studio esprime anche i problemi della Francia nel ridurre le emissioni di CO2 e non rispettare gli accordi della Cop21 di Parigi del 2015. “Un’uscita progressiva e totale dal nucleare” promette Benoit Hamon nel suo programma elettorale “in una generazione, 25 anni”. E ribatte al report dell’Istituto Montaigne “Non viene messo in conto il fatto che il costo del nucleare andrà ad aumentare sia secondo la corte dei conti, sia secondo la CRE, la commissione che regolamenta l’energia. Viene considerato solo il vecchio nucleare, per esempio per mettere a norma i vecchi reattori servono 400 miliardi. Non si può calcolare l’uscita dal nucleare, senza una visione globale di una transizione energetica”.
Jean-Luc Mélenchon ha previsto invece un progetto di energia rinnovabile al 100% entro il 2050 e Martine Billard, la responsabile del settore ecologia dell’equipe del partito di Mélenchon “La France Insoumise“, commenta il report così a OFCS Report: “L’istituto è pro-nucleare. Portano avanti una tesi solo per andare contro un programma elettorale. I costi sono alti, ma anche i rischi ambientali che corriamo con il nucleare non sono sostenibili. L’istituto fa orecchie da mercante sui 100miliardi di euro che verrebbero risparmiati se finisse il grande accumulo, ovvero il programma per prolungare la vita delle vecchie centrali”.
Entrambi i candidati escludono di continuare il progetto Cigéo, il modello di stoccaggio profondo degli elementi radioattivi. Più sicuro per la salute rispetto a quello di superficie, ma molto più costoso.
Gli ultimi incidenti nucleari
Proprio a febbraio il timore di un disastro nucleare è tornato a scuotere la Francia. Il 9 febbraio nella centrale di Flamanville, tra Normandia e Bretagna, c’è stata una violenta esplosione che ha anche ferito gli operatori dell’impianto. Si è trattato di un incendio nella sala macchine dovuto al surriscaldamento delle guaine che rivestono le parti elettriche e che ha causato l’emissione di gas tossici, ma il problema è comunque legato all’insicurezza della centrale, che per il momento è stata chiusa.
“Ci sono stati altri eventi significativi – ha precisato Charlotte Mijeon dell’associazione francese “Sortir du nuclear” – in particolare tre anni fa alla centrale nucleare di Tricastin, dove 75 litri di acqua contaminata finirono in un fiume. Fu una grossa contaminazione. Gli episodi o gli incidenti alle centrali nucleari non sono molto ben conosciuti. Sono riportati a malapena e in siti difficili da leggere. Pochissime persone ne sono a conoscenza. Siamo stati vicini a qualche incidente molto pericoloso negli anni ’80. Per esempio, il cuore di un reattore nella Loire Valley, a Saint-Laurent, iniziò a sciogliersi. Ma fu considerato di quarto livello nella scala degli incidenti. Pochissime persone conoscono questo episodio. Abbiamo avuto un problema in La Hauge, un impianto di rielaborazione in Normandia: ci fu un incendio in una delle vasche. Io direi che non è molto una questione di incidenti, ma più di rischi. Con centrali datate, penso particolarmente a Fessnheim, che si trova in Alsazia, vicino ad una zona pubblica. Le centrali sono vecchie, e iniziano ad essere più vulnerabili”.
A novembre, Pierre-Franck Chevet, il presidente dell’authority francese di sicurezza nucleare (Asn), lanciò l’allarme sul parco atomico transalpino gestito dai due colossi Edf e Areva tra problemi tecnici e difficoltà finanziarie. Chevet mise in guardia sulla necessità di “ripensare l’intera catena di controllo” per rendere l’atomo più sicuro. “Bisogna immaginare che un incidente di tipo Fukushima in Europa è possibile”, parole dure rilasciate in un’intervista a Libération.
Le centrali nucleari che incombono sull’Italia
In Italia non c’è il nucleare per produrre energia, ma le centrali nucleari circondano la penisola. Sono 151 i reattori nucleari in Europa, attivi in 16 Paesi, mentre sono cinque quelli in costruzione. In termini di obsolescenza degli impianti, tutte le centrali attualmente attive nel mondo sono di seconda generazione (in Europa attive fino al 2065), tranne una centrale in Finlandia (Olkiuoto) e una in Francia (proprio quella di Flamanville). Per quanto riguarda la sicurezza, un passo in avanti verrà fatto con le centrali di terza generazione, le Epr (European pressurized water reactor). Appartengono alla classe dei reattori nucleari ad acqua pressurizzata Pwr (Pressurized Water Reactor) e con una vita media stimata intorno a 60 anni.
In Francia sono attivi 58 reattori per la produzione di energia elettrica, tutti di tipo PWR, che rispondono al 76,34% del fabbisogno. Sono stati dismessi 12 reattori nucleari e uno è in costruzione.
L’età di alcuni impianti francesi preoccupa anche i Paesi vicini, inclusi la Svizzera e la Germani. Ma anche l’eccesso di carbonio (0,4% anziché 0,2%) rinvenuto nell’acciaio dell’Epr, il reattore di ultima generazione in costruzione sempre a Flamanville. Una scoperta che fece scattare indagini a tappeto in tutte le centrali di Francia. Diciotto reattori in dodici siti, di cui 6 vicini all’Italia, a Tricastin, Cruas e Bugey, sono stati spenti nel quadro di un piano di sicurezza a tutela della cittadinanza. A inizio dicembre, l’Asn ha autorizzato la riaccensione di 8 di essi. Il rischio per i territori nei quai si trovano è altissimo.