L’Ue, ed in particolare la Germania, stanno richiedendo da anni una imposta patrimoniale per l’Italia con lo scopo di abbassare il debito pubblico. Nella recente attualità abbiamo notato l’Ue e l’OCSE cercare l’affondo finale, ossia fare pressioni su Gentiloni con lo scopo di imporre, se non la Troika, quanto meno detta imposta straordinaria in Italia.
Il motivo, quello ufficiale, è che il debito pubblico in Italia è troppo alto e va abbassato. Verissimo, indiscutibile. Andrebbe anche ricordato che gran parte di detto debito fu accumulato in lire. Il vero problema – sempre taciuto – è che da una parte l’incremento del debito italiano è stato causato dal 2011 in avanti dalle stesse politiche austere che hanno massacrato la Grecia, con un moltiplicatore fiscale per Atene ben superiore all’1, ossia per ogni euro di tasse si generava una decrescita di 1,8 euro (fonte: FMI) fino a far ammettere all’FMI stesso che era stato fatto un errore di valutazione con Atene, un errore tragico e disastroso per il paese ellenico.
Dall’altra, oggi questa imposta è assolutamente inutile in quanto verrebbe dopo il massacro di tasse inaugurato con Mario Monti, fardello che hanno indebolito il substrato socio-economico italiano rispetto a quello che era nel 2010 (l’Italia era il paese con il sistema bancario più sano del mondo occidentale a valle della crisi subprime).
Letta in altro modo, a parte le tensioni sociali che detta imposta provocherebbe, oggi imporre una patrimoniale significherebbe far scendere il debito solo per breve termine: la risposta dei risparmiatori italiani sarebbe senza ombra di dubbio consumare ancora meno e quindi il PIL scenderebbe obbligando ad un’altra imposta simile entro due o tre anni, con un crollo ulteriore della crescita ed il disastro del welfare a partire dal sistema pensionistico, già oggi in rosso, che deve attingere al capitale per pagare le prestazioni (uno schema Ponzi purtroppo).
Si, perchè il vero problema dell’Inps oggi è che il rosso non è tanto causato dalle pensioni pagate ma piuttosto dai minori contributi come conseguenza dalla crisi, dalla crescita bassa, dalle aziende che delocalizzano e da misure assurde e nefaste come quella dei dei voucher renziani che permette il pagamento di contributi previdenziali in forma molto ridotta, con il solo scopo di far ridurre statisticamente l’inflazione (basta un’ora di lavoro al mese per non essere compresi nel novero dei disoccupati, un trucco molto simile a quello applicato da Barack Obama in Usa per evitare di far esplodere la percentuale statistica dei senza lavoro).
Il problema non è tanto la patrimoniale in quanto tale, ma piuttosto come sia possibile che una misura per definizione sbagliata, inutile ed anzi nefasta come l’austerity – complementata oggi da detta imposta straordinaria richiesta da Berlino – continui ad essere in auge pur avendo davanti l’esempio greco tragico e le ammissioni dell’Fmi.
Oggi i numeri che circolano negli ambienti romani sono da far tremare i polsi: una cura da cavallo pari al 5-8% della ricchezza finanziaria privata italiana, ossia ad incidere sul patrimonio delle famiglie. Considerando che la ricchezza finanziaria privata ammonta a circa 4300-4500 miliardi di euro, significherebbe un’imposta straordinaria di circa 250-350 miliardi di euro. E questo a fronte di un parallelo aumento richiesto dalla stessa Ue dell’imposizione sulla prima casa, ossia a colpire le classi anche basse con una imposta su dove si vive pari, come per la seconda casa, a valori di circa l’1% del valore commerciale degli immobili ed anche oltre. Proporzione certamente veritiera per le case costruite dopo il 2008, ma che varrà per quasi tutti dopo il riordino del catasto del prossimo anno. Basti ricordare che la tassa straordinaria (patrimoniale) imposta da Mussolini per la guerra in Etiopia del 1937, Regio Decreto numero 1743, prevedeva una tassazione sugli immobili privati ed aziendali minore dello 0.5%: oggi con l’Imu per le seconde case siamo già prossimi all’1%.
Lo scopo sembra quello di dare una “botta” di 400 miliardi per abbassare il debito pubblico, guarda caso sempre lo stesso numero ai tempi ipotizzato da Giuliano Amato. Sarebbe un enorme autogol, servirebbe solo a spianare la strada per numerose imposte simili nei prossimi anni, oltre che a far saltare i conti dell’Inps e a creare un problema sociale anche maggiore nei prossimi anni.
Vedremo se il governo riuscirà a resistere o meglio se avrà il coraggio di imporre tale enorme imposta, che sarebbe un errore gravissimo per il Paese.
Quello su cui bisogna interrogarsi è piuttosto come mai la spinta all’austerity senza alternative, da applicare per impulso eurotedesco ai Paesi in crisi (che ha provocato enormi danni ai paesi che l’hanno applicata in passato) sia ancora presente ed anzi più viva che mai. E soprattutto la tempistica nel reiteratamente richiedere detta patrimoniale proprio ora all’Italia, quando l’euro sembra più morto che vivo e, soprattutto, prima delle elizioni olandesi e francesi che potrebbero segnare la fine formale della moneta unica, oltre che cercando di anticipare la nomina dell’ambasciatore Usa all’Ue, Ted Mallock. E’ possibile che la Germania continui a temere l’Italia anche e soprattutto fuori dall’Euro.
Lo scopo sembrerebbe essere la volontà di commissariare la Penisola, facendo calare la Troika per imporre non tanto maggiori tasse quanto privatizzazioni, un modo per mettere le mani all’apparato industriale ancora facente egregie funzioni e che tanti grattacapi potrebbe dare a Berlino in caso di ritorno alla lira. A maggior ragion dopo che lo stesso apparato statale francese (Ofce – Observatoire Français des Conjonctures Economiques – Science Po) ha confermato che, in uno studio recente, l’Italia non avrebbe problemi ed anzi crescerebbe ritornando alla propria valuta nazionale.