Via Barack Obama, il Qatar ha barattato coi Dem Usa ed il clan dei clintoniani lo spiazzamento del gas russo vendendo al suo posto il gas qatarino, un affare trillionario a cui tutti avrebbero dovuto attingere; ben inteso chi paga sono sempre i soliti, i consumatori europei abituati a pagare prezzi folli per il gas naturale.
Per fare questo il Qatar, che da sempre ha rapporti cordiali con l’Iran, ha barattato con Obama la pace e la fine di sanzioni con Teheran a fronte dell’esclusiva sul gasdotto Qatar-Europa prima in competizione con gli ayatollah. Chiaro, tutto ha un prezzo: da una parte Doha così facendo ha smesso con avallo iraniano di preoccuparsi – per 8 anni – dell’instabilità guerrafondaia al di là del Golfo Persico, mare che condivide con l’impero sciita assieme ai giacimenti gasieri. Dall’altra ha fatto intravedere profitti ciclopici sia per i qatarini che per tutti gli stakeholders coinvolti nel deal. Tale deal è uno di quelli “portanti” del progetto di nuovo ordine mondiale in costruzione fin dalla caduta del muro di Berlino.
Appunto, il Clan avrebbe dovuto ripartire il profitto: coi Dem Usa (profitti del deal gasiero tramite royalties e consulenze alla Fondazione Clinton e ai sodali dispersi nel globo), col Qatar (vendita del gas), con le elites globali (“riciclaggio” di detti enormi profitti comprando azioni in borsa delle aziende di proprietà delle stesse elites), con l’asse franco-tedesco (garantendo mano libera in Europa con la di fatto destabilizzazione dei paesi mediterranei semplicemente per conquistarli inizialmente a livello economico).
Vanno bene individuati i flussi. Follow the money diceva Giovanni Falcone. Oggi le borse sono alimentate da denaro che proviene, in termini non virtuali – ossia escludendo quello creato dalle banche centrali dal nulla per sostenere le borse mondiali in momenti di debolezza – da qualche forma di profitto o di patrimonio da investire. Il denaro “vero” che sostiene le borse oggi è quello dei fondi sovrani, in primis quello accumulato grazie al petrolio, ed in tale contesto i medio orientali fanno la parte del leone. Attenzione: la sola ipotesi che tale flusso si spenga o che i fondi sovrani debbano attingere ai propri patrimoni, magari per una guerra improvvisa, può essere motivo sufficiente per ingenerare un crollo borsistico globale dovuto ormai dal 2014, i livelli attuali sono perfettamente ingiustificati in termini storici e di fondamentali. Anche perchè una sottrazione di fondi per sopravvivere da parte di stati ricchi – per fare guerra e/o per difendersi – significherebbe inevitabilmente minore disponibilità di denaro, ossia tassi in salita, meno denaro virtuale dalle banche centrali, crolli di borsa. Tutto torna!
Purtroppo in tutto questo la Russia si è messa di traverso e quindi è stata obbligata ad entrare nel conflitto siriano in difesa non degli interessi di Assad ma dei propri. Ricordiamo sempre che la destabilizzazione dell’Ucraina è avvenuta dopo quella della Siria, anzi la primavera colorata di Kiev è stata la contropartita avvelenata per Mosca derivante dal fatto di non essersi arresa al progetto di gasdotto qatarino verso l’Europa.
Oggi Trump ha separato gli attori in Medio Oriente, richiamando l’Arabia alla fedeltà americana come Stato e non all’affiliazione a soggetti particolari (i Dem/Clintons). Chiaramente i Saud hanno fatto la stessa cose che fanno da 60 anni, allinearsi. Ed ecco separato l’addendo qatarino, non tanto per la geopolitica del petrolio, – ma anche si, una salita del greggio potrebbe avere ripercussioni ottime per selezionati soggetti ed anche per selezionate economie – quanto per rompere il Clan, vero obiettivo di Trump.
La cosa buffa è che il Presidente Usa, così facendo, sta anche difendendo gli interessi di mezzo mondo che paga la crisi e dunque dei suoi stessi elettori. La deflazione risultante dal piano attuale, la concentrazione di ricchezza in mano a pochissimi e la mancanza di vera crescita, se non quella “finanziaria”, sono la vera causa del malessere della stragrande maggioranza della popolazione globale nei paesi avanzati. Le iniziative trumpiane – se di successo – avranno un enorme ritorno elettorale, via maggiore benessere della popolazione Usa e dei suoi alleati (in contrapposizione coi nemici Usa). Si, perchè le commesse per le guerre in medio oriente ed il rimescolamento di carte che seguirebbe, avrebbero l’effetto di riattivare l’economia Usa; una guerra importante come sempre avrebbe l’effetto di indebolire il dollaro. Un dollaro debole avrebbe l’effetto di indebolire la Germania e se, con una spinta finale dettata dal malessere dei Piigs, si riuscisse anche a rompere l’euro i competitors manifatturieri d’oltreoceano, targati Berlino, finirebbero nottetempo fuori mercato. Questo basterebbe, magari assieme ad un uno sfruttamento congiunto di risorse primarie con la Russia diventata amica, a rintuzzare il potere globale americano in veste di commander in chief dell’occidente dove l’unico e vero avversario di lungo termine resterebbe la Cina.
Ecco perchè la mossa di dichiarare di fatto guerra a Doha incendierà il Medio Oriente, ma soprattutto romperà il Clan, con la benedizione di Israele. Ecco perché si attende un posizionamento strategico dell’asse franco-tedesco in veste anti trumpiana. Tutto cambia dunque e anche l’amata Europa franco-tedesca, con annessa moneta unica, potrebbe diventare un pallido ricordo tempo un paio di anni.
Trump ha fatto una mossa geniale in Arabia, anche perchè allo stesso tempo ha messo spalle al muro i propri avversari interni, questione di settimane prima che le inchieste del Ministero della Giustizia Usa espongano reati inconfessabili che rischiano di annichilire il deep state Usa (soprattutto Dem) per i prossimi 20 anni. Sempre che Trump abbia successo nelle sue iniziative, ovvero sopravviva, non solo politicamente.
Nel caso non dovesse riuscire l’alternativa sarebbe la guerra mondiale.