a cura di Marco Rocco
Con estrema soddisfazione ho notato negli scorsi giorni una levata di scudi contro il (più che) probabile, prossimo tentativo di impossessarsi di Unicredit da parte francese, per il tramite di SocGen, Societè Generale per essere precisi, una delle banche storicamente più problematiche di Francia.
Certo, dovrei fare dei distinguo: coloro che hanno sollevato il problema dell’eventuale takeover francese sul gruppo di piazza Cordusio, ossia coloro che hanno palesato il rischio per quel che resta del sistema Paese, sono stati solo i media alternativi. Praticamente nessun giornalone italiano, nessun media sussidiato ha invece stigmatizzato in modo appropriato tale ennesima – eventuale – scorribanda francese in Italia, nemmeno la statalissima Rai, chiaramente perchè il caso è per ora solo una possibilità sebbene non remota – pur rappresentando parimenti un rischio enorme per gli interessi nazionali -.
Il motivo di tale accondiscendenza sembra semplice da capire: ormai i grandi media italiani sono detenuti da gruppi con alleanze multinazionali che hanno tutto sommato interesse a che l’Italia sia svenduta allo straniero. A ben guardare anche la stessa Fiat post Gianni Agnelli trasse gran parte del “supporto” poi utilizzato per risollevarsi una volta fatta pulizia dei fallimentari managers resisi celebri per aver sposato membri della “famiglia torinese” – poi con il manager “vero” della rinascita torinese, Sergio Marchionne – proprio agendo da “pontieri” nella svendita delle aziende sistemiche italiane. Non è infatti un segreto che l’AD imposto a Montedison durante l’attacco di EDF post Transalpina di Energia (EDF che, non dimentichiamolo, è un gruppo ancora detenuto per circa il 70% dallo Stato francese, in particolare dal ministero della difesa d’oltralpe) provenisse dalla galassia Fiat. Pensate che ancora oggi il direttore del personale di Edison, una volta dimissionato l’AD Quadrino – di provenienza Gruppo Fiat, con una buonuscita milionaria, durante la sua gestione furono alienati all’estero gran parte degli assets del fu primo gruppo privato italiano -, è ancora lo stesso di allora, ai tempi in arrivo dalla torinese Magneti Marelli. Nulla di illegale per carità, nulla di male, anzi. Per i francesi in particolare; per gli italiani, beh, ai posteri l’ardua sentenza, come diceva Alessandro Manzoni commentando in prosa la morte di Napoleone Buonaparte (che, faccio notare, era italiano, anzi genovese, visto che la data di nascita dell’Imperatore d’oltralpe fu cambiata ad arte da Chateaubriand per farlo apparire totalmente francese). Andando a ben vedere, con i dovuti distinguo, fu storia abbastanza simile anche per Telecom Italia (…).
Ora, perchè cedere Unicredit ai francesi può essere davvero l’inizio della fine per quel che resta dell’Italia? Semplice, oggi l’ex banca di piazza Cordusio fornisce fidi in abbondanza alla locomotiva d’Italia, la Lombardia, circa 18 miliardi di euro annuali allocati mi sembra di aver implicato dagli ultimi bilanci (“please check”; Unicredit è una banca federale, ossia di fatto stanzia fidi per area geografica). Facile prevedere che passando sotto SocGen – dimenticate la favola della fusione alla pari, se così fosse i francesi non ci starebbero, vedasi il caso Fincantieri-STX – i finanziamenti alla Lombardia non solo diventerebbero più cari ma anche la somma dei fidi “lombardi”, magari dal secondo-terzo anno giusto per non farsi notare, molto probabilmente si ridurrebbe in modo sostanziale. Parimenti i fidi forniti ad aziende a comando francese – e/o ad aziende francesi in Francia – probabilmente aumenterebbero corrispondentemente.
Mettiamola semplice: l’acquisto di Unicredit da parte di SocGen annichilirebbe le probabilità di risollevarsi a termine dell’Italia, magari nell’ambito di una, sebbene improbabile, credibile levata di scudi gialloverde contro il progetto EUropeo che ogni giorno di più sta prendendo le sembianze di un attacco neocoloniale all’Italia da parte dell’asse franco-tedesco. Ben inteso, come italiani dovremmo tutti tifare per gli interessi nazionali. Il problema – mi sembra di capire – è che ormai le leve di comando sono state compromesse da infiltrazioni esterne: è assurdo che debba essere il sottoscritto a sollevare un problema così lampante; infatti se le aziende italiane nel contesto della crisi attuale dovessero veder sparire anche solo parzialmente il sostegno di Unicredit in termini di fidi – allocati nella misura e nell’indirizzo da Parigi e non da Milano – significherebbe asfissiare l’imprenditoria soprattutto del nord Italia. Ossia indebolire le imprese italiane costringendole – nel medio termine – alla svendita allo straniero per ovviare ai problemi di finanziamento troppo caro e/o insufficiente. Un po’ quello che successe tra il 2011 ed il 2015, ed ancora sebbene in misura meno esasperata, da una quindicina d’anni a questa parte.
Un piano senza dubbio ben congegnato.
Sarà interessante vedere se il governo italiano attuale – certamente in buona fede ma assolutamente impreparato per la sfida – sarà in grado di dare le risposte giuste. Risposte che per assurdo dovrebbero seguire proprio la lezione “francese” del recente tentativo di acquisizione/semi-fusione (imposta) tra Fincantieri ed STX poi negata dal nuovo governo di Parigi. O anche, qualche anno prima, di Enel nell’acquisizione di Electrabel. Leggasi, il governo gialloverde potrebbe invocare qualcosa di simile alla sicurezza nazionale per bloccare l’operazione. Ben sapendo che l’attacco eventuale ad Unicredit è stata studiato nei dettagli e da tempo, con “tracce” che potrebbero portare all’approdo non casuale di managers francesi a Milano, con la successiva vendita di assets aziendali strategici (ad aziende francesi, Pioneer Funds verso Credit Agricole ad esempio): ossia è bene cominciare a pensare al da farsi in caso di tentativo di acquisizione lato transalpino, da attendersi secondo chi scrive in prossimità della prossima crisi dello spread, magari mettendo sul piatto – come “ipotetica” contropartita – l’offerta del governo francese di bloccare la speculazione EUropea contro l’Italia.
Se questo fosse il caso, non ritengo bisognerebbe comunque nè fidarsi nè accettare eventuali proposte di cessione, nemmeno parziali: sarebbe una sconfitta a termine in quanto – comunque – gli eventuali fidi tagliati di Unicredit all’Italia a breve giro annichilerebbero il polmone economico italiano tra Milano, il Triveneto e la pianura padana piemontese. Per chi conosce come funzionano “dal di dentro” le multinazionali ritengo il messaggio sia chiarissimo.
Staremo a vedere.