Il recente terremoto nel centro Italia ha riportato al centro dell’attenzione il problema delle assicurazioni obbligatorie sui danni da eventi naturali, soprattutto terremoti.
Il tema è in discussione da lungo tempo, con un primo progetto di legge sulla materia risalente a venti anni fa. Successivamente il governo Monti, nel 2012, togliendo oggettivamente la copertura dello Stato ai danni da catastrofe naturale, pensò di introdurre l’obbligo alla polizza assicurativa privata che però fu poi cassato nella legge definitiva. Perchè è così complessa la soluzione dell’assicurazione privata che invece sarebbe una soluzione opportuna?
Prima di tutto consideriamo che, secondo l’Ocse, il danno medio per catastrofe italiano è pari allo 0,2% del PIL (pari a poco più di tre miliardi) mentre il governo stanzia, per questa voce, meno di 50 milioni all’anno, eccezionalmente raddoppiati quest’anno per il terremoto. Comunque sempre troppo pochi per fronteggiare i danni effettivi.
Quali calcoli fanno le assicurazioni per fornire la copertura sui rischi relativi alle calamità naturali? Sicuramente dovranno considerare una serie di fattori, quali la tipologia, l’età e le caratteristiche strutturali degli immobili; la collocazione degli immobili, cioè la regione, il comune, l’area rurale o cittadina, anche per valutarne il valore; la rischiosità dell’area stessa.
Purtroppo tutti questi tre fattori generano dei problemi non indifferenti. Il primo richiede delle perizie onerose ed invasive che, se approfondite, possono costare anche migliaia di euro e, se superficiali, non danno un’indicazione precisa del rischio.
Per quanto riguarda la valutazione del valore dell’immobile, la sua corretta definizione, oltre a non essere semplice, può portare ad una insoddisfazione del cliente dell’assicurazione stesso: infatti la società assicurerà il valore dell’immobile, non il costo della sua ricostruzione. Se in alcune realtà urbane il valore immobiliare supera quello di ricostruzione, questo non può essere vero in molte altre realtà rurali. Infine, per quanto riguarda la valutazione della rischiosità sismica di un’area, le valutazioni del CNR, comunemente utilizzate, si sono rivelate poco precise nel caso del terremoto in Emilia e nell’alessandrino di diversi anni fa: infatti si trattava di aree con frequenza sismica estremamente bassa, di un terremoto ogni 500 anni circa ma, pur essendo la possibilità molto bassa, questo non significa che sia nulla.
Le assicurazione private poi cercano comunque di coprire la proprie redditività. Per raggiungere questo fine seguono normalmente tre diverse vie: escludono dalla copertura le aree più rischiose o gli immobili più esposti in queste aree; pongono franchigie, analogamente a quanto avviene nelle assicurazioni automobilistiche; pongono tetti massimi ai rimborsi. Chiaramente la prima e la terza soluzione appaiono non accettabili alla collettività generale, perchè da un lato significherebbe che una parte della popolazione rimarrebbe senza copertura, dall’altro che i rimborsi stessi potrebbero non essere sufficienti alla ricostruzione degli immobili distrutti.
L’imposizione di una assicurazione obbligatoria sui sismi sicuramente sarebbe una spinta ad un miglioramento nella qualità della sicurezza del patrimonio, in quanto il proprietario godrebbe di evidenti risparmi nella polizza stessa. Però chi dovrebbe pagare questi miglioramenti? Se fosse il proprietario avremmo una evidente riduzione nel valore degli immobili non ancora messi in sicurezza. Nello stesso tempo la stessa presenza di un costo aggiuntivo, per quanto assicurativo, porterebbe ad una riduzione della redditività degli immobili e quindi ad una riduzione nel valore degli stessi, proprio in un momento della storia del mercato immobiliare nazione molto critica, con una caduta dei valori che supera il 20%. Andremmo a punire un mercato già in crisi.
Infine, ma non da ultimo, sorge un problema morale: l’assicurazione sicuramente andrebbe a coprire i costi, almeno parziali, della ricostruzione, ma non salverebbe le vite umane. Un proprietario superficiale , o semplicemente senza le risorse finanziarie sufficienti, non porterebbe comunque a fine le opere per la messa in sicurezza, per cui ci troveremmo a piangere nuovamente morti al successivo sisma. Per questo motivo non essenziale l’assicurazione privata non può essere un sostitutivo dell’intervento diretto dello Stato nella messa in sicurezza del patrimonio immobiliare. L’intervento privato può essere complementare rispetto quello pubblico, coprire quelli eccessi di costo o di spesa che la mano pubblica non può coprire, ma sarebbe un grave errore pensare che il semplice rimborso parziale delle perdite pecuniarie possa risolvere il problema delle catastrofi naturali in Italia.