Condannati a rincorrere, con la consapevolezza che è impossibile arrivare al traguardo con un risultato dignitoso. Un giudizio in stile calcistico che tuttavia si applica drammaticamente bene al “Sistema Italia”. Dall’economia in perenne crisi al lavoro che ogni anno costringe a emigrare tanti giovani italiani, per fotografare la realtà del nostro Paese non servono certo strumenti sofisticati. Basta girare per le nostre città, entrare in contatto con la Sanità pubblica o semplicemente affidarsi ai cosiddetti servizi che uno Stato moderno, a fronte di salatissime tasse pagate dai cittadini, dovrebbe essere in grado di offrire. Eppure se 8 italiani su 10 danno pollice verso ai servizi pubblici un problema serio ci sarà pure, nonostante i governi che si susseguono non hanno ancora colto l’emergenza.
A stilare l’ennesima deprimente classifica per il nostro Paese questa volta è toccato al Doing Business 2017 della Banca Mondiale, uno strumento che analizza le regolamentazioni che influiscono sull’attività imprenditoriale.
L’Italia cresce meno delle altre economie avanzate: secondo le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale, nel 2017-18 l’economia italiana crescerà dello 0.7%, ritmo dimezzato rispetto a quello di Germania (1,5%) e Francia e Regno Unito (+1,4%) e meno di un terzo di quello previsto per gli Usa (2,4%) e Spagna (+2,2%). I processi di crescita vanno accompagnati da un contesto favorevole alle attività di impresa e da una elevata qualità dei servizi pubblici, su cui l’Italia mostra evidenti carenze.
Nell’aggiornamento Doing Business 2017 della Banca Mondiale, l’Italia si consolida al 50esimo posto nel mondo per condizioni favorevoli a ‘fare impresa’, 33 posizioni dietro alla Germania (17sima), 21 posizioni dietro alla Francia e 18 posti dietro alla Spagna. La distanza si amplia nei confronti del mondo anglosassone e il gap arriva a 42 posizioni per gli Stati Uniti e 43 per il Regno Unito.
“La posizione dell’Italia si associa a una evidente ritardo in ambiti relativi a importanti servizi pubblici”, spiega il dossier della Banca Mondiale. Solo per fare qualche esempio, per i permessi di costruzione siamo all’86esimo posto, per la risoluzione di dispute commerciali siamo al 108esimo posto, per procedure e tempi per pagare le tasse al 126esimo posto.
L’arretramento dell’Italia nella qualità dei servizi pubblici non è giustificato da una minore spesa pubblica: nel 2017 la spesa corrente primaria (al netto degli interessi) in Italia è pari a 714,1 miliardi di euro, pari al 42% del Pil, superiore di oltre un punto alla media UE (40,9%).
“Il ritardo dell’Italia evidenzia la necessità di proseguire sulla strada delle riforme volte a dare efficienza ed efficacia ai processi di produzione dei servizi pubblici”, osserva la relazione. A tal proposito, ricorda ancora il Doing Business 2017, “va osservato che secondo l’analisi dei dati dell’ultima rilevazione di Eurobarometro della Commissione europea sulla qualità percepita dei servizi pubblici l’Italia è agli ultimi posti nella classifica dell’Unione europea”. A fronte del 52% di cittadini dell’Unione europea che giudicano buona la fornitura di servizi pubblici nel proprio paese, la quota si dimezza al 23% per l’Italia collocandola al 27simo posto in UE; condizioni peggiori si riscontrano solo in Grecia.
È singolare, si sottolinea nello studio, che proprio i Paesi che hanno accumulato un alto debito pubblico, Italia e Grecia in testa, “non hanno finalizzato gli squilibri di bilancio per rafforzare qualità e quantità dell’offerta dei servizi pubblici, appesantendo invece le condizioni di contesto per la crescita con effetti sulla sostenibilità del debito stesso”.
@PiccininDaniele