a cura di Marco Rocco
Forse non ce ne rendiamo conto, ma la Germania sta usando l’Euro e le sue crisi alla stessa maniera in cui l’Italia usava le proprie crisi di governo per svalutare la lira. Lo scopo, oggi come allora, è indebolire la propria valuta – oggi l’Euro – per rendere più competitivi i beni esportati. Si sa, la Germania è il primo esportatore mondiale pro capite, alla lunga.
Nasce quindi più di un dubbio – per chi scrive una certezza – che sia proprio Berlino a non volere risolvere le crisi in seno all’Ue, per rendere appunto l’Euro perennemente debole a vantaggio degli esportatori germanici.
Il problema è che gli Usa non si possono più permettere un dollaro forte: il cambio con l’Euro era oltre 1.50 nel 2008 e poi ancora nel 2011, poi appunto la crisi dell’euro, Grecia e Italia in testa, indebolirono la moneta unica fino ad arrivare in prossimità della parità, vedi per le crisi dello spread italiano e del golpe anti Berlusconi, vedi per la nefasta austerità che è seguita ecc. Da tal punto, più o meno nel 2011, la ricchezza accumulata oltre Gottardo è aumentata esponenzialmente a spese dei Paesi Euro periferici.
Il problema è che, chiaramente, un Euro debole va contro agli interessi di Washington, sempre più vicina ad una crisi sistemica da eccesso di debito (per altro, ironia della sorte, accumulato maggiormente da Obama che in 8 anni ha quasi raddoppiato il debito federale).
Certamente con Obama e Hillary Clinton al potere i rapporti tra Ue e Usa erano decisamente migliori, c’era unità di intenti sotto molti punti di vista. E non parlo dei libri di Chelsea Clinton e di Obama pubblicati per una montagna di dollari dallo stesso editore tedesco, parlo delle affinità socio-economiche ed elitarie che hanno addirittura portato l’ex presidente Usa a concedere il bastone del comando globalista mondiale a Berlino dopo la sconfitta della candidata Dem alle presidenziali Usa, ossia benedendo la lotta contro l’avversario repubblicano.
Interessantissimo che proprio Trump non abbia fatto mistero, nel vertice di Taormina della primavera scorsa, di non nutrire alcuna simpatia per i tedeschi, pur essendo lui di origine germanica (”…sono cattivi, cattivi…”, disse). Ormai i comportamenti dei due blocchi (Usa vs. franco-tedesco) sono improntati alla sfida più che alla collaborazione, dati alla mano, soprattutto lato tedesco: nel mezzo del tentativo della Grecia di tornare alla dracma nel 2012/13 venne firmato il contratto per il raddoppio del Nord Stream, il tubo che collega i giacimenti di gas russi alle industrie tedesche. Come contropartita, ad Atene non arrivarono più i fondi precedentemente promessi dai russi e necessari per tornare alla valuta nazionale. Poi ci fu l’accordo Obamiano tra Usa e Iran, accordo antistorico a vedere gli ultimi 35 anni di rapporti Iran-Usa. Non a caso tra gli sponsor di tale accordo c’erano Francia e soprattutto Germania, che così facendo ha rinsaldato un legame con un attore regionale importante molto vicino agli interessi tedeschi di 75 anni fa visto che l’Iran veniva considerato di stirpe ariana delle gerarchie naziste. A seguire ci fu la disfida, sobillata dagli Usa, tra il Qatar e l’Arabia Saudita, con il principe Salman in veste di attaccante. Anche in questo caso Berlino si schierò con Doha e non con Riad. Lasciò perdere il supporto incrociato che da anni si danno l’un l’altro nelle faccende importanti Berlino ed Ankara (dimenticate quanto appare sulla stampa pilotata). Insomma, la sfida Ue franco-tedesca è molteplice ed incarna ormai uno spirito tutt’altro che collaborativo.
In tale contesto vanno forse inquadrati gli spostamenti di armamenti Usa – in veste Nato – dentro le basi americane in Germania, suppostamente per difenderla da una improbabile invasione russa (…).
Resta il fatto che l’amministrazione Usa sembra decisamente più interessata ai successi economici piuttosto che a quelli militari, nella fattispecie un euro svalutato ad arte sta andando chiaramente contro gli interessi americani. Faccio notare che a fronte della discesa del dollaro nel III trimestre 2017 – mediamente di 6 o 7 figure – abbiamo avuto Daimler che ha annunciato una riduzione dei profitti pari a circa il 15%. Addirittura Volskwagen ha annunciato costi straordinari per 2.5 mld di Euro nello stesso periodo, poste stranamente accumulate come per Daimler per il dieselgate proprio nel periodo in cui il dollaro si è fortemente svalutato, un modo come un altro per nascondere la debolezza dell’export tedesco nei confronti di un euro che decolla. Appunto, Trump ha bisogno di un dollaro svalutato (fino ad 1.50 ed oltre vs. Euro, come nel 2008 e nel 2011) e farà di tutto per ottenerlo; mi viene da dire che quando avrà il suo uomo alla Fed – febbraio 2018 – anche tale obiettivo sarà raggiunto. O forse anche prima. Anche perchè, parallelamente a Daimler e VW che hanno visto una sensibile riduzione dei profitti certamente anche a causa del deprezzamento del dollaro, abbiamo visto lato americano il colosso iper-sistemico General Electric presentare profitti in crollo con conseguente tracollo in borsa: ormai l’utile di GE è circa il 60-70% di quello di Daimler, parlo sempre del III trimestre. Ossia, a maggior ragione, il dollaro va svalutato altrimenti colossi come GE saltano.
E quale è il metodo storico usato dagli Usa per svalutare il dollaro?
Fare debiti ossia fare guerre. Considerando che ormai per gli Usa iper indebitati indurre una svalutazione del proprio debito contratto in dollari è assolutamente vantaggioso, non mi stupirei di un conflitto militare molto prossimo.
In tale contesto si inquadra la recente scaramuccia di Trump con Germania e Francia relativamente all’intervento contro Teheran, dove – come riportato sulle pagine del The Express londinese – Trump ha affermato più o meno quanto segue: “… Che Francia e Germania continuino a pensare di fare soldi, all’Iran ci pensiamo noi…. Poi dopo vedremo…”. Per altro spiegando nei dettagli il fatto che è comunque molto difficile per Parigi e Berlino fare guerra agli acquirenti della loro tecnologia (ad es. l’Iran). Più chiaro di così…
In ultimo anche a livello interno sembra che le cose stiamo volgendo al bello per l’amministrazione Trump. E’ notizia di queste ore che Hillary Clinton ed il suo staff – fonte il filo Dem Washington Post – sembrano aver commissionato i dossier con le notizie false su Trump usati in campagna elettorale ed a seguire. Inoltre, la pubblicazione degli archivi secretati sulla morte di JFK sembrano aver convinto il deep state a soprassedere agli attacchi al Presidente, pena la gogna risultante da scandali indicibili che potrebbero emergere.
Ossia, se il deep state molla la presa la politica di Trump potrà estrinsecarsi come da desiderata della Casa Bianca. In tale contesto la sfida con l’Ue franco-tedesca diverrà al calor bianco. E fughe di notizie e scandali bloccati dalle precedenti amministrazioni Usa si troveranno (in edicola) ad essere – giornalmente – intimamente mescolati ad un dollaro in forte deprezzamento.